Il fattore k

Pechino può aiutare Putin nella sua brutale invasione con il cibo, non per forza con le armi

Giulia Pompili

Secondo due fonti della Cnn, tra le richieste della Russia alla Cina ci sarebbero i kit  alimentari militari preconfezionati e non deperibili, quelle che ai tempi della Seconda guerra mondiale l’esercito americano chiamava razioni K

Mosca avrebbe chiesto aiuto alla Cina per poter proseguire la sua invasione dell’Ucraina, e la Cina avrebbe manifestato un’apertura a farlo. L’informazione è arrivata ieri attraverso dei cablogrammi inviati dal Dipartimento di stato americano agli alleati in Europa e in Asia, che sono ancora segretissimi, ma secondo diverse fonti, anche del Foglio, nell’avviso non ci sarebbero i dettagli delle richieste fatte da Mosca a Pechino. Per la Casa Bianca è molto importante in questa fase mandare un messaggio chiaro ai paesi Nato e Ue: la Cina potrebbe minare gli sforzi congiunti di isolare la Russia, piegarla economicamente e costringerla a fermare le ostilità.

 

Con la sua strategia dell’intelligence trasparente, che da mesi metteva in guardia sull’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, Washington ha conquistato un certo livello di credibilità tra gli alleati e “non c’è motivo di non credergli”, dice una fonte della diplomazia dell’Ue al Foglio. I dettagli delle eventuali richieste da parte di Mosca alla Cina servono a capire se, come e quanto Pechino potrebbe essere utile all’invasione russa. E soprattutto com’è messo l’esercito russo dal punto sul piano tecnico-militare. Un primo indizio arriva dalle razioni militari. Secondo due fonti della Cnn, tra le richieste della Russia alla Cina ci sarebbero i kit  alimentari militari preconfezionati e non deperibili, quelle che ai tempi della Seconda guerra mondiale l’esercito americano chiamava razioni K. 

 

Diverse analisi indipendenti da giorni dimostrano che l’operazione militare russa, magnificata dai media del Cremlino, sia in realtà un  fallimento dal punto di vista della logistica, e che la Russia ha difficoltà perfino a far mangiare i suoi soldati sul campo. Non solo: circolano online video di soldati russi che consumano pasti pronti scaduti da anni, ed è un dettaglio non di poco conto considerato che i contratti di appalto per la fornitura di razioni militari, secondo un’inchiesta di Forbes del 2013, sono tutti con società riconducibili a Evgenij Prigožin, l’imprenditore-chef fedelissimo di Putin. Un’altra grossa inefficienza di personalità legate a Putin. 

 

Se si trattasse solo di fornire pasti pronti, la Cina potrebbe essere più aperta ad aiutare la Russia. Al contrario, fornire armi o equipaggiamento militare sarebbe considerato dall’alleanza occidentale come un coinvolgimento diretto da parte di Pechino. E su questo ieri si concentravano le analisi internazionali: la leadership cinese difficilmente fornirà in modo diretto  assistenza militare alla Russia, perché teme le sanzioni secondarie e anche le sanzioni dirette minacciate ieri dal Dipartimento di stato americano contro “chiunque aiuti la Russia”. Il cibo, sotto forma di kit pronti, potrebbe essere fatto passare come “aiuti umanitari” da parte cinese.

 

Ieri si parlava anche della possibilità che Mosca abbia chiesto a Pechino una fornitura di hardware dual use, quelli che fanno funzionare droni, missili terra-aria, veicoli e apparecchi tecnologici militari. Alexander Gabuev del Carnegie Moscow Center spiegava ieri su Twitter che questo genere di commesse sono però legate a contratti tra i due paesi precedenti alla guerra d’invasione di Putin, e che comunque ci vorrebbero anni per adattare gli strumenti russi agli hardware cinesi. Non sarebbe quindi un sostegno diretto alla guerra di queste settimane e di certo non una richiesta “disperata di aiuti militari”. Mentre la guerra per Putin si fa più dura e costosa,  sembrano soprattutto i soldati a essere in emergenza, più che gli armamenti militari.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.