La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen (Ansa)

Il guaio dell'Ue con l'energia. La strategia che manca per una nuova transizione

Chicco Testa

L'Europa puntava sull’assunto che le materie prime energetiche, in particolare il gas, avrebbero continuato a fluire abbondanti e a prezzi contenuti. Poi la Russia ha invaso l'Ucraina e tutto è cambiato. E il nuovo programma RePowerEU sembra prendere atto della situazione, solo in parte

Sono passati in fondo pochi mesi, ma tutto è cambiato. Eppure la strategia europea per l’energia sembra non rendersene conto e fa molta fatica a prendere atto della nuova situazione. La precedente impostazione, il programma FIT for 55, si basava fondamentalmente sull’assunto che le materie prime energetiche, in particolare il gas, avrebbero continuato a fluire abbondanti e a prezzi contenuti verso l’Europa, in particolare dalla Russia. La Germania metteva in conto di aprire il secondo gasdotto, il North Stream 2, capace di importare l’equivalente  dell’intero consumo italiano di un anno.

 

Su queste basi e con le spalle ben coperte l’Europa avrebbe dovuto muoversi verso la transizione verde, fondata fondamentalmente su due obiettivi: aumentare il tasso di penetrazione di energia elettrica nei consumi europei (oggi l’elettricità rappresenta circa solo il 20 per cento dei consumi energetici finali totali) e soddisfare sia il vecchio bisogno di elettricità sia la necessaria nuova produzione  aggiuntiva con le rinnovabili. Strategia che sollevava più di una perplessità sia per l’ambizione degli obiettivi e la grandezza di numeri in gioco, molto sfidanti, sia per le notevoli difficoltà tecniche (stato delle reti, accumuli, costo produzione idrogeno solo per citarne alcuni). Ma da allora tutto è cambiato. La crisi internazionale ha messo l’Europa di fronte alla insostituibilità  per un lungo periodo, decenni, dei combustibili fossili e all’impossibilità di liberarsi dal gas e dal petrolio russi.

 

Tanto è vero che le sanzioni verso la Russia in questo campo sono molto deboli e sempre posticipate. Si veda la storia dei pagamenti in rubli. Sopratutto è venuto a mancare uno dei presupposti della transizione: l’equità. Famiglie e imprese stanno pagando prezzi colossali e i governi sono costretti a stanziare cifre ingenti per ridurne l’impatto. Senza per altro riuscire ad arrestare gli effetti recessivi e quelli inflazionistici della situazione. Il nuovo programma RePowerEU sembra in parte prendere atto della situazione. Vi è la consapevolezza per esempio di dovere rimpiazzare il gas russo con fornitori di altri paesi e con diversi mezzi, pipeline e rigassificatori. Cosa che i governi pressati dalla situazione stanno già facendo. Dimenticando però, come ha fatto osservare Alberto Clò,  che il problema  principale è rappresentato dalla scarsità di offerta e quindi dal sicuro aumento dei prezzi.  Accanto a questo vi è il rilancio degli obiettivi del FIT for 55. L’asticella , aumento delle rinnovabili, aumento dell’efficienza energetica, aumento della produzione di  idrogeno viene posta sempre più in alto ed in tempi sempre più accelerati. Incuranti sia delle difficoltà che dei costi. Con qualche ambizione fuori portata come quando la UE si propone di accelerare il phase-out internazionale del carbone , nel momento in cui la Cina ne aumenta il consumo, l’India riapre le miniere, e persino in Europa nazioni come Italia e Germania sono costrette a spingere al massimo gli impianti a carbone esistenti per ridurre il consumo di gas e abbassare i prezzi. Si punta sull’importazione di idrogeno naturalmente solo verde triplicando gli obiettivi del Fit for 55, e ipotizzando di importarlo dalle regioni del Golfo (?). Non si capisce con quali tecnologie e a quali prezzi.

 

Altre cose, come l’obbligo di installare pannelli fotovoltaici sugli edifici pubblici e sulle case di nuova costruzione, l’innalzamento del target di efficienza energetica, l’introduzione obbligatoria di pompe di calore fanno parte del volontarismo europeo che temo non valuti con sufficiente attenzione i costi per le famiglie. O per gli stati, come in Italia con il 110. Non mancano annotazioni comiche come la spinta per l’eliminazione  degli incentivi ai combustibili fossili, mentre i governi stanno defiscalizzandoli per contenerne i prezzi. Sembra che talvolta in Europa ci sia una discreta confusione. O una colpevole inerzia di idee. Evidentemente nessuno degli estensori del programma ha fatto il pieno negli ultimi mesi. O è al corrente delle crisi dei trasporti commerciali. Insomma un insieme alquanto raffazzonato e scarsamente meditato di misure. Destinate, temo, ad essere smentite dai fatti. 
 

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