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Editoriali

Gli estremisti del 6 gennaio in prigione, 17 anni all'ex leader dei Proud Boys per sedizione. Il tassello che manca

Redazione

Attesa per martedì invece la sentenza per l'attuale leader del gruppo, Enrique Tarrio. In attesa di chiarere le responsabilità di Donald Trump

L’ex leader del gruppo estremista Proud Boys, Joseph Biggs, è stato condannato ieri a 17 anni di carcere per l’assalto al Congresso americano del 6 gennaio 2021. “La nostra Costituzione e le nostre leggi garantiscono così tanti diritti rilevanti per cui gli americani hanno sacrificato la loro vita e per difenderli anche tu hai indossato un’uniforme”, ha detto il giudice Timothy Kelly leggendo la sentenza di condanna per sedizione: “Le persone di tutto il mondo darebbero qualsiasi cosa per questi diritti”, ma il 6 gennaio “ha spezzato la nostra tradizione di un trasferimento pacifico del potere” negli Stati Uniti. L’accusa aveva chiesto 33 anni di carcere, quasi il doppio della condanna più severa data finora agli organizzatori dell’assalto (Stewart Rhodes, il leader e fondatore degli Oath Keepers, un altro gruppo estremista arrivato a Washington per ribaltare l’esito elettorale del 2020 e mantenere Donald Trump alla Casa Bianca, ha preso 18 anni di carcere), sostenendo che Biggs e gli altri imputati  “si erano intenzionalmente posizionati nella prima linea della violenza politica” per anni e che il 6 gennaio avevano tentato “di cambiare il corso della storia americana”. Il giudice ha deciso di rimanere molto al di sotto di quella soglia, non per “minimizzare la violenza” di quel giorno ma per non creare disparità eccessive nelle condanne. Gli altri quattro imputati dei Proud Boys sono stati condannati a pene inferiori, martedì ci sarà la sentenza per l’attuale leader del gruppo, Enrique Tarrio. Gli esecutori materiali dell’assalto del 6 gennaio sono a processo, manca ancora da stabilire la responsabilità di Donald Trump nel boicottare il passaggio pacifico dei poteri e nell’aizzare la folla al Campidoglio. Il suo processo inizia il 4 marzo 2024, durante le primarie in cui l’ex presidente è candidato e nessuno riesce a convincerlo a ritirarsi.

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