Quanto contano le parole di un miliardario russo contro la guerra

Come ogni regime, quello russo vuole il controllo sulle aziende e tra cittadini emigrati e altri mandati in guerra, la Russia inizia ad avere un  problema di forza lavoro, di cui si lamenta anche il ministero dell'Interno

Micol Flammini

Arkadi Volozh ha fondato Yandex, che ora il regime sta cannibalizzando, vive in Israele e ha definito l'invasione dell'Ucraina "una barbarie". In questi mesi ha aiutato gli ingegneri che lavoravano con lui a lasciare il paese

Sul sito personale di Arkadi Volozh si legge che l’imprenditore è nato in Kazakistan e risiede in Israele. La parola “Russia” viene  dopo. E’ Volozh a curare il suo sito, o al massimo sono i suoi collaboratori, e deve aver deciso da solo di minimizzare i   rapporti con Mosca. La decisione è stata notata, il conduttore russo Vladimir Solovev ne ha parlato durante il  suo programma in cui diffonde  la propaganda del Cremlino, e ha esclamato: “Che diavolo! Qual è il paese in cui  hai fatto tutti i tuoi soldi? Che vergogna”. Volozh è un uomo molto ricco e nel 1997 ha contribuito a fondare Yandex, una società che fornisce vari servizi internet, una perla dell’imprenditoria russa, con legami non sempre sereni con il Cremlino. Vladimir Putin   nell’azienda ha sempre visto opportunità per limitare la libertà della rete internet russa. I rapporti tra Volozh e il potere di Mosca sono stati spesso burrascosi e ieri l’imprenditore, che parla poco, ha condiviso una dichiarazione con alcune testate russe in cui ha definito la guerra una barbarie. “Sono  inorridito dai bombardamenti continui contro le  case degli ucraini, molti sono anche amici e parenti”. Ieri i bombardamenti sui civili di Mosca hanno colpito anche un  albergo, questa volta a Zaporizhzhia. E ancora: “Devo assumermi la mia parte di responsabilità per le azioni del mio paese. C’erano delle ragioni se sono rimasto in silenzio. Ci saranno  sicuramente domande sulla tempistica di questa mia dichiarazione”. 

 

Volozh ha detto: “Sono contro la guerra”. La frase in Russia costa cara, ma lui è in Israele:  può permettersela comunque con molti rischi. Yandex in questi mesi è stata accusata di nascondere le notizie sull’invasione che venivano da siti indipendenti, Volozh è stato sanzionato dall’Unione europea, si è dimesso da amministratore delegato. In questi mesi Yandex ha cercato di negoziare con il Cremlino una ristrutturazione, ha venduto il suo aggregatore di notizie, la piattaforma dei blog e altri servizi,  criticati per la complice neutralità con il Cremlino,  alla società di social media VKontakte, altra vecchia perla dell’innovazione russa, da anni totalmente controllata dal regime. Una seconda entità della società Yandex, più a uso esterno che russo, si è trasferita ad Amsterdam. I veri controllori di Yandex oggi sono Alexei Kudrin, ex ministro delle Finanze, avvezzo a chiacchierare con Putin e che per anni è stato visto come l’uomo della svolta mentre rappresentava l’essenza della continuità, e Sergei Kirienko, che cura la politica interna del Cremlino e ha un figlio, Vladimir, amministratore delegato di VKontakte. In questo anno abbondante di guerra, molti dipendenti di Yandex hanno lasciato i posti di lavoro, alcuni hanno proprio abbandonato la Russia e sostituirli non è stato semplice. Nel giustificare il suo silenzio, Volozh ha detto che ha dovuto sostenere gli ingegneri di Yandex con un processo che ha richiesto “attenzione, cura e discrezione. Queste persone ora sono fuori, possono iniziare qualcosa di nuovo, saranno una risorsa per i paesi in cui si trovano”. Yandex, il Google russo, rischia di essere nazionalizzata, e VKontakte, il Facebook russo, è una piattaforma propagandistica per Putin  e una banca dati per controllare gli utenti. Come ogni regime, quello russo vuole il controllo e con  un processo iniziato da anni sta cannibalizzando le sue innovazioni ed eccellenze e tra cittadini emigrati e altri mandati in guerra, la Russia inizia ad avere un  problema di forza lavoro, di cui si lamenta anche il ministero dell’Interno.

Il presidente americano, Joe Biden, vuole mandare in Ucraina altri 13 miliardi di aiuti di emergenza, Kyiv ha i suoi alleati. Mosca, che si priva delle sue stesse ricchezze come fanno i regimi, ha pure i suoi alleati, ma nessuno con ragioni sufficienti per sostenerla. 

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.