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Brasile

In bocca a Lula: il presidente brasiliano parla a ruota libera

Maurizio Stefanini

Non solo gaffe culinarie all’Eliseo e al Quirinale (“si mangia poco”). Tutti gli svarioni del presidente che sembra sempre più isolato e fuori controllo

"Cesare sconfisse i Galli. / Non aveva con sé nemmeno un cuoco?”, era una della celebre “Domande di un operaio che legge” di Bertolt Brecht. “Morì con aspri duoli / per non poter mangiar rape e fagiuoli”, poneva Giulio Cesare Croce sulla lapide di Bertoldo.  

Ecco: tra cuochi e fagioli si potrebbe collocare il culmine della seconda stagione di Lula presidente del Brasile. Grande statista un po’ a sorpresa nei suoi due primi mandati, tra 2003 e 2011. Un operaio metalmeccanico e leader sindacale che diventa presidente del Brasile al quarto tentativo superando la sua immagine populista con una abile strategia di alleanze al centro di tipo Lib-Lab, e che dopo aver fatto decollare l’economia ha visto Time, Financial Times, País, Monde, dedicargli le loro copertine come leader tra i più influenti; Barack Obama e George W. Bush celebrarlo come “amico” e “alleato indispensabile”; il Forum di Davos inventare apposta un premio “statista globale” per assegnarglielo; Berlusconi e Sarkozy, Peres e Ahmadinejad venire a omaggiarlo; le  grandi multinazionali, a partire dalla Fiat, sgomitare per impiantare nuove fabbriche, o ampliare quelle già esistenti, in un mercato emergente benedetto da un nuovo ceto medio in rapida ascesa. Ma poi, praticamente come atto finale dei suoi otto anni, nell’ultimo giorno della sua presidenza ha concesso asilo a Cesare Battisti: una decisione di cui lui stesso ha poi tenuto a far sapere che l’aveva presa in modo sconsiderato. “Ha ingannato molta gente in Brasile, non so se ha fatto altrettanto in Francia, ma la verità è che c’erano molte persone che pensavano che fosse innocente. E se abbiamo commesso questo errore, ci scusiamo senza dubbio”, ammise in un’intervista tv nel marzo del 2019. “E’ stata una frustrazione per me perché Battisti ha compromesso un governo che aveva un rapporto straordinario, che io ho ancora, con tutta la sinistra italiana e la sinistra europea”. 

Nel frattempo, però, lo “statista globale” aveva continuato a danneggiare la sua immagine in tutti i modi possibili: il disastro della sua “delfina” Dilma Rousseff, prima contestata dalla piazza e poi rimossa da un impeachment; le tempeste giudiziarie sul suo partito; il suo stesso arresto per corruzione. Infine è stato liberato essenzialmente per un cavillo, che lo ha fatto scagionare dalle accuse per prescrizione. Ed è potuto così tornare alla presidenza: essenzialmente perché una ampia fetta di Brasile moderato ha preferito lui alle mattane di Bolsonaro, a partire dal suo stesso nuovo vicepresidente Geraldo Alckmin, suo grande avversario elettorale in passato. Ma questo suo terzo mandato è chiaramente problematico, a partire da una serie di gaffes che ha iniziato a infilare già prima di essere rieletto, e che continuano ad accumularsi. Molte, in realtà, corrispondenti a posizioni ideologiche, del tipo che però avrebbe evitato tra il 2003 e il 2011, per non esporsi. Fino allo scivolone su Battisti. Ma non c’è solo l’ideologia. L’ultimissima che è rimbalzata in Italia è stata quella su Ancelotti, quando si è saputo che era stato designato allenatore della nazionale brasiliana. “Non è mai stato l’allenatore dell’Italia: perché non risolve il problema dell’Italia, che non ha partecipato agli ultimi Mondiali?”. Su tutte, il clamoroso “non gradimento” da lui espresso per i campioni di cucina italiana e francese a lui proposti da Mattarella e Macron nei pranzi ufficiali offerti al Quirinale e all’Eliseo, nel corso delle sue recenti visite.  

In dettaglio, il 21 giugno Lula è stato a Roma, dove ha visto anche Papa Francesco. Il 23 a Parigi, dove Le Monde ha peraltro scritto sulla delusione di Macron a proposito di un personaggio su cui aveva molto puntato per costruire una partnership importante sulla scena internazionale. Il 27 si è presentato in diretta per il suo podcast settimanale “Conversa com o Presidente”. E con i brasiliani invece di parlare di politica si è lamentato per il menù che gli avevano servito. “Ho pranzato con Macron e ho pranzato con il presidente Mattarella, due cibi di palazzo che sai… non sono queste gran cose. In nessuna parte del mondo. Combatterò con Itamaraty (il ministero degli Esteri brasiliano) per migliorare il cibo, quel cibo non è buono”, queste le sue parole.

Insomma, c’è un versante Brecht oggi importantissimo. A Danièle Mazet-Delpeuch, che preparò i pasti per Mitterrand dal 1988 al 1990, nel 2012 è stato dedicato il film “La cuoca del presidente”.  Spiridon Ivanovich Putin, vissuto tra 1879 e 1965, lavorò come cuoco in una dacia al servizio di Lenin e Stalin, e fu il nonno di quel Vladimir Putin che forse per questo ha dato un ruolo spropositato al cuoco Yevgeny Prigozhin, che a momenti non lo rovesciava. La stessa campagna che portò Lula alla presidenza ebbe come elemento chiave quel Jorge Lorenzetti che era sì dirigente di una importante ong, ma anche e soprattutto il suo cuoco di fiducia nei barbecue ufficiali, famoso per i suoi churrascos dalla rosolatura inimitabile. Quando nel 2006 fu uno dei primi suoi collaboratori ad avere guai con la giustizia per la serie di scandali per cui alla fine fu incarcerato lo stesso Lula, il “presidente operaio”, già famoso per le sue risse con i giornalisti stranieri che criticavano la sua affezione alla birra, accusò il colpo.

Non solo grigliate. Sempre nel podcast Lula ha spiegato che  “se torno a casa ho fagioli e riso, una bistecca e due uova fritte, per me è il miglior piatto al mondo”. E il versante del Lula-Bertoldo è stato subito ribadito nel momento in cui ha ricordato la feijoada da lui servita nel 2005 all’allora principe delle Asturie Don Felipe di Borbone e a sua moglie, la allora principessa e ora regina Letícia Ortiz. Fagioli neri nella variante di Rio de Janeiro o bruni in quella di Bahia, orecchi e coda e piede e frattaglie di maiale, pancetta, lardo, salsiccia, ventre di vacca seccato e salato, aglio, cipollina verde, peperoncino, alloro e olio, generalmente accompagnata con riso bianco, insalata, arancia tagliata a fette e una preparazione a base di farina di mais o mandioca fritta e condita che è chiamata farofa: inventata dagli schiavi a partire dagli avanzi della cucina dei padroni, la feijoada è un’icona della cucina brasiliana popolare, evidentemente non adatta a vegani o gente con problemi di linea. “Ho insistito per darle la feijoada, e la gente ha iniziato a dire ‘Lula, la feijoada è troppo forte, la principessa non si abituerà, potrebbe farla stare male’, ho detto ‘qual è il problema? E’ feijoada’. Guarda, la principessa Letícia l’ha mangiata tre volte e poi ha rilasciato un’intervista a Tereza Cruvinel dicendo ‘è stato il miglior cibo che ho mangiato fuori dalla Spagna’”. Effettivamente anche nel menù per la cerimonia del suo insediamento, a Capodanno, Lula ha voluto che ci fossero riso, feijoada e budino di tapioca. E per i  vertici con ministri e capigruppo esige il churrasco. 

Mancanza di fagioli a parte, il presidente brasiliano ha poi concluso il suo podcast con lo spiegare che non apprezza i piatti serviti nelle riunioni ufficiali, soprattutto per un problema di porzioni. “Quindi forse, di tanto in tanto, alla gente piace, ma di solito non riesco a mangiare bene a palazzo. E’ tutto minuscolo, è tutto limitato, sai? Non c’è un ‘vassoio’ per scegliere, quel poco che arriva lo mangi”. Stesso problema da lui rilevato al pranzo fatto col suo predecessore Fernando Henrique Cardoso in occasione del passaggio di consegne nel 2003. “Una volta che sono andato a mangiare con Fernando Henrique Cardoso, per il suo addio, ha invitato i presidenti del Sud America, e c’era uno chef francese che era tutto ‘un po’ così’. Sinceramente non mi ci abituo”. Insomma, “sarà che sono goloso, ma mi piace la quantità. Una coda di bue, per esempio, un pollo, non c’è niente di meglio. Un pollo con gombo, non c’è niente di meglio di una costoletta di maiale fritta. Quindi queste cose… là fuori non troviamo queste cose, tutto è molto sofisticato, a volte non sappiamo nemmeno cosa sia. Comunque, siamo sopravvissuti”.

La prossima volta, pajata e coda alla vaccinara, si sarebbe tentati di commentare. Il Quirinale ha preferito tacere; sulle agenzie sono filtrate considerazioni su un “pasticcio diplomatico che coinvolge le due cucine universalmente considerate migliori al mondo”.  “Lula blasfemo”, ha titolato il noto magazine internazionale di cucina ed enologia Falstaff. “Per chi frequenta il Palazzo che ha ospitato Papi e re prima del presidente della Repubblica, per chi conosce le sue cucine e la sua tavola, salta agli occhi la fragilità delle accuse”, ha osservato l’Agi. “Sulla cucina del Palazzo presidenziale sono stati anche scritti libri; la diplomazia, si sa, passa anche per il palato e il primo obiettivo è non creare imbarazzi e accogliere l’ospite al meglio, ma anche far apprezzare le eccellenze del nostro paese. E dunque non si offrono pietanze tipiche del paese di origine del visitatore ma si preferisce far assaggiare le prelibatezze nazionali”. Lula è stato accolto per una colazione di lavoro nel Salone delle Feste, una delle due grandi sale di rappresentanza di uno dei palazzi istituzionali più belli del mondo. Si tratta dunque di un pasto leggero ma non dietetico, visto che prevede comunque tre portate: primo, secondo con contorno e dolce. Non può inoltre superare la durata di 45 minuti, Lula aveva appena terminato il colloquio con Sergio Mattarella durato anche qualche minuto più del previsto, e subito dopo il pranzo era atteso in Vaticano da Papa Francesco, che certo non si può far aspettare. Quanto alla assenza del piatto da portata offerto all’ospite, il Quirinale lo ha abolito dai tempi del Covid per evitare contagi e ora adotta il “servizio all’italiana”: il piatto, cioè, arriva in tavola preparato direttamente dalle cucine, ma ovviamente è previsto un bis (e se si è proprio affamati si può chiedere anche il tris). 

Venendo poi alla cucina vera e propria, il Quirinale ovviamente tiene a essere la vetrina delle eccellenze italiane: carne dal Piemonte, pasta dal Molise, prosciutto dal Friuli, parmigiano e sale dall’Emilia-Romagna, farina dal Veneto, pomodori dalla Campania. Le pietanze sono quelle della tradizione: dal cacciucco alla livornese alla polenta cavolo e nasello, passando per tortelli di patate, pappardelle e umbricelli al tartufo, tonnarelli al ragù. Per secondo, vitello arrosto e soprattutto molto pesce freschissimo. Per dolce, torta di pere, zabaione e bonet. I vini sono scelti tra le migliori etichette regionali italiane. Il pane è fatto rigorosamente a mano nelle cucine del palazzo. Per il servizio, piatti d’epoca Richard Ginori con bordo dorato, e a centrotavola composizioni di fiori raccolti nei giardini del Palazzo. Ricorda sempre l’Agi, “fino ad oggi pare che Lula sia stato il solo a lamentarsene”.

Ma non è solo un fatto di cucina italiana e francese. Anzi il modo in cui il presidente sta parlando a ruota libera inizia a creare problemi al governo e allo stesso Partito dei lavoratori brasiliano (Pt). Il colmo è che lo stesso Lula nelle ultime settimane ha accusato i suoi ministri di “troppa iniziativa personale” quando si tratta di voler comunicare con la stampa. “Tutto quello che facciamo deve essere reso pubblico, ma per questo dobbiamo rispettare il rapporto tra i ministri e Secom”: la Segreteria per la Comunicazione della Presidenza della Repubblica, organismo nato anche per normalizzare la comunicazione ufficiale del governo. Questa dichiarazione però, non ha impedito a Lula di continuare a comunicare a ruota libera, da cui gli svarioni in serie. Il più recente, il suo veto alla vendita all’Ucraina di 450 blindati Guaraní 6×6 che sarebbero stati utilizzati per scopi umanitari come ambulanze. Lo ha definito una fake news, invece era vero.  

Hanno fatto anche scalpore le dichiarazioni sui Mondiali del 2014. “Si diceva che ci fosse stata corruzione per gli stadi e alla fine non si è potuto dimostrare”. Ma proprio lo stadio dove il presidente lo ha detto, il Mané Garrincha di Brasilia, è finito nell’inchiesta dell’Operazione Lava Jato. L’ex governatore del Distretto Federale Agnelo Queiroz, del Pt di Lula, è stato accusato di sovrafatturazione nei lavori e arrestato. Insieme al suo vice, Tadeu Filippelli, sono stati condannati lo scorso dicembre a restituire alle casse dello stato 16 milioni di reais ciascuno, per un totale dell’equivalente di 6,68 milioni di dollari. Ha suscitato scalpore anche la recente intervista di Lula a Rádio Gaúcha, quando parlando del golpe militare del 1964 il presidente lo ha definito una “rivoluzione”: terminologia usata dai militari. Nella stessa intervista, difendendo il dittatore venezuelano Nicolás Maduro, Lula ha affermato che “il Venezuela ha più elezioni del Brasile. Il concetto di democrazia è relativo per te e per me. Mi piace la democrazia, perché è la democrazia che mi ha fatto arrivare per la terza volta alla presidenza della Repubblica”. 

La questione del Nicaragua è stata un’altra in cui la comunicazione del governo Lula è stata contraddittoria. Se a marzo alle Nazioni Unite il Brasile non ha aderito alla dichiarazione firmata da 55 paesi – compresi i governi latinoamericani – di condanna delle sistematiche violazioni autoritarie di Ortega, a fine giugno ha dovuto fare un passo indietro nel tentativo di minimizzare la condanna del Nicaragua nella cinquantatreesima Assemblea Generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (Osa) e alla fine ha dovuto accettare il testo approvato dagli altri paesi. Oltre al Nicaragua, anche la questione ucraina è stata oggetto di innumerevoli tira e molla da parte del presidente brasiliano. Lula ha poi dichiarato che “il Brasile non ha bisogno di un obiettivo di inflazione così rigido”, ma da allora il suo governo si è mosso nella direzione opposta. Il ministro dell’Economia Fernando Haddad ha confermato l’obiettivo del 3 per cento di inflazione con passaggio a regime continuativo dal 2025. Il fronte ambientale è un’altra cartina di tornasole per la comunicazione del governo. Al di là di tutte le dichiarazioni di Lula contro il disboscamento, è stato lui a firmare per lo sgombero del Catasto Ambientale e Rurale del Ministero dell’Ambiente di Marina Silva, strumento fondamentale nella lotta al disboscamento illegale e al furto di terra. E adesso l’impasse nelle trattative per un accordo tra Mercosur e Ue sta nel fatto che secondo Lula da Bruxelles imporrebbero “troppi vincoli ambientali”. 

Anche la scelta di imitare Bolsonaro animando ogni settimana dirette sui social non ha riscosso molto successo di pubblico. Fonti vicine al Pt ammettono un Lula sempre più isolato dai suoi storici consiglieri e compagni di partito dei suoi primi due mandati. Un isolamento secondo alcuni favorito dalla terza moglie Rosangela “Janja” da Silva, che si infila sempre più dappertutto. Proprio Janja è peraltro assidua al ristorante del Planalto, sito ufficiale della presidenza. Lì il churrasco è di rigore.

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