A chi conviene davvero far saltare Nord Stream? Ipotesi sul presunto sabotaggio

Tre buchi nei due rigassificatori che portano il gas russo in Europa sono tre indizi che fanno una prova. Il rischio dell'azione dimostrativa

Federico Bosco

I governi europei sono stati scossi dalla notizia delle improvvise perdite dei gasdotti del Nord Stream che ha coinvolto il tratto di mare in cui i tubi d’acciaio attraversano le Zone economiche esclusive della Danimarca e della Svezia prima di connettersi alla Germania. L’ipotesi dell’incidente casuale è caduta rapidamente, e si è iniziato a parlare quasi subito di un’azione di sabotaggio che arriva in un momento in cui l’Europa sta dimostrando di essere in grado di liberarsi dalla dipendenza dal gas russo costruendo nuove infrastrutture. Oggi infatti era il giorno in cui la premier danese, Mette Frederiksen, era in Polonia per l’inaugurazione della Baltic Pipe, il gasdotto a cui lavorano sin dal 2014 e che collega i giacimenti norvegesi alla Polonia passando per le acque territoriali danesi. 

Frederiksen non ha escluso l’ipotesi di sabotaggio, ma il premier polacco Mateusz Morawiecki è stato più esplicito: “Non conosciamo tutti i dettagli dell’accaduto, ma vediamo chiaramente che si tratta di un atto di sabotaggio legato all’escalation della situazione in Ucraina”. Anche il Cremlino ieri ha parlato di sabotaggio, e ha chiesto un’indagine immediata definendo la questione “una minaccia per la sicurezza energetica dell’intero continente”. Difficile però identificare chi ha interesse a sabotare un’infrastruttura non utilizzata senza neanche causare un danno di altro tipo, mentre è più realistico dare senso a quella che potrebbe essere un’azione dimostrativa.  

In totale sono state identificate tre perdite in 24 ore: una nel Nord Stream 2 e due nel Nord Stream 1, rispettivamente a est e a nord-est dell’isola danese di Bornholm. Due perdite sono all’interno delle acque daniesi e una in quella svedese, in una profondità di circa 50-70 metri. La Danimarca ha istituito una zona di divieto di transito per le navi e una di sorvolo per gli aeromobili. Trattandosi di gas c’è il rischio di esplosione, e se si naviga direttamente sopra la falla il metano che risale in superficie può far perdere la capacità di galleggiamento di una nave. Secondo il German Environmental Aid l’impatto ambientale è limitato, anche se la fuga di gas può essere dannosa per il clima. A livello economico non dovrebbero esserci grosse conseguenze, all’interno del Nord Stream 2 sono stoccati 117 milioni di metri cubi di gas – necessari a preservare l’operatività dell’infrastruttura – ma il gasdotto non è mai entrato in funzione, mentre il flusso del Nord Stream 1 è stato interrotto a inizio settembre. Tuttavia, i mercati europei hanno reagito e, dopo quattro giorni di calo, i benchmark del gas sono aumentati fino al 12 per cento. 

Il problema è la minaccia rappresentata dal pericolo di altri sabotaggi delle infrastrutture dell’energia. Sull’altro lato della Scandinavia le autorità per la sicurezza petrolifera della Norvegia stanno alzando il livello di sicurezza in tutte le istallazioni energetiche dopo i ripetuti avvistamenti di droni non identificati vicino alle piattaforme off-shore per l’estrazione di gas e petrolio nell’Artico, avvertendo che potrebbero rappresentare un rischio di incidenti o attacchi deliberati. I primi allarmi erano arrivati lunedì dopo che il colosso norvegese Equinor aveva segnalato l’avvistamenti di droni di origine sconosciuta intorno ad almeno sei istallazioni. Secondo il Stavanger Aftenblad la settimana scorsa un drone è stato osservato a circa 50 metri dalla piattaforma Heidrun, violando il perimetro di sicurezza di 500 metri. 

I droni potrebbero causare incidenti e diventare una fonte di ignizione in aree a rischio di esplosione, devastanti se utilizzati per attacchi deliberati. Notizie che rivelano la vulnerabilità delle infrastrutture strategiche europee e le minacce poste dal terrorismo e dalle azioni di guerra ibrida. Se accadesse qualcosa agli impianti di estrazione di gas della Norvegia, o del Regno Unito, o nei gasdotti come la nuova Baltic Pipe o nei terminal di rigassificazione la capacità europea di superare l’inverno svanirebbe come il gas russo dato alle fiamme pur di non venderlo all’Europa.
 

Di più su questi argomenti: