Un nuovo samizdat
L'evoluzione del dissenso russo, dall'online alla strada
Navalny, il Cremlino, e quella rincorsa su internet alle informazioni, diffuse e manipolate
In Russia la clandestinità del dissenso è digitale ma sa anche come farsi piazza
La protesta russa contro il Cremlino, contro il presidente Vladimir Putin, contro la corruzione e soprattutto contro l’avvelenamento e l’incarcerazione di Alexei Navalny si muove su due piani. C’è la piazza, che lo scorso fine settimana era più piena del previsto di cittadini che non si sono curati né del freddo né della repressione della polizia, che è stata violenta. E c’è internet, dove tutto viene organizzato, attraverso il quale Navalny e i suoi comunicano con i loro sostenitori. Dove è uscita la grande inchiesta sul palazzo di Putin sulle rive del Mar Nero, vista da oltre cento milioni di persone. La caratteristica che ha lanciato Navalny e i suoi è proprio la grande presenza sui social. Lui è diventato una star con i suoi telegiornali alternativi su YouTube: prendeva le notizie trasmesse dai canali di stato e le smontava, ne mostrava i tic propagandistici. I canali della tv russa fino a poco tempo fa non nominavano neppure il “paziente di Berlino” e Navalny è riuscito a creare il suo seguito tutto su Internet. E’ dalla rete che si crea la piazza e per questo il governo ha deciso di sanzionare Facebook, Instagram, Twitter, TikTok, VKontakte, Odnoklassniki e YouTube per non aver bloccato la diffusione di “inviti a minori a partecipare a manifestazioni non autorizzate”. I minori si sono movimentati molto sui social – giravano video di studenti che sostituivano il ritratto appeso in classe di Vladimir Putin con quello di Navalny – ma poi a protestare sono scesi in pochi. La decisione di multare le piattaforme è il segno dell’attenzione, che il Cremlino ha sempre avuto ma che ora è diventata urgenza, nei confronti della rete. Perché su internet si è creata una nuova clandestinità politica digitale, fatta di canali su YouTube e di video su TikTok.
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- Micol Flammini
Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.