tra bielorussia e polonia
L'Ue alle prese con due bulli e mezzo
Il teppista Lukashenka minaccia di tagliare il gas, ma deve prima chiedere il permesso a Putin, che anziché placare la crisi dei migranti, trolla. Poi c’è Erdogan, che vede le sanzioni e ci ripensa
“Forniamo calore agli europei e loro ci stanno minacciando di chiudere le frontiere. E se bloccassimo il transito di gas?”. La minaccia da bullo è di Aljaksandr Lukashenka, il dittatore bielorusso che da un anno conduce una battaglia contro il suo stesso popolo, dopo essersi autoproclamato vincitore di un’elezione persa, e che da qualche mese cerca in ogni modo di mettere in crisi chi contesta il suo sopruso: l’Europa. Lo ha fatto con un’arma che l’Ue stessa, suo malgrado, gli ha consegnato, e che prima di lui avevano utilizzato altri: i migranti. Da giugno gli uomini di Lukashenka portano persone che provengono soprattutto dal medio oriente alla frontiera con Lituania, Polonia e Lettonia. I numeri degli arrivi non sono da crisi migratoria – finora ne sono entrati circa seimila – ma sono i metodi a essere brutali – e tutto avviene all’interno di uno schema che il regime bielorusso ha orchestrato dall’inizio alla fine: non si affida a trafficanti, è lui il trafficante. “Consiglierei – ha continuato Lukashenka – alla leadership di Polonia, Lituania e ad altre persone senza cervello di pensarci su intensamente”. Il dittatore minaccia per evitare che l’Ue gli imponga nuove sanzioni ed è molto infastidito dal fatto che Varsavia abbia chiuso uno dei principali valichi di frontiera: in alcuni punti, ci vogliono più di cinquanta ore per attraversare il confine e a rimanere bloccati sono soprattutto i camion che trasportano merci. Lukashenka ha detto di aver incaricato il suo primo ministro di pensare a misure di ritorsione, come tagliare l’erogazione di gas naturale chiudendo il gasdotto Yamal. Dall’Ue ha risposto Paolo Gentiloni, commissario europeo all’Economia, che ha detto che gli europei non si fanno “intimidire da Lukashenka”, e che la decisione di tagliare il gas non può neppure prenderla. Il gasdotto Yamal appartiene alla russa Gazprom e qualsiasi taglio deve essere approvato da Mosca.
Il Cremlino in questa crisi osserva e si muove con calcolo, vuole aumentare il suo peso nei confronti dell’Ue e Lukashenka gli sta offrendo una grande opportunità. Vladimir Putin avrebbe l’occasione di rimettere in riga il bielorusso ma questo non servirebbe ai suoi scopi, e così gli aerei della compagnia russa Aeroflot sono tra quelli accusati di portare i migranti a Minsk. Mosca in questa crisi fa quello che fa sempre: trolla. Dice che gli europei hanno partecipato alla guerra in Iraq e in Afghanistan quindi hanno il dovere morale di accogliere i migranti o dovrebbe pagare la Bielorussia per tenerli. Al telefono con la cancelliera tedesca Angela Merkel, Putin si permette di condannare le scene di disperazione al confine. La Russia non ha alcun interesse a fermare Lukashenka. Il problema sorge però quando il bielorusso nella sua foga di manifestare potere fa minacce come quella di chiudere il gasdotto Yamal. La mente di Lukashenka ormai è sottosopra, il suo paese è sottosopra, e si appoggia alla Russia in modo tale da risplendere un po’ della sua potenza, e Putin lo tollera perché gli offre l’opportunità non soltanto di fare il teppista con l’Europa, ma anche di farlo con Minsk: più Lukashenka combina guai, più si rende ricattabile. Il dittatore cerca anche di trascinare Mosca in un conflitto. Racconta che “con insolenza” il confine europeo è sempre più militarizzato, Putin, per accontentarlo e far sentire la sua presenza all’Ue, gli manda due aerei a pattugliare i cieli e altri due a fare prove di bombardamento. Nel frattempo dalla tv bielorussa, un conduttore di regime urla: “Non vi ha insegnato nulla il 1939? Non avete chance, polacchi! Se non vi convincono le lacrime dei bambini, vi convinceranno i bombardieri Tu-22M3 delle forze aeree della Federazione russa. Potete già buttare i vostri rottami della Nato. Iniziate a fuggire!”.
C’è un terzo bullo che per un po’ ha preso parte a questa compagnia: Recep Tayyip Erdogan, il presidente turco. Molti dei migranti che arrivano a Minsk partono da Istanbul, alcuni, secondo la polizia tedesca, anche a bordo di aerei della Turkish Airlines. La compagnia aerea, che nei giorni scorsi ha negato il suo coinvolgimento,ora sarebbe pronta a non trasporterà più in Bielorussia cittadini che vengono dal medio oriente. Erdogan si è tirato indietro appena in tempo, prima delle sanzioni dell’Ue, che prevedono di colpire le compagnie aeree di paesi terzi impegnate nel traffico di migranti.
I conservatori inglesi