doppio fronte

In guerra, dice Zelensky, la corruzione è tradimento

Micol Flammini

Il presidente ucraino licenzia i commissari dei centri di reclutamento e cerca di far ripartire il meccanismo con soldati tornati dal fronte. Le macchie che l'esercito non può permettersi e le promesse di Kyiv

A Mosca la chiusura degli aeroporti a causa dei droni ucraini nei cieli russi è diventata sconveniente quotidianità. In Crimea, la penisola ucraina occupata da Mosca nel 2014,  alcuni centri estivi chiedono agli animatori di cantare canzonette politiche, di infilare tra una strofa e l’altra lodi al presidente russo, di adattare l’estate ai tempi di guerra a ritmo di patriottismo. Per il potere russo l’ordine è conservare la parvenza di normalità,  a costo di caricaturizzarla. L’idea del Cremlino è che l’immobilismo interno  congeli il potere e aiuti a vincere la guerra. All’esterno, continua a bombardare i civili: ieri è stata colpita anche Ivano Frankivsk, vicina al confine con la Polonia, molto lontana dal fronte. Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, è convinto del contrario: per vincere bisogna muoversi, dentro e fuori.

L’Ucraina oltre a combattere la guerra è impegnata a restaurare le sue istituzioni e a eliminare la corruzione. E’ una promessa che Zelensky ha fatto agli ucraini e anche agli europei, per cui ogni errore va corretto con zelo. Ieri  ha annunciato che i commissari  di tutti i centri di reclutamento regionali verranno licenziati e che sono stati aperti 112 procedimenti penali per corruzione e appropriazione indebita. “Questo sistema – ha detto Zelensky riguardo ai centri di reclutamento – dovrebbe essere gestito da persone che sanno esattamente cos’è la guerra e perché il cinismo e la corruzione durante la guerra sono tradimenti”. Il presidente ha stabilito, dopo un consiglio di sicurezza, di mettere a capo dei centri di reclutamento soldati che sono stati in guerra, che a causa di ferite o traumi non possono tornare al fronte. Era da tempo che gli ucraini si lamentavano dei centri di reclutamento, e   avevano riferito di favoritismi e corruzione. Il presidente ha prima raccolto prove e adesso ha deciso di cambiare tutto, di rendere trasparente un’organizzazione che per l’Ucraina è vitale:  se i cittadini smettono di fidarsi dell’esercito, le conseguenze sulla resistenza e sulla tenuta delle società rischiano di essere dirompenti. 

 

Non è la prima volta che Zelensky interviene sull’esercito, mesi fa un altro scandalo portò alla sostituzione dei viceministri  della Difesa e anche la sorte del ministro Oleksii Reznikov sembrava in discussione. E’ uno dei volti principali della guerra, cambiarlo poteva essere rischioso. Adesso le dimissioni di Reznikov sono tornate a essere un argomento di discussione, il ministro accompagna il presidente ovunque, ha  contatti con gli alleati occidentali  e se davvero dovesse essere sostituito sarebbe uno stravolgimento importante.  Quando non immaginava di diventare un presidente di guerra, quando prometteva che invece sarebbe stato lui a portare la pace attraverso il dialogo con Putin, Zelensky aveva assicurato  che avrebbe risolto i problemi legati alla corruzione. Questa promessa adesso pesa ancora di più, gli ucraini dicono che vinceranno la guerra e vogliono che il presidente faccia quello che aveva promesso: sconfiggere la corruzione. Quando Zelensky perde qualche punto nei sondaggi, non è per l’andamento della controffensiva o  per le sue idee di pace, è per la gestione della corruzione, che i suoi cittadini vorrebbero più severa. 

 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.