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Perché è il sistema cinese ad aver causato la crisi immobiliare

Giorgio Arfaras

L’urbanizzazione e i giganteschi debiti delle società immobiliari cinesi. Il caso Evergrande non è isolato. Guai per Xi

L’impresa di costruzioni cinese Country Garden, che non è grandissima ma che è importante perché opera nelle città di secondo e terzo livello, è sull’orlo del fallimento. Due anni fa si trovava in una situazione simile l’impresa cinese maggiore, Evergrande. Un’idea della dimensione del problema immobiliare la si ha osservando la quantità di appartamenti non venduti un paio di anni fa. Circa novanta milioni. Se i tedeschi fossero tutti single, troverebbero, andando in Cina, ciascuno un appartamento.

 

Il settore immobiliare cinese è molto importante come peso sul complesso dell’economia, perché ha avuto ed ha a fare con l’urbanizzazione di centinaia di milioni di contadini, un numero equivalente all’intera popolazione dell’Europa. Non solo è importante per la sua dimensione, ma anche perché è in mani private, a differenza dell’industria che resta per una parte pubblica, e del sistema finanziario che è in mano pubblica.

 

Come può non sorgere una crisi immobiliare. Siete un costruttore. Vi fate prestare i denari dalle banche anche per costruire, come accade in Cina, un’intera città. Man mano che gli appartamenti sono pronti, li vendete. Le famiglie li comprano, grazie a un mutuo acceso con le banche. La banca vede ridursi il credito che aveva con voi (state rendendo il denaro proveniente dalla vendita degli appartamenti) e aumentare quello che ha con le famiglie (che hanno acceso il mutuo). Man mano che le famiglie pagano il mutuo, la banca riduce i propri crediti anche con loro. 

Alla fine del ciclo, voi avete costruito, le famiglie hanno un’abitazione pagata e la banca non ha più questi crediti.

 

Come può sorgere una crisi immobiliare. Basta mettere della sabbia negli ingranaggi. Il costruttore non riesce a vendere gli appartamenti. Oppure, li vende, ma solo negli anni. In questi casi, a fronte degli esborsi per la costruzione non ha dei ricavi, oppure ha dei ricavi a singhiozzo. Non paga o paga solo una parte degli interessi che deve alle banche. Dopo qualche tempo le banche giudicano i crediti con il costruttore “incagliati”. Se nulla accade dopo, i crediti diventano “inesigibili”. La banca deve allora cancellare il credito e perciò ridurre l’attivo. E per conseguenza il passivo, il che avviene riducendo l’importo dei mezzi propri. Al prossimo giro d’investimenti le banche hanno meno capitale e quindi non possono erogare i prestiti come prima, a meno di varare un aumento del capitale.

La crisi si può protrarre? La crisi immobiliare crea un onere rilevante per le banche e una caduta dell’attività del settore delle costruzioni e una caduta della domanda per il suo indotto. L’occupazione potrà riprendere solo quando l’eccesso di offerta si sia esaurito. E considerando quante sono le case sfitte in Cina non dovrebbe passare poco tempo. 

Quali similitudini con l’Italia? In Cina, come nell’Italia degli anni Settanta e primi Ottanta, non si ha un mercato finanziario sviluppato, né si possono portare agevolmente i propri denari fuori. I risparmi finiscono nell’immobiliare oltre la quota che le famiglie desidererebbero, se potessero investire in altre attività. A causa di questa distorsione, i prezzi delle case sono superiori a quanto altrimenti sarebbero. Perciò un loro caduta riduce la ricchezza delle famiglie. Le famiglie potrebbero allora aumentare i propri risparmi per ricostituirla. E la domanda per consumi potrebbe, come conseguenza finale, ridursi.

La gran crescita cinese sta frenando? Sì, perché viene meno la spinta dell’urbanizzazione, quando centinaia di milioni di cinesi, andando in città avevano bisogno di tutto. L’urbanizzazione ha, da un lato, spinto gli investimenti in infrastrutture – oltre alle abitazioni, anche strade, autostrade fogne, aeroporti, eccetera – e dall’altro, con l’arrivo dei contadini in fabbrica, grazie alle tecnologie occidentali e all’apertura al commercio internazionale, ha reso possibile la crescita delle esportazioni. Questi due motori, gli investimenti e le esportazioni, sono oggi molto meno vispi. Il nodo economico e politico in Cina è provare immaginare prima e mettere in atto poi dei nuovi motori.

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