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La Francia ci sembra in fiamme, ma sta meglio di come (lei) si vede

Mauro Zanon

Grazie a scelte impopolari ma necessaria l'economia transalpina ora sorprende un po' tutti, nonostante la narrazione dovuta alla rivolte faccia pensare altrimenti

Dietro i tumulti sociali che hanno sfiancato la Francia negli ultimi mesi e offerto in mondovisione l’immagine di un paese fuori controllo, c’è un’economia che, grazie alle riforme e alle politiche industriali promosse dal presidente della Repubblica, Emmanuel Macron, galoppa più del previsto, cogliendo di sorpresa anche gli osservatori più ottimisti. Secondo le stime dell’Insee (Institut national de la statistique et des études économiques) pubblicate venerdì mattina, la crescita del pil della Francia ha toccato lo 0,5 per cento nel secondo trimestre: una stima nettamente superiore rispetto alla crescita dello 0,1 per cento che era stata inizialmente prevista per il periodo tra aprile e giugno. L’economia transalpina è trainata dalle esportazioni, mentre restano fermi i consumi delle famiglie.

   

“Per la prima volta la crescita francese viene maggiormente trainata dalle esportazioni (in aumento del 2,6 per cento rispetto al primo trimestre) che dai consumi (- 0,4 per cento). Questo fa scattare un circolo virtuoso dove la produzione finanzia il nostro modello sociale e la ridistribuzione” delle ricchezze, ha dichiarato su Rtl il ministro dell’Economia francese, Bruno Le Maire: “E’ una performance notevole che certifica il successo della politica economica fondata sulle imprese, i lavoratori e il lavoro. Lo sforzo dei francesi sta producendo i suoi frutti perché abbiamo creato con il presidente della Repubblica le condizioni per il successo economico nazionale. Sono convinto che possiamo essere la prima economia decarbonizzata in Europa all’orizzonte 2050”. Il ministro dell’Economia francese ha mantenuto inoltre “l’obiettivo di crescita all’1 per cento per il 2023”, pur restando “lucido in merito al contesto economico”, dove l’aumento generale dei prezzi ha provocato un calo drastico dei consumi. 

  

Sul Monde, Nicolas Carnot, direttore degli studi e delle sintesi economiche presso l’Insee, ha temperato l’entusiasmo di Le Maire. “La tendenza di fondo è più moderata di ciò che lascia pensare questa cifra trimestrale”, ha detto: “La progressione del pil dello 0,5 per cento è legata ad alcuni fattori congiunturali che non necessariamente si riprodurranno: la ripartenza del parco nucleare, che ha permesso una ripresa delle esportazioni di elettricità, alcune consegne navali e vendite di materiali dei trasporti, oltre che un po’ di rimbalzo tecnico dopo la fine degli scioperi del primo trimestre”, ha aggiunto l’esperto. Ma è innegabile che rispetto agli altri paesi europei, dal punto di vista economico, stia molto meglio di quanto si pensi e questo anche grazie al dinamismo dell’inquilino dell’Eliseo. 

 

L’“hidden success”, come lo definisce l’Economist in un articolo dedicato al “mistero” di una nazione allergica al cambiamento, con un grande talento per le rivolte e un gusto eccessivo per le tasse, è quello di un Francia che, dal 2018, è cresciuta il doppio rispetto alla vicina Germania e ha fatto meglio anche del Regno Unito, nonostante gli stessi francesi credano di vivere nel paese malato d’Europa. Secondo l’Economist, la performance economica transalpina è in parte dovuta a due decisioni storiche: l’alta velocità, di cui è stata pioniera, lanciando nel 1981 il Tgv; la produzione di elettricità a basse emissioni di carbonio, possibile non grazie alle rinnovabili, ma alla sua industria nucleare avviata negli anni Settanta.

 

Ma il buono stato di salute dell’economia d’oltralpe è figlio anche di scelte più recenti, prese in epoca macroniana, che hanno permesso alla Francia di avere più aziende tra le top 100 mondiali, in termini di capitalizzazione di mercato, di qualsiasi altro paese europeo (in particolare grazie ai due giganti del lusso, Lvmh e Kering), e di essere nel 2022, secondo una classifica di EY, il paese d’Europa più attraente per gli investimenti stranieri per il quarto anno consecutivo. Il magazine britannico ricorda anche che la Francia ospita la più grande banca della zona euro per patrimonio, Bnp Paribas, e che tra il 2017 e il 2022 il paese ha registrato un netto aumento nell’export di armi, diventando il terzo nel mondo per volume con una quota di mercato dell’11 per cento (era del 6 prima del 2017).

  

L’Economist, infine, sottolinea il successo del progetto di “start-up nation” annunciato da Macron all’inizio del suo primo mandato. Nel 2019, il presidente aveva promesso che la Francia avrebbe prodotto 25 unicorni tech entro il 2025: il risultato è già stato raggiunto lo scorso anno.

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