Il presidente della Fed Jerome Powell (AP Photo/Jacquelyn Martin)

La sinistra americana vuole la testa del presidente della Fed

Giorgio Arfaras

C’è una fronda che preme su Biden per impedire la riconferma di Powell e continuare a stampare soldi

Al centro della narrazione sulle vicende delle banche centrali si trova il governatore, come se fosse una divinità che può generare il Bene come il Male. Nel caso di Mario Draghi, quando era il governatore della Banca centrale europea, si poteva sia affermare che aveva salvato l’Europa con il “whatever it takes”, sia denunciarlo come colui che aveva rovinato i piccoli risparmiatori con i suoi tassi di interesse nulli o negativi. Nella stampa popolare tedesca la caricatura di Draghi era, infatti, quella di un vampiro che succhiava il sangue (dei risparmiatori). Nel caso di Jerome Powell, il governatore della Federal Reserve (la Banca centrale degli Stati Uniti), si hanno, in vista della fine del suo mandato che scade all’inizio del prossimo anno, delle prese di posizione da parte della sinistra del Partito Democratico. Alcuni di loro sospettano che Powell, divenuto governatore ai tempi di Donald Trump, possa non condividere lo sforzo di Joe Biden volto a forzare l’economia nella direzione delle infrastrutture, dell’ecologia e dell’uguaglianza.

 

Nella narrazione sulla banca centrale degli Stati Uniti si usa ricordare quale presidente abbia nominato quale governatore. Nel nostro caso Trump ha nominato Powell. Peccato che le politiche monetarie siano decise nel corso del tempo, e quindi che chi ha nominato chi non abbia poi un gran peso. Esse, infatti, variano per delle circostanze imprevedibili che poco hanno a che vedere con il presidente e il partito che ha nominato il governatore. Powell, come prima di lui i governatori Ben Bernanke e Janet Yellen, hanno reagito alla recessione che faceva capolino abbattendo (o mantenendo invariati) i tassi di interesse e incrementando (o decrementando) gli acquisti di obbligazioni (il Quantitative Easing). Non vi è stata quindi un’impronta partitica nei comportamenti di chi ha preceduto Powell, e neppure in quest’ultimo. Che cosa farebbe mai Powell se continuasse a governare dall’anno prossimo?

 

Se l’economia si surriscaldasse generando un’inflazione duratura per effetto delle politiche monetarie che hanno finanziato a costi contenuti l’espansione fiscale, Powell dovrebbe agire alzando i tassi. Ma un rialzo non modesto e non temporaneo dei tassi farebbe flettere i prezzi delle obbligazioni (le obbligazioni di nuova emissione avrebbero cedole più alte, e quindi quelle emesse dovrebbero, avendo cedole più basse, flettere di prezzo per equiparare i rendimenti), e delle azioni (con un maggiore fattore di sconto – il maggior rendimento delle obbligazioni – il valore attuale degli utili delle imprese è inferiore). Messa di fronte alla scelta – se fermare l’inflazione alzando  i tassi oppure non fermarla del tutto per non far collassare i mercati finanziari (che non sono solo il terreno di caccia dei ricchi ma anche la fonte del finanziamento delle pensioni ad accumulazione) – che cosa farebbe mai di diverso la banca centrale se guidata da un governatore di destra oppure di sinistra?

 

Per ora le banche centrali, quindi non solo quella statunitense, prevedono un rialzo temporaneo dell’inflazione. Il rialzo è legato al ritorno della domanda a fronte di un’offerta ancora rigida, che però con il tempo dovrebbe aumentare. Si avrebbe così un rialzo limitato che può essere affrontato con un rialzo modesto dei tassi di interesse. I mercati finanziari la pensano allo stesso modo e infatti continuano a navigare intorno ai massimi. Ma allora, se non vi sono delle critiche convincenti all’operato passato e futuro di Powell, qual è la ratio delle critiche da parte della sinistra democratica che stanno dietro il proposito di sostituirlo?

 

Esiste una corrente di pensiero – quella della Modern Monetary Theory (Mmt) – che crede che si possa espandere l’intervento pubblico (istruzione, sanità, infrastrutture) senza alzare le imposte  e quindi senza l’opposizione che si avrebbe da parte di chi le paga. Com’è possibile? Una crescita dell’intervento pubblico senza una crescita delle imposte si può avere con la banca centrale che stampa moneta. Nella Mmt non si ha una vera disamina degli effetti inflazionistici della maggior spesa finanziata sistematicamente con moneta. Andrebbe ricordato ai suoi seguaci che in Italia fino al 1981 si aveva da parte della banca centrale l’acquisto del debito pubblico non assorbito dai privati, ossia si aveva il finanziamento monetario di una parte del deficit pubblico. Gli effetti negativi sull’Italia di questa politica dovrebbero far riflettere.

 

Esiste una seconda corrente di pensiero. I seguaci delle politiche keynesiane tradizionali pensano che il moltiplicatore – cioè di quanto aumenta il reddito nazionale per ogni dollaro aggiuntivo di spesa o di taglio delle imposte –  è maggiore di 1 per la spesa pubblica per investimenti e inferiore a 1 per il taglio delle imposte. Perciò, se si espandesse il bilancio in deficit per finanziare gli investimenti pubblici, anche se lo si finanziasse non con moneta come nel caso della Mmt ma con l’emissione di obbligazioni, il reddito nazionale crescerebbe più di quanto avverrebbe fatto col solo taglio delle imposte. Portata all’estremo, questa proposta suona così: si emette debito che finanzia opere pubbliche, ossia obbligazioni “di scopo”; queste ultime sono acquistate anche dalla Banca centrale; avremmo un nuovo Quantitative easing, ossia l’acquisto di obbligazioni da parte della Banca centrale, che però non si concentra più solo sui titoli del Tesoro – che per loro natura sono “generici” – bensì sui titoli “dedicati”. Questa proposta era stata fatta dal segretario laburista britannico Jeremy Corbyn, e il suo nome pop era “Quantitative Easing for the people”.

 

In conclusione, secondo la sinistra democratica, la Federal Reserve senza Powell dovrebbe finanziare con moneta oppure con l’acquisto di obbligazioni di scopo i grandi deficit che si produrranno lungo il percorso di rinnovamento della nuova amministrazione.