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libero scambio in libero mondo

L'accordo con la Nuova Zelanda riafferma il soft power globale dell'Ue

David Carretta

Un patto storico sia dal punto di vista commerciale che dal punto di vista geopolitico e strategico. Ecco perché

Bruxelles. Ursula von der Leyen e Jacinda Ardern ieri hanno annunciato la conclusione di uno “storico” accordo di libero scambio tra l’Unione europea e la Nuova Zelanda. E’ storico sul piano commerciale perché, malgrado la distanza che le separa, Ue e Nuova Zelanda cancelleranno tutti i dazi sui prodotti industriali dal primo giorno di entrata in vigore dell’accordo. E’ storico sul piano geopolitico perché, con la guerra di Vladimir Putin contro l’Ucraina e l’amicizia senza limiti tra Cina e Russia, segna la volontà delle democrazie di integrarsi sempre di più, anche quando ci sono interessi sensibili in gioco. E’ storico sul piano strategico perché, dopo un lungo periodo di torpore e polemiche interne sulla liberalizzazione degli scambi globali, l’Ue rilancia la sua strategia di utilizzare gli accordi di libero scambio come strumento per estendere la sua influenza e affermare il suo soft power. “Questo accordo arriva al momento giusto”, ha detto von der Leyen: “Il mondo ha bisogno di chiari segnali che le democrazie come le nostre producono risultati per i cittadini”, nel momento in cui “i valori che condividiamo sono sfidati in tutto il mondo”.

 

Secondo il vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, “siamo di fronte a turbolenze geopolitiche importanti”, che spingono a diversificare le catene di approvvigionamento e i mercati di esportazioni con “partner fidati”. “Questo approccio continuerà. La realtà geopolitica è cambiata”, ha detto Dombrovskis. I prossimi accordi di libero scambio nel mirino della Commissione sono con l’Australia, l’India e l’Indonesia. Un gruppo di quindici stati membri – tra cui l’Italia – ha chiesto di accelerare i negoziati con questi paesi per rafforzare “le nostre alleanze attraverso il commercio”. Constatando il fatto che a livello globale “diverse potenze e blocchi economici stanno facendo a gara per la leadership e nuove partnership” commerciali, i quindici hanno anche chiesto l’entrata in vigore degli accordi di libero scambio già conclusi con il Cile, il Messico e il Mercosur. Le elezioni presidenziali e legislative in Francia avevano spinto l’Ue ad autoimporsi una pausa sul commercio. Troppo alto il rischio di strumentalizzazioni nella campagna elettorale francese, in particolare per il settore agricolo. Il commercio scalda sempre le passioni politiche e riempie le strade di manifestanti. L’accordo di libero scambio Ceta tra Ue e Canada è solo provvisoriamente in vigore, perché 12 stati membri (tra cui Italia, Francia, Germania e Belgio) non lo hanno ancora ratificato.

  

Con la Nuova Zelanda la Commissione ha preso le sue precauzioni. Ha introdotto nuovi standard di sostenibilità su deforestazione, clima e standard sociali, che varranno per tutti gli accordi di libero scambio. Inoltre, ha scelto di limitare l’ambito dell’accordo al commercio, senza allargarlo agli investimenti. Per la ratifica basterà il consenso del Parlamento europeo, senza passare dai parlamenti nazionali. L’agricoltura è stato il capitolo più difficile del negoziato. Ue e Nuova Zelanda si fanno concorrenza tra loro nell’agribusiness. Dal latte alla carne di manzo sono state concordate quote e dazi ridotti, ma con sacrifici da entrambe le parti. Per il vino la liberalizzazione è quasi totale, anche se rimarranno regole specifiche di etichettatura e di modalità di produzione. Più di 200 indicazioni geografiche europee saranno protette in Nuova Zelanda. Dall’altra parte del mondo non sarà più possibile vendere vino frizzante con la denominazione Prosecco o formaggio chiamato Parmigiano Reggiano (c’è un’eccezione per il nome “Parmesan” riservata a chi lo produce da almeno cinque anni). Le mele e i kiwi neozelandesi arriveranno più facilmente nell’Ue. Ma i benefici sono stati considerati da entrambe le parti molto più importanti dei sacrifici. I dazi su automobili, vestiti e scarpe passeranno dal 10 per cento a zero. Quelli su macchinari, prodotti chimici, farmaceutica, vini e cioccolato scenderanno dal 5 per cento a zero. Gli esportatori europei risparmieranno più di 140 milioni di euro l’anno. Il volume degli scambi (11,5 miliardi l’anno attualmente) dovrebbe aumentare del 30 per cento.

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