L'India raggiunge la Luna e si prende lo spazio tra America e Cina

Giulia Pompili

Con Chandrayaan Modi trasforma il paese nella quarta potenza spaziale. Il successo politico ai Brics 

La festa di una nazione, anzi della nazione più popolosa del mondo. Perfino la nazionale di cricket indiana si è fermata ieri per guardare in diretta le ultime fasi della missione Chandrayaan-3, quella che ha portato l’India a essere il quarto paese al mondo sulla Luna e il primo nella storia a compiere un allunaggio di successo al polo sud del nostro satellite, una delle zone più ambite ma anche più rischiose per le missioni spaziali. Dopo i quindici minuti più critici, quelli che servono a eseguire la discesa controllata sulla superficie lunare, l’India intera è esplosa in un festeggiamento da coppa del mondo di cricket: in molti sono scesi in strada, dal Gujarat al Madhya Pradesh fino a Delhi, in un tripudio di bandiere indiane ovunque, anche sui social. A quattro anni di distanza dal precedente fallimento, questa missione rappresenta, forse più del cricket, la riscoperta dell’orgoglio nazionale indiano. E cambia radicalmente gli equilibri delle potenze spaziali. Delhi adesso ha un biglietto per rapportarsi alla pari con le tre grandi potenze spaziali, l’America, la Russia e la Cina. 

 


L’immagine del primo ministro Narendra Modi che si collega in videoconferenza con la sala di controllo della missione dell’Isro, l’Indian space research organization, l’agenzia spaziale indiana, resterà nella storia. Soprattutto perché Modi ieri era a Johannesburg al summit dei paesi Brics, il gruppo composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, uno dei forum più importanti degli ultimi anni, quello che ha ufficializzato il tentativo di creare un nuovo ordine mondiale multipolare. Una posizione sostenuta soprattutto dal leader cinese Xi Jinping, attorno al quale, però, si sono susseguiti nella giornata di ieri diversi pettegolezzi, causati dalla sua misteriosa assenza al discorso d’apertura del vertice. 

 


E invece ieri Modi ha potuto mostrare al mondo che la potenza indiana c’è, è influente tanto e forse più della Repubblica popolare cinese, in piena crisi economica e  alla quale, qualche mese fa, ha sottratto lo scettro di nazione più popolosa del mondo. Con Chandrayaan-3, l’India  ha inoltre vinto la competizione per il polo sud lunare con il paese partner per eccellenza della Cina, cioè la Russia di Putin. La missione russa Luna-25, che avrebbe dovuto riportare Mosca ai fasti della Corsa allo spazio della Guerra fredda, è fallita domenica. E invece adesso anche l’India è sulla Luna, dopo anni di ricerche e missioni e, come la Cina, senza aver mai partecipato a gigantesche missioni congiunte a guida occidentale. Per di più, con un investimento di soli 70 milioni di dollari, cioè poco più dell’attesissimo colossal di Bollywood “Kalki 2898 AD” e – per fare un paragone più vicino a noi – praticamente con la metà dei soldi serviti per girare  “Armageddon” nel 1998 o  “Interstellar” nel 2013, come ha fatto notare qualche giorno fa sull’ex Twitter, X, anche il fondatore di SpaceX, Elon Musk. 

 


Il successo politico è tutto di Narendra Modi, che vedrà il suo indice di gradimento rafforzarsi dopo questa iniezione di orgoglio nazionale, in vista del G20 di Delhi del 9 settembre e delle elezioni generali previste il prossimo anno. Parlando alla nazione subito dopo l’allunaggio, Modi ha ringraziato gli scienziati e ha detto in hindi: “L’India è atterrata sul polo sud della Luna, dove nessun altro paese è arrivato”. Poi ha detto di voler proseguire in inglese – una lingua che non parla benissimo – per rivolgersi al mondo intero: “Il successo della missione lunare indiana non è solo dell’India. Questo è l’anno in cui il mondo sta assistendo alla presidenza indiana del G20. Il nostro approccio a ‘una terra, una famiglia, un futuro’ risuona in tutto il mondo”. Il rapporto del primo ministro indiano con l’occidente è complicato: Modi ha sostenuto una specie di neutralità interessata nel conflitto in Ucraina, vuole intestarsi la leadership di un mondo equamente distante dai due poli a Washington e Pechino, con una preferenza per Washington. E all’improvviso, sulla Luna, tutto questo rincorrere alleanze ed equilibri sembra rappresentato alla perfezione. 

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.