Il buco del gasdotto

Le tre navi fantasma russe i giorni prima del sabotaggio di Nord Stream

Paola Peduzzi

Foto e messaggi radio ricostruiscono i momenti dell'esplosione del gasdotto. L'inchiesta di Danimarca, Norvegia, Finlandia e Svezia e quanto tira di più “il gruppo pro ucraino”. Una formula vischiosa che è stata accolta dal mondo anti Kyiv con un sonoro: lo avevamo detto

Secondo un’inchiesta di tre emittenti di Danimarca, Norvegia, Finlandia e Svezia, tre navi della marina russa sono state individuate nelle acque vicine al luogo in cui ci fu, il 26 settembre scorso, il sabotaggio del gasdotto Nord Stream, nei mesi e nei giorni precedenti l’attacco. Sono la Sibiryakov, in grado di fare sorveglianza subacquea, un rimorchiatore SB-123 e una terza nave che non è stata ancora identificata. I loro trasmettitori erano spenti, ma i loro movimenti sarebbero stati seguiti da un ex ufficiale dell’intelligence navale britannica utilizzando informazioni open source e comunicazioni radio. 

  

La scorsa settimana, le autorità danesi hanno confermato l’avvistamento di una nave della marina russa, l’SS-750, nei pressi dei gasdotti Nord Stream, quattro giorni prima dell’esplosione: hanno scattato 26 foto di questa nave, che aveva un piccolo sottomarino da salvataggio a bordo, il 22 settembre a est di Bornholm, un’isola danese non lontana dal luogo del sabotaggio. La nave SS-750 è stata citata per la prima volta dal sito tedesco T-Online e dall’analista di intelligence open source Oliver Alexander: era una delle sei navi russe che sembrava stessero deviando da un’esercitazione nel Mar Baltico per navigare vicino al sito di sabotaggio. Secondo la ricostruzione di Alexander, una motovedetta danese, la P524 Nymfen, aveva lasciato il porto la sera del 21 settembre per raggiungere il sito del sabotaggio la mattina successiva, quattro giorni prima delle esplosioni. E’ questa motovedetta che ha scattato le foto della SS-750, secondo il quotidiano danese Information, che per primo ha citato l’esistenza di queste immagini.

 

L’indagine congiunta delle reti pubbliche nordiche Nrk, Svt, Dr e Yle ha trovato le prove delle tre navi russe che hanno navigato vicino ai gasdotti con una frequenza ritenuta “molto inusuale” dal giugno al settembre scorso. Hanno ricostruito così i loro movimenti: la prima nave era partita da una base navale russa a Kaliningrad prima di arrivare vicino al gasdotto il 7 giugno. Un messaggio radio la colloca direttamente sopra Nord Stream 2 prima di spostarsi più a nord, vicino a Nord Stream 1, dove ha trascorso alcune ore in una zona in cui il gasdotto è a circa 80 metri dalla superficie e dove si sono verificate alcune perdite a settembre. La Sibiryakov è arrivata il 14 giugno e si è spostata nella stessa posizione della prima nave, dove è rimasta fino al giorno successivo. La SB-123 è arrivata in quest’area la sera del 21 settembre. Secondo le intercettazioni, ha operato vicino ai gasdotti dalla tarda serata fino alle 14 del 22 settembre.

 

Gli investigatori delle intelligence di Danimarca, Germania, Svezia e di altre agenzie europee stanno ancora cercando di capire che cosa è successo il 26 settembre, quando ci sono state due esplosioni nelle zone economiche esclusive di Danimarca e Svezia (fuori dalle loro acque territoriali) che hanno colpito i due gasdotti facendo danni soltanto fisici, perché le forniture di Nord Stream 1 erano già state sospese e quelle di Nord Stream 2 non erano mai partite. Nelle settimane successive al sabotaggio c’erano state molte speculazioni, accuse e smentite che si basavano più sulla domanda: a chi conviene? che sulla ricostruzione dei fatti. Nel marzo scorso era stato ripreso con grande clamore un articolo del New York Times che, citando “fonti di intelligence riviste da funzionari americani”, sosteneva che a commettere il sabotaggio fosse stato un “gruppo pro ucraino” di cui si sapeva molto poco, solo che probabilmente era formato da russi anti Putin e da ucraini. Il governo di Kyiv aveva negato ogni coinvolgimento, le fonti del quotidiano americano non avevano fornito dettagli sulla provenienza dell’informazione e avevano sottolineato che non c’era nulla di conclusivo in quel frammento di intelligence, senza di fatto escludere nulla, nemmeno la presenza di unità non ufficiali che operano in collaborazione con i servizi ucraini. Ma pur introducendo tutte le cautele possibili, la formula “sono stati gli ucraini” è parecchio vischiosa, resta appiccicata ed è stata accolta dal mondo antiucraino con un sonoro: lo avevamo detto. 

 

Le inchieste dei paesi nordici, con la collaborazione di un ex agente britannico e un esperto tedesco (per chi volesse i dettagli c’è il podcast in inglese “Cold front” che li fornisce tutti), non hanno la stessa risonanza, anche se di fatto è la prima ricostruzione fattuale di quel che è accaduto in quelle acque prima delle esplosioni: c’erano tre navi russe che non avrebbero dovuto essere lì.
 

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi