l'asse della guerra

Politico svela il commercio di armi e attrezzature dual use tra Pechino e Mosca

Priscilla Ruggiero

Giubbotti, elmetti, piastre e ceramiche antiproiettile: così la Cina invia attrezzature non letali ma militarmente utili alla Russia nella guerra in Ucraina. La vulnerabilità delle sanzioni occidentali nella finta "neutralità" della Repubblica popolare cinese e la strategia su Taiwan

Shanghai H Win è un’azienda specializzata in prodotti antiproiettile e nel commercio di materiali correlati, inclusi giubbotti, piastre, elmetti, ceramiche antiproiettile. Ha sede nell’hub economico cinese di Shanghai, con una seconda fabbrica specializzata in elmetti nella provincia orientale dello Shandong e la sua filosofia aziendale è “credibilità, innovazione, cooperazione win-win”,  si legge sul suo sito web.  Questa cooperazione win-win, secondo un’inchiesta di Politico Europe, è anche e soprattutto con la Russia: i documenti doganali ottenuti dalla testata confermano come gli acquirenti russi abbiano dichiarato ordini per centinaia di migliaia di giubbotti antiproiettile ed elmetti prodotti dalla cinese Shanghai H Win – e non solo. “Prove di questo tipo mostrano che la Cina, nonostante gli appelli di Pechino alla pace, si sta spingendo fino alla linea rossa nel fornire attrezzature non letali, ma militarmente utili, alla Russia per avere un impatto materiale sulla guerra del presidente Vladimir Putin contro l’Ucraina”, scrive Politico. I dati  doganali confermano l’incremento delle esportazioni cinesi di tecnologia dual use, che può essere utilizzata sia a scopi civili sia militari, alla Russia, e mostrano come le esportazioni delle stesse apparecchiature in Ucraina dall’inizio della guerra siano diminuite “drasticamente”: quest’anno Mosca ha importato droni da Pechino per un valore di oltre 100 milioni di dollari, 30 volte in più dell’Ucraina.

 

I dati doganali mostrano anche come le esportazioni cinesi di componenti in ceramica, utilizzate per i giubbotti antiproiettile, sono aumentate del 69 per cento in Russia a oltre 225 milioni di dollari mentre sono diminuite del 61 per cento in Ucraina a soli 5 milioni di dollari. Politico ha ricostruito la catena di compravendita di questi materiali dual use: gli importatori, spesso società di comodo russe istituite appositamente per nascondere i propri affari loschi, riescono a comprare senza l’espresso consenso del produttore, e se i prodotti vengono scambiati tramite un intermediario, il produttore potrebbe anche non venire mai a sapere  che le sue merci andranno in Russia. Una di queste è la società Silva, registrata solo lo scorso settembre, con sede a Ulan-Ude, nella capitale della Buriazia, in un condominio fatiscente, che a gennaio ha dichiarato ordini per  100.000 giubbotti antiproiettile e  100.000 elmetti della  Shanghai H Win.  Pozitron, una società con sede a Rostov sul Don, ha importato più di 60 milioni di dollari in “caschi softair”, “ceramiche varie” e altri prodotti dall’azienda cinese Beijing KRNatural a novembre e dicembre 2022, per un totale di 100.000 elmetti e una gamma di droni dalla multinazionale  DJI Sciences and Technologies Ltd. con sede a Shenzhen lo scorso dicembre. I prodotti nelle dichiarazioni e nei registri doganali  a prima vista possono sembrare innocui, descritti ad esempio come “caschi da softair” da utilizzare in giochi come il “paintball” e “né per uso militare, né per dual use”. Ma gli  esperti di sanzioni e difesa affermano, scrive Politico,  che “è pratica comune etichettare  i beni dual use come prodotti destinati a scopi civili, mentre in realtà sono destinati al campo di battaglia”.  

 

 Il traffico di beni dual use provenienti dalla Cina e utilizzati dalle Forze armate russe in Ucraina evidenzia la vulnerabilità delle sanzioni occidentali, e la finta “neutralità” di Pechino:   “Ciò che è molto chiaro è che la Cina, nonostante tutte le sue affermazioni di essere un attore neutrale, in realtà sostiene le posizioni della Russia in questa guerra”, ha detto a Politico Helena Legarda, analista  specializzata in difesa cinese  presso il Mercator Institute for China Studies. 

 

La Repubblica popolare cinese prende appunti dalla guerra in Ucraina anche  nel conflitto con Taiwan: secondo il Financial Times l’esercito di Pechino, in quella che gli  esperti chiamano “campagna della zona grigia”, starebbe esercitando una pressione per cambiare gradualmente lo status quo di Taipei e “schiacciarla lentamente”.     La Cina approfitta dei momenti di crisi, e un rapporto  dell’Institute for National Defense and Security Research di Taiwan  pubblicato venerdì scorso  esprime seri dubbi sulla strategia di deterrenza sia di Taiwan sia degli Stati Uniti: secondo gli esperti, la strategia americana per scoraggiare la Cina sarebbe mal indirizzata, perché si concentrerebbe troppo su un’invasione totale, piuttosto che sulle “tattiche di pressione”. Ieri il ministero della Difesa di Taiwan ha annunciato l’invio di 11 aerei e sei navi da guerra nei pressi dell’isola da parte di Pechino nell’arco di ventiquattro ore. 
    

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