editoriali
L'austerità 2.0 di Sunak
Dopo la Brexit e le fantasie di Truss, Londra si risveglia con più tasse e meno spese
La realtà sbatte in faccia al Regno Unito. Dopo la sbornia e i sogni per le “opportunità” della Brexit è arrivato il momento di fare i conti, e non è una metafora. Il neo premier Rishi Sunak ha inaugurato la nuova èra di austerità britannica, non solo con tagli alla spesa come ai tempi di David Cameron e George Osborne, ma anche con aumenti delle tasse. Il cancelliere dello Scacchiere Jeremy Hunt ha presentato una manovra che ha lo scopo di riportare in equilibrio i conti pubblici e controllare l’inflazione. “Confermo due regole: la prima è che il rapporto debito/pil deve diminuire per i prossimi cinque anni (ora è al 97,4 per cento), la seconda che in questi anni il deficit dovrà restare sotto il 3 per cento”. Regole che piacerebbero ai falchi dell’Ue, in linea con gli obiettivi del Patto di stabilità.
Come sintetizza lo Spectator, l’Austerità 2.0 sarà il tema dell’èra Sunak. Prima di essere spazzata via, Liz Truss faceva la cosplayer di Margaret Thatcher e prometteva tagli di tasse in deficit per far decollare l’economia, dimenticando che a portare al successo la Lady di ferro furono la spinta riformatrice, l’abbattimento dell’inflazione e il riequilibrio dei conti. Sunak è stato più franco, spiegando che bisogna tassare dove si può, tagliare dove si deve, e aspettare i risultati: i tagli alle tasse portano crescita quando “ricompensano” il buono stato dei conti e dell’economia. Ma ora è tardi, prima di arrivare a quel momento il Regno Unito deve superare una lunga notte. La macchina statale è il 50 per cento più grande di quanto non fosse sotto Tony Blair, tutti dovranno pagare di più, non solo i redditi alti. I lavoratori che guadagnano meno pagheranno più tasse e subiranno un taglio salariale in termini reali, vista l’inflazione elevata. I lavoratori part-time subiranno anche riduzioni del welfare, alimentando la crisi sociale. Probabilmente i britannici supereranno anche questa crisi, ma la Brexit e le sue fantasie rimangono nella storia come un danno autoinflitto. Nel migliore dei casi saranno solo anni perduti, nel peggiore scellerati.
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