(foto Ansa)

nuovi equilibri

Viva la "maggioranza Urca". La grande idea di un nuovo governo europeo no-sovranista

Claudio Cerasa

Tra un anno, in Europa, potremmo avere una bella maggioranza di Ulivisti, Repubblicani, Conservatori e Atlantisti. Meloni punta a fare la scelta giusta. Salvini, come ai tempi di Ursula, quella sbagliata

È il romanzo politico dell’anno. Il più appassionante. Il più importante. E potremmo sintetizzare il tutto così, senza troppi giri di parole, preparandoci a vedere l’effetto che farà. Siete pronti alla maggioranza “Urca”? Oggi, lo sapete, in Europa abbiamo una maggioranza pazza, chiamata maggioranza Ursula. Una maggioranza per così dire creativa che nacque nel 2019, mettendo insieme in un’unica coalizione, popolari, socialisti e liberali, con una decisiva spruzzata di grillismo. Quella coalizione, lo ricorderete, guidata dall’attuale presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ebbe sull’Italia un effetto valanga: il partito allora guidato da Matteo Salvini e quello allora guidato da Luigi Di Maio governavano insieme, con serenità altalenante, e fu in quell’occasione, durante il voto per la presidenza della Commissione, che si trovarono per la prima volta a scazzottare in pubblico. Il M5s, a sorpresa, capì che stare al governo in Italia ed essere fuori dal governo in Europa sarebbe stato un errore e, grazie a una buona intuizione di Giuseppe Conte, decise di sostenere von der Leyen. La Lega, invece, pur avendo ottenuto un bottino importante alle europee del 2019, con il suo 34 per cento di consensi, scelse di restare fuori dai giochi e preferì amoreggiare con gli estremisti dell’AfD piuttosto che avvicinarsi ai moderati del Ppe. Cinque anni dopo, lo stesso equilibrio è destinato a riproporsi in un’altra maggioranza al governo dell’Italia. Il primo protagonista è sempre lo stesso ed è ovviamente il generale (ops) Matteo Salvini. Il secondo protagonista si chiama invece Giorgia Meloni. E la scelta che dovrà con ogni probabilità fare tra qualche mese la premier – scelta di cui Salvini è consapevole e scelta che si trova alla base anche delle frizioni di queste ore tra Salvini e Meloni sul caso Vannacci: è la campagna elettorale, bellezza – sarà simile a quella fatta quattro anni e mezzo fa da Giuseppe Conte: scegliere se a fronte di una maggioranza europea non particolarmente gradita sia preferibile restare ai margini del potere europeo, come scelse di fare Salvini nel 2019, o sia preferibile ingoiare qualche bocconcino amaro per poter contare qualcosa in Europa. La presidente del Consiglio non lo potrà dire ufficialmente ma a qualcuno ha già confidato la sua scelta. Inconfessabile, ragionando sull’oggi. Inevitabile pensando al domani. E’ il grande romanzo dell’estate, del prossimo autunno, del prossimo inverno, della prossima primavera. E’ la maggioranza Urca. Un’incredibile e pazza coalizione che verosimilmente può mettere insieme tutto: ulivisti, repubblicani, conservatori, atlantisti. La prospettiva di un ribaltone europeo, evocata a lungo dal centrodestra italiano, è oggi uno scenario semplicemente impossibile. La sconfitta di Vox in Spagna ha messo di fronte agli occhi di Meloni lo scarso appeal della proposta sovranista in giro per l’Europa. Le frecciate velenose inviate dal Ppe al gruppo parlamentare di cui fa parte la Lega con l’AfD e Le Pen hanno mostrato con chiarezza l’incompatibilità tra l’agenda popolare e quella tardo nazionalista. E i nuovi confini della politica europea tracciati dal sostegno alla difesa dell’Ucraina hanno fatto il resto e hanno creato nei fatti uno spazio che verrà inevitabilmente riempito alle prossime elezioni: il fronte unico dell’atlantismo europeo. I numeri li conoscete. La maggioranza, al Parlamento europeo, scatta al raggiungimento dei 353 seggi. I sondaggi del 31 luglio, riportati dal sito europeelects.eu, dicono quanto segue. Seggi stimati per Ecr (il gruppo guidato da Meloni): 82. Seggi stimati per il Ppe (il gruppo guidato da Manfred Weber): 157. Seggi stimati per Id (il gruppo di cui fanno parte Lega, AfD e Le Pen): 72. Totale voti disponibili e comunque non cumulabili per il centrodestra europeo: 311. (segue a pagina quattro)

 Dall’altra parte. Voti stimati per il Pse: 143. Voti stimati per Renew: 90. Voti stimati per i Verdi: 49. Una maggioranza di centrosinistra non c’è: siamo a 282. E non sarebbe possibile neppure aggiungendo gli eventuali voti della sinistra (282 più 45). Una maggioranza Ursula, però, sarebbe più che possibile. I calcoli sono facili. Ci sono 143 del Pse. Ci sono i 157 del Ppe (e siamo già a 300). Ci sono i 90 di Renew (e siamo a 390). Basterebbero questi numeri per avere una maggioranza. E a questi numeri potrebbero essere aggiunti anche i numeri dei Verdi (che governano con l’Spd in Germania). E di fronte a questi numeri è evidente che la scelta per Meloni sia semplice: restare ai margini, e mettersi all’opposizione in Europa, o fare un investimento ed entrare nella stanza dei bottoni europei, utilizzando il sostegno alla stessa presidente della Commissione di oggi (Ursula) per avere un commissario di peso (Agricoltura?). Anche a costo di doversi alleare con gli odiati liberali (Macron) e con i poco amati socialisti (a partire dal Pd). Ursula, da parte sua, in questi mesi ha seminato e ha fatto il resto. E negli ultimi tre mesi si è data da fare per avvicinarsi a Meloni. Si è precipitata in Emilia-Romagna, a maggio, subito dopo l’alluvione, raggiungendo la premier Meloni e il governatore Stefano Bonaccini e promettendo flessibilità sui fondi di coesione per intervenire nei luoghi maggiormente colpiti dal disastro. E’ andata tre volte a Tunisi con la premier italiana, arrivando a promettere 800 milioni di euro per la stabilizzazione della Tunisia. E infine, triangolando con il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, ha dato un contributo sostanziale per sbloccare le rate del Pnrr, spingendo i funzionari della Commissione timorosi a validare i target raggiunti dall’Italia senza curarsi troppo degli occhi vigili e severi della Corte dei conti europea. La possibilità che Meloni governi con il Pd in Europa oggi è infinitamente superiore alla possibilità che Meloni, con o senza i suoi attuali alleati europei, governi con la Lega. Difficile, o meglio impossibile, che una scelta del genere possa portare a una deflagrazione del governo tra un anno. Ma difficile non convincersi che sia questo il grande romanzo politico dell’anno. Difficile non pensare che Matteo Salvini faccia campagna elettorale su questo (anche scaraventando i Vannacci contro il partito di Meloni: cara Giorgia, con chi stai? Con noi o con il Pd?). E difficile non pensare che la maggioranza Urca più che uno scenario da incubo sia uno scenario da sogno. Atlantisti di tutta Europa unitevi!

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.