La guerra dell'informazione

Quanto è utile a Mosca un'americana del Donbas con l'accento russo

Micol Flammini

La rete di Donbass Devushka, l’account filorusso che ha contribuito a diffondere i documenti dell'intelligence statunitense trafugati dal ventunenne Teixeira sulla piattaforma Discord

I documenti dell’intelligence americana diffusi da Jack Teixeira, il ventunenne arrestato che lavorava per la Air National Guard del Massachusetts, avrebbero potuto rimanere nascosti tra gli appassionati della piattaforma Discord forse per sempre. Giravano da otto mesi, senza che in molti avessero colto la loro importanza. La risonanza è arrivata dopo quando ha incominciato a interessarsi delle carte del Pentagono una presunta blogger chiamata Donbass Devushka, la ragazza del Donbas che però porta dritti allo stato di Washington. Donbass Devushka si occupa di social, gestisce  un podcast in cui realizza interviste sulla guerra, e organizza  una  raccolta fondi per l’esercito di Mosca. 

 

La ragazza americana del Donbas è un ex tecnico di elettronica aeronautica arruolata negli Stati Uniti che risponde al nome di Sarah Bils. Bils ha prestato servizio a Whidbey Island fino alla fine dello scorso anno, ma sui suoi account la passione per l’esercito russo era sorta prima, assieme a quella per le milizie della Wagner. Donbass Devushka non è soltanto Sarah Bils, ma l’account è tenuto in piedi da circa quindici persone che lavorano in varie parti del mondo e che sono accomunate dalla volontà di sostenere il Cremlino nella sua guerra e di farlo dietro all’immagine di una ragazza con gli occhi chiarissimi e minacciosi che tiene in braccio un gatto dall’aria di lince – è questo il logo dell’account. In queste settimane Donbass Devushka è passata dalla propaganda alla diffusione dei documenti riservati: il 5 aprile ha pubblicato quattro delle presunte carte trafugate e questo ha portato diversi account di social media russi ad attivarsi. E’ stato quello il momento in cui il Pentagono si è reso conto della fuga di notizie. Donbass Devushka ha fatto da amplificatore e Sarah Bils ha detto di non aver avuto nulla a che fare con la fuga di notizie, nonostante in molti si siano domandati se anche lei in passato non abbia avuto accesso ad atti riservati. 

 

Donbass Devushka aveva attirato l’attenzione ben prima della diffusione dei documenti del Pentagono, si è dimostrato in questo anno un forte elemento di propaganda, un granitico sostegno alle idee del Cremlino e in pochi avevano dubitato del fatto che dietro all’account ci fossero dei russi. Sarah Bils in alcuni podcast sembra calcare l’accento russo, racconta di origini russe, di un attaccamento particolare al Donbas, ma non ci sono informazioni che lo confermino. 

 

Jack Teixeira, nel pubblicare i documenti riservati, non è stato mosso dalla volontà di danneggiare gli Stati Uniti a favore di altre nazioni. Ma il suo lavoro è finito sotto l’attenzione di altri che invece di quel materiale incandescente erano interessati a cogliere soltanto alcuni aspetti: quelli relativi ai rapporti degli Stati Uniti con i loro alleati e alle debolezze sul campo di battaglia degli ucraini. Tra le carte c’erano molti dettagli che riguardavano Mosca, diverse informazioni che il Cremlino sta cercando di coprire, come le divisioni dentro all’esercito russo o lo spreco delle unità di élite, ma Donbass Devushka ha scelto, selezionato e probabilmente rimodellato le informazioni che più le erano utili: dopo tutto l’account si descrive come impegnato in “una guerra dell’informazione in stile russo”. La guerra dell’informazione di Mosca è iniziata molto tempo fa, si appoggia a  testate come Sputnik e Russia Today che prima dell’inizio dell’invasione erano presenti  in diversi  paesi del mondo per raccontare “la versione russa dei fatti”.

 

 

 

Sui social la guerra dell’informazione è arrivata in fretta e ha avuto un ruolo molto importante in Ucraina dall’inizio del conflitto  nel 2014,  iniziato proprio nel Donbas, dopo l’occupazione della Crimea. Le notizie diffuse dal Cremlino sulle  violenze ai danni dei russofoni nel Donbas hanno iniziato prima a farsi sentire sui social, poi sono entrate con insistenza anche nella televisione di stato russa come preparazione all’invasione. Nei giorni precedenti al 24 febbraio, la parola genocidio era molto pronunciata dai politici e propagandisti russi e spesso corredata di immagini poco veritiere che dovevano testimoniare la violenza. Nell’evoluzione della “guerra dell’informazione in stile russo” c’è anche l’approdo di personaggi come Donbass Devushka, che forniscono a Mosca la possibilità di contare su un pubblico più ampio, non legato soltanto alla Russia, ma a un’organizzazione capillare che coinvolge ogni paese.
 
(Donbass Devushka è scritto secondo la grafia utilizzata dall’account, con la trascrizione di Donbass secondo la grafia russa)
 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.