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La Costituzione non prevede freni alla candidatura di Donald Trump

Giulio Silvano

Per la legge, la zavorra giudiziaria dell'ex presidente americano non è un ostacolo alla sua partecipazione alle prossime elezioni. La questione che si pone è politica, e riguarda il partito repubblicano. Interviste

Le presidenziali del 2024 hanno un primato: il frontrunner del Partito repubblicano è incriminato in quattro tribunali per un totale di 91 capi d’accusa. Interferenza nelle elezioni in Georgia, tentata insurrezione il 6 gennaio 2021, documenti top secret nascosti a Mar-a-Lago, falsificazione di documenti aziendali per zittire una pornostar. Ma può Donald J Trump, che dovrà dividere il suo tempo tra visite in tribunale e comizi per le primarie, arrivare alla Casa Bianca nonostante questa zavorra giudiziaria? Il dipartimento di Giustizia può bloccare una sua candidatura? “I singoli stati nel corso del tempo hanno inserito delle regole che squalificano le persone con condanne per reati penali dal candidarsi per una carica pubblica”, dice al Foglio la professoressa Rebecca Green, direttrice dell’Election Law Program all’Università William & Mary, in Virginia.

“Ma i requisiti per la candidatura alla presidenza sono decise dalla Costituzione. E la Costituzione impone solamente che i candidati alla presidenza siano cittadini nati negli Stati Uniti, che abbiano almeno 35 anni e che siano residenti negli Stati Uniti da almeno 14 anni. I singoli stati non possono aggiungere altre qualifiche, come per esempio non avere una condanna per un reato penale”. Come ricorda al Foglio il professor Michael S. Kang, professore di Election Law alla Northwestern (ed ex allievo di Barack Obama a Chicago), “una condanna penale non squalifica un candidato: Eugene Debs una volta si candidò per la presidenza dalla prigione”. Kang fa riferimento al sindacalista che, dal carcere di Atlanta, si candidò nel 1920 alle presidenziali con il Partito socialista ottenendo quasi un milione di voti, il 3,4 per cento

L’unico elemento costituzionale che potrebbe bloccare una candidatura di Trump è la sezione 3 del 14esimo emendamento, che dice che nessuno può diventare senatore, deputato, presidente o vice presidente se, dopo aver giurato fedeltà alla Costituzione, se “è stato coinvolto in un atto di insurrezione o ribellione” contro la stessa Costituzione, o ha aiutato altri insurrezionalisti. “L’ipotesi della Sezione 3 è interessante”, dice Kang, “perché Will Baude e Michael Paulsen, due eminenti costituzionalisti conservatori, dicono che può essere applicata dagli stati senza passare per procedimenti giuridici, legislativi o congressuali. I due dicono che Trump è ineleggibile secondo la Sezione 3 e dovrebbe essere espulso dalle liste elettorali da parte degli stati. In pratica i funzionari elettorali statali sono, secondo loro, obbligati costituzionalmente a espellere Trump dalle liste elettorali statali e togliere il suo nome dalle schede senza alcuna autorizzazione aggiuntiva”. Quella del 14esimo emendamento, dice al Foglio il professor Barry Burden, professore di Electoral politics all’University of Wisconsin-Madison e direttore dell’Elections Research Center, “è una misura costituzionale usata raramente e le corti dovrebbero decidere in definitiva se si può applicare a Trump. Alcuni esperti credono che si possa applicare automaticamente, altri credono che prima il Congresso debba abilitarla, e altri ancora non sono convinti che le azioni di Trump dopo le elezioni del 2020 si possano considerare ‘insurrezione o ribellione’”. E, aggiunge la professoressa Green, “molti credono che questo sia politicamente insostenibile, anche se la Corte Suprema concordasse di squalificare Trump dalla corsa elettorale. Molti credono che la decisione debba esser lasciata al popolo”. 

Il popolo, quello del Maga trumpiano, non sembra per nulla avvilito dalle incriminazioni, anzi la cosiddetta persecuzione politica sembra avvantaggiare Trump nelle primarie di partito. Ma l’ex presidente potrebbe spostare lo studio ovale in un penitenziario? “Molti discutono su come Trump potrebbe esercitare la sua carica dal carcere, per esempio in occasione del discorso sullo Stato dell’Unione in remoto, sottolineando come niente nella Costituzione sembri glielo proibisca”, dice Green. Ma il presidente ha il potere di grazia, non potrebbe graziarsi da solo? “Sì, ma può graziarsi solamente per i crimini federali. Quindi se è condannato da un tribunale statale, come potrebbe essere il caso della Georgia, non avrebbe l’autorità, da presidente, di condonare questa pena”. Questo, dice Burden, “è uno dei motivi per cui alcuni degli imputati in Georgia stanno cercando di spostare il processo in una corte federale”. Kang ricorda che Trump potrebbe graziarsi per le condanne federali, se fosse condannato e poi eletto alla presidenza. “Non è mai stato fatto, per quanto ne sappia, e presenta nuove questioni costituzionali. Non può graziarsi per una condanna statale, anche se Trump probabilmente obietterebbe che qualsiasi pena detentiva statale dovrebbe essere posticipata in modo che possa adempiere ai suoi doveri presidenziali”. Ma come potrebbe avvenire un arresto, essendo Trump ancora protetto per prassi dalla scorta presidenziale? Anche questo, non essendo mai avvenuto prima, è difficile da anticipare. “Mai un presidente o un candidato di uno dei due principali partiti è stato incarcerato durante le elezioni, quindi non è chiaro come possa la scorta proteggere Trump se dosse condannato a una pena detentiva”, dice Burden.

Dove non c’è la Costituzione, non dovrebbe esserci il partito? “Sì – dice Green – il Gop è un partito politico privato. Potrebbe cambiare i suoi regolamenti interni per quanto riguarda le nomination e le assemblee. Ma è altamente improbabile che lo faccia, considerata la popolarità di Trump tra gli elettori repubblicani”. Una parte del partito sembra incapace di liberarsi di Trump perché crede che lui sia l’unico in grado di vincere. Ancora oggi un’importante percentuale di elettori crede che Joe Biden abbia rubato voti e che Trump sia il vero vincitore delle elezioni del 2020. Secondo Green, la Big Lie ha minacciato le elezioni in quanto istituzione democratica. “Il sistema elettorale americano è sotto una pressione tremenda da parte di chi crede che le elezioni siano gestite in modo fazioso, e oggi questi sono un numero considerevole di repubblicani. Gli uffici elettorali statali e le organizzazioni in difesa del buon governo in giro per il paese stanno lavorando per restaurare la fiducia pubblica nelle elezioni, ‘mostrando il loro lavoro’, operando in modo completamente trasparente ed educando attivamente gli elettori sulle varie tutele esistenti per assicurare che le elezioni americane siano libere e corrette”. Secondo Burden, “a Donald Trump non interessano le regole, le norme o l’astratta difesa della democrazia. Ha parlato di ‘terminare’ la Costituzione per via dei brogli che secondo lui ci sarebbero stati nelle elezioni del 2020. Se sarà nominato candidato, probabilmente userà qualsiasi strumento legale, retorico o organizzativo per assicurarsi la vittoria, a prescindere da quali saranno i risultati reali delle elezioni”. 

“Trump Won”, Trump ha vinto, è una delle magliette più vendute ai comizi dell’ex presidente e questo preoccupa non poco. Trump “ha mostrato poco interesse ad accettare i risultati e a rafforzare la fiducia pubblica negli esiti elettorali”, dice Green: “Se Trump sarà il candidato repubblicano non c’è motivo di credere che accetti una sconfitta”.