Per ora l'asse Russia-Iran fa più paura in medio oriente che a Kyiv

Cecilia Sala

I droni iraniani non stanno svolgendo il compito che Mosca sperava di potergli affidare

Ieri i russi hanno lanciato tredici droni iraniani Shahed contro Kyiv, la contraerea ucraina ne ha intercettati tredici su tredici, nessuno ha raggiunto il bersaglio prefissato.  La cooperazione militare tra Mosca e Teheran non si sta mostrando molto efficace almeno nel breve periodo, cioè nel momento del bisogno per la guerra di Vladimir Putin. I droni iraniani dovevano essere l’alternativa economica e immediatamente disponibile in quantità illimitata per colpire le città e le infrastrutture ucraine senza sprecare troppi missili russi, che sono costosi e sono difficili da produrre perché contengono componenti tecnologiche sofisticate. I droni iraniani non stanno svolgendo il compito che Mosca sperava di potergli affidare: sparare con insistenza ai civili e ai soldati ucraini per rendere la loro vita impossibile. Nel secondo caso, per distrarli dalla preparazione della prossima controffensiva. Che la caratteristica principale dei droni suicidi iraniani non sarebbe stata la precisione si sapeva, ma l’elemento spaventoso era che Putin avrebbe potuto lanciarne così tanti, senza sosta, da mandare in tilt la contraerea ucraina. I droni spediti finora dall’Iran non sono sufficienti a portare avanti una strategia simile e l’aviazione di Mosca è rimasta quasi un mese con le scorte finite prima che arrivasse il carico successivo.

 

Se nell’immediato questa cooperazione militare è meno utile a Putin di quanto era stato previsto, ci sono alcuni dettagli che preoccupano per il futuro e riguardano i piani che i due paesi stanno studiando per rendere stabile la partnership. La settimana scorsa il portavoce della Casa Bianca per le questioni che riguardano la sicurezza, John Kirby, ha detto: “La Russia sta offrendo all’Iran un livello senza precedenti di aiuto militare e tecnico che sta trasformando il loro rapporto in una vera e propria partnership di difesa”. In questo momento, secondo gli esperti, fa più paura quello che Mosca può dare a Teheran per utilizzarlo in medio oriente in futuro che quello che la Repubblica islamica ha già messo a disposizione per la guerra in Ucraina. “Penso che sia importante per noi essere chiari: questa partnership rappresenta una minaccia non solo per l’Ucraina, ma anche per i vicini dell’Iran nella regione”, ha concluso Kirby. Sulle agenzie di stampa iraniane vicine ai pasdaran stanno uscendo parecchie notizie sull’arrivo dei caccia Su-35 russi nel paese, che sono chiamati anche: “I migliori aerei di Mosca”. Quelli richiesti dall’Iran sarebbero ventiquattro e anche secondo gli ufficiali americani alcuni aerei potrebbero essere trasferiti nel territorio della Repubblica islamica già nei prossimi giorni o settimane.

 

Il presidente iraniano Ebrahim Raisi e Vladimir Putin avevano parlato al telefono un mese fa di come “cementare la collaborazione” nel lungo periodo, tre giorni prima Raisi aveva incontrato il capo del Consiglio di sicurezza russo Nikolai Patrushev a Teheran. Il 3 dicembre Alexander Fomin, il viceministro della Difesa russa, era in Iran e ha fatto una lunga riunione con il capo delle forze armate. La Casa Bianca dice di prendere in considerazione nuove misure contro le esportazioni iraniane, ma considerando la durezza delle sanzioni già imposte a Teheran –  e con l’accordo sul nucleare dato per morto o “in coma” da tutti gli analisti –  è difficile che la diplomazia economica possa scoraggiare un patto con Putin. Ciò che la Repubblica islamica ha ancora da temere  sono le sanzioni delle Nazioni Unite, più che quelle occidentali: nell’accordo del 2015  c’è una clausola che vieta di trasferire o ricevere dall’Iran missili con un raggio più lungo di 300 chilometri. Sono i missili di cui i russi avrebbero bisogno. La clausola scade tra meno di un anno, a ottobre del 2023: Teheran potrebbe aspettare oppure, secondo fonti israeliane sentite da Axios, modificare i missili perché abbiano un raggio più corto. Israele guarda con attenzione, perché dalla contrattazione in atto i pasdaran vogliono ottenere due cose: armi potenti come i Su-35 e che Putin tolga i limiti che fino a oggi ha imposto agli iraniani in Siria, cioè alle porte dello stato ebraico.

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