Sotto la corona

Alle elezioni locali inglesi perdono solo i Tory. Il riallineamento dopo la stagione degli abbagli

Paola Peduzzi

Il Labour inglese di Keir Starmer ci crede, ma c’è da governare un risveglio difficile: un Partito conservatore al potere dal 2010, resistente anche nei suoi momenti più cupi, e il tabù della Brexit

Milano. Hanno perso solo i Tory, alle elezioni locali in Inghilterra di giovedì, hanno vinto il Labour, i Lib-dem, i Verdi, i candidati indipendenti, e l’unica consolazione per il premier conservatore britannico, Rishi Sunak, al suo primo test elettorale, è che lo sapeva già, quindi forse è più o meno pronto alla gestione della sconfitta. Si tratta  di capirne le proporzioni e di studiare come si sono spostati i voti, ma non c’era rilevazione prima del voto che non indicasse un esito poco felice per i Tory. Il Labour che è in  ascesa – anche perché il collasso di Jeremy Corbyn nel 2019 ha abbassato di molto le aspettative – ma non sembra avere la forza schiacciante di qualche mese fa. 

 

Keir Starmer, il leader laburista, ha detto che si è messo sulla strada che porta a Downing Street, ha spiegato che se un partito (i Tory) non ha una strategia per governare l’aumento del costo della vita non può avere alcun fascino per gli elettori e ha mostrato il suo sorriso migliore lasciando agli esperti di dati e statistiche la constatazione che forse dal Labour ci si aspettava di più. Starmer porta due medaglie importanti come simboli di questa vittoria, Plymouth e Stoke-on-Trent, che pur se per ragioni diverse si sono consegnate al Labour. Plymouth, che è considerata la spia dell'umore dell'elettorato, è stata vinta perché il sindaco conservatore ha fatto tagliare cento alberi nel giro di una notte e i cittadini gli hanno giurato vendetta, ma l'obiettivo principale del Labour è riconquistare la fascia più sofferente e volubile dell’elettorato oltre che una delle più ambite, il celebre “red wall” che nel 2019 divenne, con la zampata di Boris Johnson, tutto blu-conservatore. Le medaglie restano, come quelle dei Lib-dem, un partito che va sempre meglio a livello locale che nazionale, e che ha portato a casa le aree in cui ha investito di più, e come quelle dei Verdi, che già dalle scorse europee stanno mostrando solidità.

 

E’ inevitabile l’esercizio di traslare i risultati di un voto locale su scala nazionale, anche se i commentatori si ripetono ogni volta che è un esercizio inutile se non addirittura fuorviante, e così secondo alcune stime a conteggi ancora in corso il vantaggio del Labour sui Tory è di 9-10 punti percentuali, che è grosso ma non garantirebbe la maggioranza assoluta ai Comuni ed è inferiore ai sondaggi da sogno dell’inverno in cui l’opposizione scavalcava il partito al governo di 20-25 punti percentuali. Il 2022 è stato invero un anno tragico per il Partito conservatore, che ha defenestrato Boris Johnson (il quale oggi è accusato di non aver fatto campagna per questo voto pur essendo lui molto bravo in questo mestiere) in estate, ha fatto delle primarie rapide, ha scelto Liz Truss a settembre, ha defenestrato anche lei nel giro di un mese e mezzo per incompetenza manifesta e poi si è affidato a Sunak, che ha il mandato in sostanza di rassettare casa. Era normale che di fronte a questo caos, il Labour risultasse l’unico attore credibile, ma in realtà i movimenti in corso nel paese sono molto più profondi e rispetto alla classica dinamica destra e sinistra. C’è un elemento fisiologico: il Partito conservatore è al potere dal 2010 e per quanto abbia mostrato una resistenza straordinaria anche nei suoi momenti più cupi – Theresa May, che quanto a impopolarità pareva imbattibile, riuscì a battere Corbyn nel 2017 – è plausibile immaginare un desiderio di alternanza negli elettori.

 

E poi c’è la Brexit, che è quasi diventata un tabù – qualcuno ha persino definito questo voto “post Brexit” – essendo ormai abbastanza condiviso il fatto che sia stata un clamoroso abbaglio, ma che ha a lungo scombussolato la mappa elettorale del paese. Ora è in corso il riallineamento del risveglio: Will Jennings, un grande analista che per questa notte elettorale ha lavorato con Sky, dice che “si continua a vedere una tendenza chiara in cui i conservatori perdono più sostegno nelle aree che hanno votato per il remain mentre il Labour guadagna dove nel 2016 vinse la Brexit”. Lo chiamano il “movimento a tenaglia”, che è quello che sta restringendo il Partito conservatore e che si nota anche in altre statistiche: i Tory vanno peggio nelle zone in cui ci sono più laureati, ma il Labour va meglio nelle aree in cui ci sono meno laureati. E’ la middle class che si sposta e si assesta, mentre il costo della vita esplode e gli occhi accecati dalla Brexit ricominciano a vedere. E forse l’errore più grande che possono fare Starmer e Sunak è non dare una direzione a questo radicato subbuglio.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi