Da Starlink alla luna, la guerra spaziale cinese

Giulia Pompili

Sulla luna con Pechino e Mosca non ci vuole andare nessuno. Armi offensive in orbita per contrastare i satelliti occidentali

Pechino potrebbe presto dotarsi di contromisure offensive per contrastare le operazioni della Starlink di SpaceX, la costellazione satellitare che serve soprattutto per il servizio internet nelle aree di crisi e che è stata cruciale per la resistenza ucraina. Un giornale scientifico specializzato cinese ha pubblicato qualche giorno fa uno studio, condotto dall’Università di Ingegneria spaziale dell’Esercito popolare di liberazione, che suggerisce la necessità e l’urgenza per la Cina di dotarsi di un suo Starlink. Creare, quindi, una costellazione alternativa di satelliti che abbiano lo stesso obiettivo – un vantaggio strategico in caso di crisi – e allo stesso tempo mettere in piedi un sistema di contromisure efficaci per rendere inutilizzabili i satelliti di Elon Musk. Distruggere i satelliti, si legge nel documento, è fuori discussione: i detriti spaziali creati dalle esplosioni rischierebbero di rendere difficile l’accesso all’orbita. Si suggerisce, quindi, lo sviluppo di laser o onde elettromagnetiche per metterli fuori uso.  


Pechino e i suoi centri studi della Difesa sono alla continua ricerca di un vantaggio strategico rispetto all’America e all’occidente in orbita. Nella visione cinese, questo è un pezzo cruciale dell’opposizione all’ordine mondiale a guida occidentale, ed è importante per interpretare il mondo diviso a metà dei paesi autoritari. In occidente, la minaccia spaziale è un pericolo  che è equiparato all’attacco a un gasdotto o a un’infrastruttura strategica, solo meno evidente per l’opinione pubblica.


La logica della creazione della Space Force da parte dell’Amministrazione di Donald Trump, poco più di tre anni fa, era proprio quella di cercare di spostare l’attenzione delle missioni spaziali da una questione puramente economica, scientifica e diplomatica a una vera Difesa delle infrastrutture strategiche americane e dei suoi alleati in orbita  – nel caso di un satellite attaccato, per esempio, o l’improvvisa sospensione delle comunicazioni via internet. Mentre la Cina usa i media di stato per fare una propaganda vecchio stile sui successi del programma spaziale cinese (si parla, naturalmente, solo dei successi), l’America ha iniziato soltanto adesso a svelare alcune delle sue attività più segrete, come lo Space Rapid Capabilities Office. E’ un’agenzia finora molto poco pubblicizzata, parte della Space Force, con budget autonomo, ed è quella che si occupa di progettare contromisure immediate in caso di crisi.

 

La scorsa settimana Kelly Hammett, il suo direttore, ha parlato per la prima volta a Space News e ha detto di aspettarsi che il Pentagono “pompi più denaro” nei programmi spaziali per competere con la Cina. 

 

Il programma spaziale cinese è inarrivabile, per investimenti e per la sua natura intimamente legata alla Difesa cinese. La prossima settimana dovrebbero arrivare i nomi dei nuovi ministri del gabinetto del leader Xi Jinping – che cambiano dopo il Congresso del Partito dello scorso ottobre. Il nuovo ministro della Difesa cinese dovrebbe essere il generale Li Shangfu, che è l’uomo dello spazio di Xi: “L’ascesa di Li è proporzionale allo sviluppo senza precedenti dell’impresa spaziale cinese da quando Xi Jinping è salito al potere nel 2012”, ha scritto sul Diplomat l’analista aerospaziale Marcus Clay. “Inoltre, segnala al mondo che, in un contesto di crescente intensificazione della competizione tecnologica tra Cina e Stati Uniti, la Cina continuerà a dare priorità all’aerospazio nel suo programma di modernizzazione della Difesa durante il terzo mandato di Xi e oltre”.

 


E come se le dinamiche terrene non bastassero, la Cina, che vuole atterrare sulla luna nel 2029, ha in progetto di ampliare la sua stazione spaziale orbitante Tiangong, vuole vincere la corsa verso Marte, ha un alleato di ferro in questo campo: la Russia. Ieri un approfondimento di Bloomberg notava come nell’ultimo anno, sin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, i funzionari cinesi abbiano cercato di minimizzare, quando addirittura omettere, la collaborazione nello spazio tra Mosca e Pechino. Questa settimana Yury Borisov, capo della Roscosmos, l’agenzia spaziale russa, potrebbe essere in visita in Cina e questo potrebbe cambiare le cose. Mosca ha l’esperienza spaziale, soprattutto nei voli umani, che alla Cina manca. Allo stesso tempo però, negli ultimi dieci anni, Pechino è riuscita a raggiungere risultati impensabili: anche in orbita, il rapporto tra Cina e Russia potrebbe essere molto squilibrato a favore della prima. Poi c’è il fattore soft power, scrive Bloomberg: sebbene il progetto di una “base di ricerca lunare” congiunta tra Russia e Cina sia stata aperta alla collaborazione internazionale, nessuno ha aderito al loro programma. Più di venti paesi hanno aderito al programma Artemis americano per il ritorno dell’uomo sulla luna: “Gli esperti spaziali considerano questa divisione come un segnale di disaccordo su chi dovrà stabilire le regole e gli standard per le future esplorazioni”, scrive Bloomberg. “Tra chi ha aderito agli accordi di Artemis negli ultimi mesi ci sono la Nigeria e il Ruanda, i primi paesi africani a farlo. La loro decisione è stato un colpo politico agli sforzi della Cina per ottenere il sostegno diplomatico dei paesi africani”.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.