Notre-Dame sarà “il simbolo della sovranità restaurata”, così vuole Macron 

Mauro Zanon

Il presidente francese è ossessionato dalla questione della legittimità e dai rapporti tra nazione e sacralità laica, storica e religiosa. Così la ricostruzione della cattedrale dopo l'incendio di due anni fa diventa un test politico e una prova di rinascita della Francia dopo il Covid. Conversazione con lo storico Mathieu Lours 

Notre-Dame è sempre stata “la parrocchia dello stato” francese, secondo un’espressione introdotta nel Diciottesimo secolo. Dal voto di Luigi XIII per consacrare la Francia alla Vergine Maria a Napoleone che a Notre-Dame incorona se stesso, re, imperatori e capi dello stato hanno utilizzato nel corso dei secoli il potere unificatore di questo “maestoso e sublime edificio” (Victor Hugo) e hanno sfruttato la forza di un monumento che non è mai stato soltanto un luogo di culto ma anche un testimone della civiltà francese: l’anima della “Francia figlia primogenita della Chiesa”.

 

Anche l’attuale inquilino dell’Eliseo, Emmanuel Macron, incarna questa tradizione, o meglio questa “passione francese”, come racconta Mathieu Lours, storico e professore di Storia dell’architettura presso l’Università di Paris-Cergy, nella sua ultima opera: “Notre-Dame des siècles: une passion française” (Éditions du Cerf). “Macron si situa nella continuità dei secoli. E’ un presidente ossessionato dalla questione della legittimità e dal rapporto tra la nazione e le sacralità che le ruotano attorno: sacralità laica, storica, ma anche religiosa. Così come ha unito la sinistra e la destra secondo una logica di sintesi, vuole unire il passato e il presente, il sacro e il laico in Notre-Dame”, dice al Foglio Mathieu Lours, secondo cui il rifacimento della cattedrale gotica parigina, funestata da un incendio il 15 e il 16 aprile 2019, è diventato “il grande cantiere del quinquennio” di Macron. 


“Notre-Dame è sempre stata un luogo che ha legittimato il potere. Durante la guerra dei cent’anni, Enrico IV d’Inghilterra fu incoronato re di Francia a Notre-Dame de Paris e non a Reims. Dopo la profanazione rivoluzionaria, Napoleone cerca la legittimità nella cattedrale parigina con l’incoronazione del 1804. Nell’agosto 1944, Charles De Gaulle andò a Notre-Dame non solo per celebrare la Liberazione ma anche per legittimare il suo potere in Francia”, spiega al Foglio lo storico francese. In un articolo pubblicato ad aprile sul Point, Mathieu Lours ha parlato di “Notre-Dame della resilienza”, riflettendo attorno al ruolo politico della cattedrale conferitole da Macron e dai suoi ministri. “Nell’attuale contesto, Notre-Dame è il cantiere che accompagna la Francia in una prova durissima che è quella della pandemia. C’è stato un trauma patrimoniale, Notre-Dame in fiamme, dovuto però a un incidente, non a un bombardamento da parte di un nemico. Ma allo stesso tempo, con il Covid, abbiamo vissuto ‘tempi di guerra’: coprifuoco, chiusure, sospensione delle libertà. La riedificazione di Notre-Dame si è così connessa a un contesto quasi bellico: è diventata il cantiere della resilienza, il simbolo di una rinascita, di un ritorno alla ‘vita di prima’”, spiega Lours. 


La ricostruzione della guglia di Viollet-le-Duc, divorata dalle fiamme due anni fa, non sarà oggetto di un “geste architectural contemporain”, come lasciava intendere Macron nei giorni immediatamente successivi all’incendio: sarà costruita tale e quale a prima, senza concorso internazionale. Per Lours, è stata la pandemia a far cambiare idea ai vertici della République, e a orientarli verso una cattedrale “al passo coi tempi”. “Macron è stato eletto come presidente della globalizzazione e della start-up nation, ma il Covid ha mostrato le fragilità nazionali”, sottolinea lo storico. “Come l’industria e il sistema sanitario che Macron vuole ricostruire su base nazionale, senza dipendere dall’estero, Notre-Dame sarà la cattedrale della sovranità restaurata: costruita con gli alberi delle foreste francesi, con materiali nazionali”.

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