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Editoriali

Viva il trattato di libero scambio tra Ue e Nuova Zelanda. Ora avanti con l'Australia

Redazione

Gli accordi commerciali con i paesi alleati sono fondamentali per garantire la sicurezza delle catene di approvigionamento. Ecco il friendshoring che funziona

Dopo cinque anni di negoziati domenica scorsa Ue e Nuova Zelanda hanno firmato un trattato di libero scambio. A Bruxelles, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il primo ministro neozelandese Chris Hipkins hanno detto che l’accordo dovrebbe portare, entro i prossimi 10 anni, a un incremento degli scambi del 30 per cento. L’export europeo verso l’arcipelago neozelandese potrebbe arrivare a 4,5 miliardi di euro l’anno, e gli investimenti dell’Ue aumentare dell’80 per cento. Del resto, fanno sapere dalla Commissione, nessuno si illude più che un accordo commerciale sia soltanto commerciale: è finita l’èra dei trattati con fini puramente economici. Oggi la priorità è la politica, la sicurezza delle catene di approvvigionamento, la strategia sul lungo periodo con i paesi alleati e partner che la pensano come noi su democrazia e trasparenza.

Per questo  tutti guardano all’incontro tra von der Leyen e il primo ministro australiano Anthony Albanese, che si tiene non a caso a Vilnius, durante il summit della Nato: il via libera all’accordo con Wellington avrebbe dovuto accelerare anche i negoziati per concludere quello ben più sostanzioso e strategico con l’Australia. Negli ultimi giorni ci sono state diverse riunioni a Bruxelles, il ministro del Commercio di Canberra Don Farrell ha persino interrotto le sue vacanze per andare in Belgio. Eppure ieri la stampa australiana era poco ottimista: l’Australia vuole un accesso significativo ai mercati agricoli europei, vuole che i suoi produttori possano usare la denominazione di prodotti come parmigiano e champagne, l’Ue si oppone e i negoziati sono tutt’ora in stallo. La lobby agricola europea si scontra con quella australiana e la politica resta al palo, con una perdita di tempo che penalizza soprattutto Bruxelles: l’Australia è uno dei maggior esportatori al mondo di litio, silicio e terre rare, tutto ciò che serve per mettere in sicurezza la catena di approvvigionamento europea con i materiali fondamentali per la tecnologia, diminuendo la nostra dipendenza dalla Cina. Bene con la Nuova Zelanda, ora avanti con l’Australia.

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