AP Photo/Elise Amendola 

il ritratto

La morte di Powell e la storia di un'immagine spiegata alle masse fanatizzate

Giuliano Ferrara

Una foto ha cancellato la grande carriera repubblicana dell’illustre generale e politico. Un servizio pubblico di enorme importanza svilito a congiura

È ricordato per una fotografia, Colin Powell, morto lunedì di Covid. Mostra all’Onu nel 2003 un’ampolletta e dice che Saddam ha o sta per avere armi di distruzione di massa. È una verità della politica, che è sempre verisimiglianza e calcolo dell’ignoto, ma dopo la fine della guerra al dittatore passa nel mondo ideologizzato del pacifismo come una menzogna. Chi ha decretato di non aver trovato le armi di Saddam? I vincitori della guerra in Iraq, e tra questi Colin Powell e i suoi uomini sul campo. Non una commissione indipendente incaricata di sbugiardare il potere militare, non un giornalista eroe dei tanti che si affollano in scena, no, furono i servizi e le altre agenzie che avevano calcolato la probabilità. La cosiddetta menzogna di Powell è un’eventualità non avvenuta e certificata da Powell stesso, come succede in tutte le democrazie liberali dove i militari, i servizi e altre agenzie del potere dicono la verità, anche quando sono tutelati virtualmente dal segreto e potrebbero tranquillamente mettere armi chimiche in un sito caduto nelle loro mani e dire di avercele trovate. 

 

Donald Rumsfeld, che fu compagno d’avventura di Powell e di George W. Bush e di Cheney, spiegò questo concetto “inspiegabile e incompreso” da masse fanatizzate, e lo fece con una catena di aforismi politici di prima grandezza. Disse che esistono le cose che si sanno per certe (known known), le cose che si sospettano ma non si possono dimostrare perché custodite nel segreto (known unknown), e le cose che appunto si calcolano nell’ignoto dell’antagonismo tra poteri ma di cui si sa nulla, eppure si deve decidere dell’eventualità (unknown unknown). Gli israeliani anni prima della guerra che infine spodestò Saddam avevano bombardato un suo sito, quello di Osirak, che si sospettava fosse un reattore di preparazione all’arma atomica. Era un unknown unknown, probabilmente, ma per la loro sicurezza preventiva i militari israeliani e tutta la classe dirigente sono disposti a fare la cosa giusta anche quando il giusto naviga nell’ignoto

Quindi la fotografia che ha cancellato la grande carriera repubblicana dell’illustre generale e politico morto oggi era un monumento insipido al moralismo della verità e un simbolo aggressivo di antipolitica credulona. In un mondo in cui le guerre sottostanno alla legge dell’immagine e dei social, e allora i social erano la televisione, che fece di una decisione politica fatale dopo l’11 settembre un tema da talk-show, occorreva una fotografia che divenisse l’emblema di un complotto il cui senso cospirativo era dato dall’esercizio del potere di guerra all’insegna della menzogna: e la ebbero. Tutti sapevano che la distruzione del regime saddamita era una delle precondizioni per la difesa attiva dell’occidente dopo l’aggressione terroristica al World Trade Center e al Pentagono. Ma abbiamo voluto credere che un pugno di folli guerrafondai aveva inventato le ragioni di una guerra che non si sarebbe mai dovuto intraprendere. Il complotto dei cattivi di cui fanno le spese le buone coscienze. 

Powell era l’opposto di un cospiratore del deep state, per dirla con le fregnacce che verranno in voga nell’epoca di Trump. Bravo in Vietnam, eccellente capo della Sicurezza nazionale sotto Reagan, questo nero dalla faccia perbene, che ha sempre vissuto nell’ordinario e ha sempre rifiutato l’avventura della politica, aveva messo insieme la grande coalizione militare e politica che sotto Bush padre cacciò Saddam dal Kuwait dopo l’invasione che fu la sua precedente impresa di follia, e sotto Bush figlio, da segretario di stato, provò a fare il suo mestiere in un teatro dell’assurdo in cui la diffusione della democrazia e la guerra alle dittature filoterroriste erano destinate a diventare menzogne e complotti. Pagò lo scotto di un servizio pubblico di enorme importanza svilito a congiura sebbene consacrato dalle due più importanti medaglie al valore americane, e pagò lo scotto con un’immagine falsa che ha cancellato quella vera, la sua.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.