Foto di Julian Stratenschulte, via dpa, via AP, via LaPresse 

Quel che cambia in Germania

Dialogante ma ambiguo. La Difesa tedesca secondo il nuovo ministro Boris Pistorius

Daniel Mosseri

Nella Spd dai 16 anni: è noto come "lo sceriffo rosso", ma non è un falco. Non è filorusso: un piglio deciso contro gli amici del Cremlino. Non è anti-russo: ha alzato la voce contro le sanzioni a Putin. Un tipico dirigente socialdemocratico

Berlino. È un filorusso, no è un anti-russo, anzi è un pragmatico. La Germania si interroga sulla figura del socialdemocratico Boris Pistorius, l’attuale ministro degli Interni della Bassa Sassonia che il cancelliere Olaf Scholz ha promosso sul campo ministro federale della Difesa in sostituzione di Christine Lambrecht, dimissionaria da lunedì. Di lui si sa che è un socialdemocratico di ferro: figlio d’arte, sua madre, Ursula Pistorius, è stata deputata per lo stesso partito al Parlamento regionale di Hannover dal 1978 al 1990. Boris si iscrive alla Spd a 16 anni, e non la lascia più. 

 

Pistorius, alla guida degli Interni nel suo Land per tre legislature consecutive (una rosso-verde, una rosso-nero e poi di nuovo una fra Spd e Grünen), è noto anche come “lo sceriffo rosso”. Grazie a lui le espulsioni di immigrati clandestini dalla Bassa Sassonia sono aumentate; nel 2021 Olaf Scholz lo inserisce nella squadra di negoziatori che stilano il programma della coalizione di governo proprio in materia di immigrazione e migrazione. Attenzione però a confondere Pistorius per un falco: all’indomani del Capodanno di Colonia del 2016, teatro di centinaia di abusi sessuali attribuiti a giovani immigrati nordafricani a danno di tante donne scese in piazza a fare festa, sarà sempre Pistorius a tirare il freno sulle espulsioni: “Nessuno può essere espulso verso un paese dove si praticano la tortura o la pena di morte”, dichiarò in controtendenza.

 

Il Pistorius dei rapporti internazionali e delle politiche di Difesa non sembra differire dal Pistorius degli Interni. Lo scorso maggio, il ministro vietò l’ostentazione di simboli filorussi (come la Z putiniana o il nastro dell’Ordine di San Giorgio) dalle manifestazioni della Giornata della Vittoria, quando la Germania ricorda la resa senza condizioni del regime hitleriano agli alleati (8 maggio 1945): “Non permetteremo che questa guerra venga glorificata nelle nostre strade”. E ancora: “È intollerabile che la fine della Seconda guerra mondiale sia associata alla guerra di aggressione contro l’Ucraina, contraria al diritto internazionale”, disse ancora Pistorius, celebrando la ricorrenza a Berlino assieme all’allora ambasciatore ucraino Andrij Melnyk.

 

Un piglio in apparenza molto duro contro gli amici del Cremlino in Germania. Eppure, lo stesso Pistorius nel 2018 aveva alzato la propria voce contro le sanzioni dell’occidente contro Mosca. Non per principio ma perché, aveva spiegato alla Süddeutsche Zeitung, capaci solo di nuocere all’economia rafforzando allo stesso tempo il presidente russo Vladimir Putin. Una posizione peraltro condivisa da tanti altri esponenti della Spd e, con buona pace dei rapporti sull’asse Washington-Berlino, anche da non pochi esponenti della Cdu nei Länder orientali. 

 

Scorrendo all’indietro il curriculum del prossimo ministro della Difesa, il quadro di un politico che ha guardato a Mosca con simpatia si fa più chiaro. Nel 2016 Pistorius si unisce a Doris Schröder-Köpf, ex quarta moglie di Gerhard Schröder, già cancelliere socialdemocratico nonché grande sostenitore di Putin e del gas russo in Europa. Certo, le “colpe” dei mariti, e tantomeno quelle degli ex mariti, devono ricadere sulle mogli ma la signora Schröder-Köpf, parlamentare regionale in Bassa Sassonia per la Spd, fa anche parte del consiglio di amministrazione del Forum tedesco-russo per la promozione delle relazioni fra i due paesi. 

 

Pistorius, che da giovane ha studiato russo e lo parla, è in conclusione un dirigente socialdemocratico molto tipico, amico dell’occidente e dell’America, allergico al radicalismo islamico ma anche aperto al dialogo con la Russia. In questo senso chi si aspettava un segnale di discontinuità da parte del governo Scholz resterà deluso. L’opposizione ha già criticato il cancelliere per aver scelto un politico di rango statale e non federale (ma Pistorius in passato ha anche corso da presidente della Spd) e perché, al pari di Lambrecht, il politico 62enne non avrebbe particolare competenza riguardo al funzionamento della Bundeswehr.

 

Sbagliando, perché il neoministro della Difesa è l’unico esponente del governo ad aver svolto il servizio militare. Ieri Scholz ha difeso la nomina di Pistorius, che giurerà giovedì, definendolo “un politico eccezionale”. Quanto al possibile invio di carri armati Leopard II di manifattura tedesca all’Ucraina, parlando ieri con Bloomberg il cancelliere ha risposto sibillino: “Noi agiamo sempre insieme ai nostri amici e alleati: non andiamo mai da soli”. La decisione, comunque, spetta a lui e non a Pistorius.

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