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la scheda è vuota 

In Russia ci sono le amministrative e il partito Yabloko ci racconta cosa rimane dell'opposizione

Giovanni Boggero

Il risultato del voto non riserva molte sorprese, ma il partito guidato da Grigory Yavlinsky si è candidato lo stesso. Non ha presentato liste nei territori ucraini che Mosca ha occupato e cerca la strada dell’opposizione, tra dubbi morali, paure e rimproveri

“Partecipiamo alle elezioni perché è uno dei pochi modi che ancora abbiamo per trasmettere il nostro messaggio contro la guerra e per la libertà”, ha detto al Foglio Grigory Yavlinsky, 71 anni, tre volte candidato alla presidenza della Federazione russa e ancora oggi leader informale di Yabloko, l’ultimo partito di opposizione democratica rimasto nel paese dopo l’invasione dell’Ucraina. Il round elettorale prima delle presidenziali di marzo, in cui Vladimir Putin otterrà un quinto mandato fino al 2030, è in programma tra oggi e il 10 settembre.

Complici l’“operazione militare speciale” e l’applicazione della legge marziale in molte aree della Federazione, per mesi si è rincorsa la voce di un annullamento del voto. Da oggi, al contrario, 65 milioni di cittadini russi in 85 soggetti federali su 89 sono chiamati alle urne per rinnovare gli organi di alcune istituzioni regionali e locali e per rieleggere quattro deputati del Parlamento, la Duma di stato, nell’ambito di elezioni suppletive a Lipetsk, Divnogorsk, Karachay-Circassia e Sinferopoli, nella Crimea occupata. L’affluenza per questo tipo di consultazioni è da sempre piuttosto bassa e supera difficilmente il 30 per cento, un dato che da qualche anno può essere facilmente manipolato grazie al suffragio elettronico. In questa tornata, tuttavia, tale modalità non sarà garantita ai residenti all’estero. L’obiettivo è evitare possibili “interferenze” di stati esteri, ha spiegato Ella Pamfilova, la potente direttrice della commissione elettorale centrale. Il contesto politico è ormai tale per cui il controllo delle autorità è capillare e un numero sempre maggiore di russi percepisce il voto come un esercizio civico superfluo. Si tratta di un quadro desolante che emerge anche da un rapporto del 31 luglio scorso di Golos, una nota associazione per la difesa dei diritti politici – il cui direttore, Grigory Melkonyants è stato arrestato a metà agosto nell’ambito di un’inchiesta che coinvolge i vertici dell’organizzazione in tutto il paese. Il dossier ha messo in luce il radicale peggioramento delle condizioni per il monitoraggio elettorale, oltreché una sistematica modifica delle circoscrizioni e dei sistemi elettorali regionali e locali, avvenuta ben nove volte in meno di due anni e idonea a favorire i partiti al governo.

A presentarsi ovunque sono, infatti, i candidati di Russia unita e, in misura minore, quelli dei partiti della cosiddetta opposizione sistemica (comunisti, nazional-liberali di Ldpr, social-populisti di Russia giusta e centristi di Novyye lyudi), rispetto alla concorrenza dei quali il regime comincia a manifestare una certa insofferenza, stante la necessità istituzionale che il partito del presidente ottenga la maggioranza nelle regioni più significative. Al contrario, Yabloko, con la sua mela rossa su sfondo verde, potrà garantire una presenza davvero minima: appena 164 candidati in 13 regioni. Decine di dirigenti, tra quelli che ancora non sono fuggiti, sono in carcere, attendono un processo o sono stati etichettati come “agenti stranieri”. Tra essi, Yavlinsky ricorda con commozione particolare Vladimir Kara-Murza: “Stava seduto lì, dove è lei adesso”, osserva sconsolato. L’attivista, un tempo braccio destro dell’ex premier Boris Nemtsov, assassinato nel 2015 davanti al Cremlino, è stato condannato a 25 anni di carcere per alto tradimento. Pene detentive severe e conformismo della società russa stanno progressivamente privando l’opposizione di figure idonee a ristabilirsi e attrarre consenso. Yavlinsky, insieme con l’attuale segretario del partito, Nikolay Rybakov, non fa mancare ai prigionieri politici il proprio sostegno personale, recandosi alle udienze in tribunale e organizzando con i militanti giornate dedicate alla scrittura di lettere per i carcerati. 

La presenza alle amministrative di questa piccola formazione di orientamento liberal-democratico è quasi del tutto circoscritta a zone decentrate della Federazione, se si eccettuano il distretto di Scherbinka alla periferia di Mosca e le suppletive in un collegio nordorientale dell’oblast della capitale. Nella città-stato di Mosca, invece, dove Sergey Sobyanin sarà riconfermato sindaco senza alcuna parvenza di campagna elettorale, Yabloko non è riuscita a presentare un proprio candidato. “Per questa ragione invitiamo i moscoviti a disertare i seggi. Votare per qualsiasi partito che non sia quello del presidente, come propone Navalny, non ha mai avuto senso e ne ha ancora meno oggi in cui tutti sono a favore della guerra”, scandisce Yavlinsky.

Fatto sta che il partito non ha nemmeno tentato di raccogliere le sottoscrizioni del 10 per cento dei deputati municipali nel 75 per cento dei distretti in cui si articola la capitale. “Un deputato municipale ha persino lasciato Yabloko per paura di dover firmare”, spiega rammaricato il politico russo. Tale meccanismo, chiamato “filtro municipale”, è uno dei tanti strumenti con cui le autorità eliminano alla radice qualsiasi competizione, senza doversi sporcare le mani soltanto con i brogli. “Andrebbe cancellato – dice al Foglio Maxim Kruglov, 36 anni, capogruppo del partito alla Duma cittadina – è utile soltanto a ostacolare la partecipazione di formazioni antisistema e candidati indipendenti da parte dei partiti già rappresentati”. Ancora di recente, nella regione di Vladivostok, i militanti di Yabloko hanno rivolto una petizione all’assemblea regionale affinché depositasse al Parlamento una proposta di legge per eliminare il “filtro”, ma l’istanza è stata ritenuta irragionevole. Il meccanismo assicura, infatti, il consolidamento dello status quo, ossia l’espulsione dal sistema politico delle ultime tracce di opposizione. 

La campagna elettorale di Yabloko, che da sempre raccoglie i suoi consensi prevalentemente nei centri urbani e presso la classe media orientata a mantenere rapporti con l’occidente, resta quindi focalizzata sui consigli comunali di capoluoghi come Velikij Novgorod, Ekaterinburg (la quarta città del paese) e Krasnoyarsk, nonché sulle elezioni provinciali nell’oblast di Pskov, dove il partito sperava di poter confermare la propria rappresentanza, prima che in sette distretti su nove l’iscrizione delle liste fosse inopinatamente cancellata. Nell’assemblea di questa regione al confine con la Lettonia, di recente interessata da attacchi di droni, il capo del partito locale, lo storico Lev Shlosberg è stato inserito nel registro degli “agenti stranieri” dal ministero della Giustizia, un’etichetta che non è fonte soltanto di stigma sociale, ma priva anche un soggetto politico di numerosi diritti di partecipazione, tra cui quello di far parte delle commissioni elettorali.

A Novgorod, invece, una tipografia si è rifiutata di stampare il giornale del partito poiché conteneva espliciti riferimenti alla pace, mentre la polizia ha sequestrato il materiale elettorale e avviato un’indagine nei confronti di due candidati per esibizione di simboli estremisti; con ordinanza del sindaco di Russia unita, è stato, inoltre, vietato al partito di organizzare attività di propaganda per le strade centrali della città, decisione che il tribunale del distretto ha clamorosamente annullato, salvo essere riconfermata in appello appena due giorni dopo. A Ekaterinburg, infine, una candidata di Yabloko di appena ventuno anni è stata minacciata, mentre un’altra è stata aggredita: “Osservo un fatto inedito, ossia che è la prima volta da trent’anni che le intimidazioni arrivano non più soltanto dalle autorità”, puntualizza Yavlinsky mentre l’amministrazione del capoluogo ha disposto la rimozione di alcuni manifesti elettorali da una stazione della metropolitana, manifesti che, per ironia della sorte, sono poi ricomparsi lungo un’arteria della città negli spazi che in precedenza ospitavano la pubblicità della compagnia di mercenari Wagner.

Le liste non saranno, invece, proprio presentate, e del tutto di proposito, in Crimea e in quelle che vengono chiamate “nuove regioni”, ossia i territori occupati dell’Ucraina (Luhansk, Donetsk, Zaporizhzhia e Kherson) annessi alla fine di settembre 2022 e nei quali si è iniziato a votare già da una settimana. Yabloko non li riconosce, infatti, come parte integrante della Federazione. In quelle regioni, ha avvertito il quotidiano Vedomosti, i nomi dei candidati saranno noti all’elettore soltanto a urne aperte, per paura di attentati da parte ucraina. Il sito indipendente Vërstka ne ha però fatto l’identikit in anticipo, svelandone l’identità. “Noi non presenteremo mai e poi mai liste in quelle regioni. C’è un limite oltre il quale la partecipazione alle elezioni diventa legittimazione del regime”, chiarisce Yavlinsky. Tutti i candidati di Yabloko, infatti, hanno sottoscritto un memorandum che li obbliga a esprimersi in favore della pace e per un’immediata cessazione delle ostilità. La posizione del partito non è necessariamente filoucraina – il che sarebbe percepito come intollerabile dalle autorità e ne provocherebbe lo scioglimento – ma per un cessate il fuoco che apra la strada a un negoziato. “Più in generale, il nostro partito non esorta le persone a scendere per strada a protestare – spiega Yavlinsky – né a imbracciare le armi contro il governo e questo perché non siamo in grado di proteggerle dalle conseguenze dolorose che ciò comporterebbe”.

A Mosca continuano ad applicarsi i protocolli antipandemici che vietano l’organizzazione di manifestazioni in luogo pubblico. Yabloko si muove, insomma, su un crinale molto pericoloso: svolge attività politica di opposizione e rifiuta alleanze con altri partiti sistemici a Putin: “Non capisco l’espressione opposizione sistemica. Se sono sistemici al regime, non sono opposizione!”, sbotta Yavlinsky che però non promuove nemmeno la disobbedienza civile, cercando semmai di operare entro i margini sempre più stretti che l’ordinamento prevede. Di qui la progressiva marginalità di questo piccolo partito anche presso l’elettorato di riferimento: “L’ho votato diverse volte – dice perplesso Georgy, docente universitario ormai all’estero – ma il problema è che in questi anni ha fatto davvero poco di concreto”. Non molto diverso il giudizio di Alëna, ricercatrice: “Non posso dirne nulla di male, ma non posso nemmeno affermare che facciano qualcosa di utile. Forse in un altro contesto sarebbe un piacevole partito moderato”. L’accusa appare ingenerosa: vero è che i messaggi di Yabloko intercettano una nicchia e che il partito lavora perlopiù nell’ombra, senza azioni dimostrative eclatanti, ma, in un contesto di crescente repressione da parte dello stato, schierarsi ufficialmente contro l’invasione è già un grande merito politico.