Il caos inglese. Come si  scatena una crisi in 25 minuti

Paola Peduzzi

I silenzi di Liz Truss e la furia di mercati, media e dei suoi Tory. La premier e il suo cancelliere dello Scacchiere Kwasi Kwarteng sono la coppia del disastro finanziario

Milano. Liz Truss, premier britannica, ha rotto il silenzio degli ultimi giorni dopo le sue controverse (eufemismo) decisioni sulle finanze del Regno Unito, concedendo interviste a otto radio locali del paese, e probabilmente si è pentita. Per tutta la giornata di ieri le clip audio delle sue risposte vaghe e dei suoi silenzi di fronte alle domande martellanti hanno occupato la bolla dei commentatori della politica inglese  – Pippa Crerar del Guardian aveva detto la sera prima: “Sarà dura, alcuni di questi giornalisti sono bravissimi sulle questioni economiche”. E’ stata dura, la Truss ne è uscita più a pezzi di quanto già non fosse quando stava zitta. 

 

Ricapitoliamo che cosa è successo, con l’aiuto di Joe Mayes, giornalista di Bloomberg. Truss ha vinto le primarie interne dei Tory che l’hanno portata a Downing Street ripetendo di voler introdurre misure pro crescita, aumentando il deficit, rifiutando l’ortodossia del Tesoro, fino a quel punto guidato dal suo rivale, Rishi Sunak, che appariva “cauto, disciplinato e concentrato sul contenere l’inflazione”. I mercati si erano già agitati all’inizio di settembre, quando era stata scelta la Truss, e i trader già anticipavano perdite consistenti soprattutto del valore della sterlina. Mayes precisa: “Non c’era soltanto l’aspettativa negativa rispetto all’arrivo della Truss: il dollaro statunitense è forte da mesi, in seguito all’aggressiva politica della Federal Reserve di aumento dei tassi di interesse, a una velocità superiore a quella adottata dalla Banca d’Inghilterra”. Quindi non tutto è “effetto Truss”, ma di certo lei avrebbe dovuto mettere in conto che s’affacciava con la sua annunciata rivoluzione economica su mercati scettici e un’economia americana rafforzata.

 

Una settimana fa, il cancelliere dello Scacchiere Kwasi Kwarteng, ha presentato, con un discorso di 25 minuti, il piano, che include il taglio delle tasse più grande dal 1972 e 70 miliardi di sterline di extradeficit per compensare la crescita dei prezzi dell’energia. I mercati sono impazziti e Mayes spiega un elemento decisivo di questa crisi, che ha a che fare con la capacità di un governo di comprendere il mondo in cui opera: i mercati sono come “un concorso di bellezza”, sei sempre giudicato relativamente a quello che fanno gli altri paesi, dove gli investitori possono mettere i loro fondi. Se sembri meno affidabile o meno sicuro degli altri, i soldi vanno da un’altra parte. Così è successo. Poi ci sono gli errori specifici di Kwarteng: non ha pubblicato una previsione fiscale indipendente dell’ufficio per il Budget come accade sempre; non ha annunciato un piano di medio termine per rimettere in sesto i conti; ha licenziato il più conosciuto e anziano funzionario del Tesoro, quel Tom Scholar che aveva molti dubbi su questa costosa strategia pro crescita ma che rappresentava per gli attori esterni una garanzia di esperienza. La punizione dei mercati è stata immediata: venerdì scorso, dopo l’annuncio, la sterlina ha iniziato a scendere e così i bond inglesi.

 

Nel fine settimana Kwarteng ha detto: ci saranno ulteriori tagli, così lunedì mattina la sterlina è collassata, cosa che per un paese importatore come è il Regno Unito significa un aumento dei prezzi ai consumatori. Intanto indebitarsi è diventato all’improvviso molto più costoso, cosa che ha allarmato la Banca d’Inghilterra che frettolosamente ha annunciato di non avere “esitazioni” nel cambiamento dei tassi di interesse ove necessario. Martedì c’è stata una tregua, un po’ altalenante, ma c’è stata. Mercoledì il Fondo monetario internazionale ha bocciato il piano inglese e la Banca d’Inghilterra è corsa ai ripari nel mercato dei titoli per provare a stabilizzarlo, senza successo al punto che molti hanno detto: ok, la crisi finanziaria è qui, e comincia dai fondi pensione. Secondo Mayes, il governo è a un bivio: insistere “incrociando le dita” o fare un passo indietro, i mercati apprezzano molto la resipiscenza. Dalle dichiarazioni della Truss di ieri sembra che sia stata scelta la prima strada, e infatti la punizione dei mercati è continuata. Come quella dei media: l’Economist mette una barchetta che affonda in copertina, con su la premier e il suo cancelliere e titola: “Come non si guida un paese”. La più divertente è la copertina dello Spectator, magazine conservatore che fu johnsoniano e fu pure sunakiano, che in copertina ha i soliti due seduti a un tavolino con attorno macerie e fiamme e lo sguardo perso nel vuoto. Titolo: “Quale crisi?”.  

 

 

Il Partito conservatore, che domenica si ritrova a Birmingham per la conferenza annuale, che è da mesi in preda a una lotta interna feroce (che ha portato anche alla defenestrazione a luglio di Boris Johnson, l’unico che, dicono i maligni, sorride beffardo costruendo il proprio ritorno: per noi già pazzi della serie tv “This England”, il sorriso è quello di Kenneth Branagh e crea dipendenza) e che non ama la Truss, è già in attesa del sacrificio: o licenzi il tuo cancelliere Kwarteng o noi licenziamo te. Poi si sintonizzano su Channel 4, dove è cominciato il reality show “Make me Prime Minister” – dodici concorrenti devono dimostrare di avere quel che serve per diventare primo ministro – e prendono appunti.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi