Lu Shaye (Foto di Justin Tang)

Il caso

Dopo le parole di Lu Shaye, l'Ue vede Pechino sempre più come rivale

David Carretta

L'ambasciatore a Parigi ha negato lo status di sovranità ai paesi post-sovietici e la Cina è stata costretta a compiere una retromarcia inusuale. Un incidente che in ogni caso aggrava la frattura geopolitica e diplomatica con l'Europa

Bruxelles. La Cina di Xi Jinping è stata costretta a una retromarcia inusuale, dopo che il suo ambasciatore a Parigi, Lu Shaye, ha provocato una tempesta diplomatica e messo a rischio le relazioni con l’Unione europea, negando lo status di sovranità ai paesi che avevano ritrovato la loro indipendenza dopo il crollo dell’Unione sovietica. I paesi dell’ex Urss “non hanno lo status effettivo nel diritto internazionale, perché non c’è accordo internazionale per concretizzare il loro status di paese sovrano”, ha detto l’ambasciatore Lu venerdì in un’intervista a Lci, durante la quale ha anche negato l’appartenenza della Crimea all’Ucraina. Le dichiarazioni di Lu sono “inaccettabili” perché “mettono in discussione la sovranità dei paesi diventati indipendenti con la fine dell’Unione sovietica nel 1991”, ha risposto l’Alto rappresentante dell’Ue, Josep Borrell. Dopo le proteste di Francia e paesi Baltici – che hanno convocato i rappresentanti diplomatici cinesi – il ministero degli Esteri di Pechino ha fatto uscire un primo chiarimento. “La Cina rispetta lo status sovrano delle repubbliche dopo la disintegrazione dell’Urss”, ha detto la sua portavoce Nao Ning.

 

Nella tradizione comunista, la trascrizione dell’intervista è stata rimossa dal sito dell’ambasciata. Poi è arrivata l’irrituale smentita personale: “Le dichiarazioni dell’Ambasciatore Lu Shaye sulla questione dell’Ucraina non erano una dichiarazione della politica (della Cina), ma un’espressione di punti di vista personali”, ha spiegato in una nota il portavoce dell’ambasciata cinese a Parigi. Il fatto è più unico che raro per un regime monolitico: la Cina ha dichiarato pubblicamente che il suo ambasciatore in Francia non parla a nome della Cina. A Bruxelles c’è chi scommette che i giorni di Lu siano contati. Ma l’incidente è comunque destinato ad approfondire la frattura con l’Ue. Esponente dei diplomatici “lupi guerrieri”, Lu non è la prima volta che rilascia dichiarazioni che scatenano polemiche virulente (era accaduto più volte durante la pandemia). L’intervista sulla sovranità degli paesi dell’ex Urss ha avuto conseguenze geopolitiche più importanti. Innanzitutto, ha messo in dubbio la politica della mano tesa agli europei avviata da Xi dopo la fine dello “Zero Covid”. Poi, ha inflitto un colpo al tentativo del presidente francese, Emmanuel Macron, di spingere l’Ue a diventare un “terzo polo” nella disputa tra Cina e Stati Uniti. Infine, ha sconfessato il ruolo di potenziale mediatore di Pechino in Ucraina. “Se qualcuno si chiede ancora perché i paesi Baltici non hanno fiducia nella Cina per riportare la pace in Ucraina, ora si può ascoltare un ambasciatore cinese affermare che la Crimea è russa e che le frontiere dei nostri paesi non hanno base giuridica”, ha detto il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis.

 

L’intervista di Lu ha fatto irruzione al Consiglio Affari esteri dell’Ue di ieri a Lussemburgo. Anche i più moderati hanno espresso critiche pesanti. “La Cina è un interlocutore, ma deve rispettare le nostre posizioni, deve rispettare l’Ue e deve rispettare tutti gli stati membri”, ha detto il ministro italiano, Antonio Tajani. Borrell ha definito la smentita di Pechino una “buona notizia”. Ma ha anche annunciato che al Consiglio europeo di giugno i leader decideranno se “rivalutare e ricalibrare la nostra politica sulla Cina”. Un numero crescente di stati membri guarda alla Cina più come a un rivale che come a un partner. “Oggi è chiaro che la dimensione di rivalità è aumentata” e “allo stesso modo è aumentata la dimensione di competizione”, ha spiegato Borrell. Le posizioni da falco della presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, e dal ministro tedesco degli Esteri, Annalena Baerbock, indicano un cambio di rotta a Berlino. In un’intervista al Journal du Dimanche, Borrell ha chiesto alle navi militari europee di pattugliare lo stretto di Taiwan come deterrente per garantire lo status quo. Per contro la colomba Macron, dopo aver chiesto a Xi di riportare Vladimir Putin “alla ragione”, ha subìto solo umiliazioni, dalla mancata telefonata a Volodymyr Zelensky alla visita a Mosca del ministro della Difesa, Li Shangfu. “Il cursore europeo si sta spostando sempre più verso gli Stati Uniti”, spiega al Foglio una fonte dell’Ue. Dentro il G7, l’Ue è pronta ad accettare una piattaforma di scambio di informazioni sulla coercizione economica e le pratiche non di mercato. Il Consiglio europeo di giugno potrebbe dare il via libera a controlli su investimenti ed esportazioni verso la Cina per alcuni settori sensibili.

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