Bashar al Assad e Vladimir Putin (foto LaPresse)

Il tifo italiano per Putin, Maduro, Assad & Co. era gratis o a pagamento?

Daniele Raineri

Nel mondo rovesciato dei populisti italiani la Nato e la Ue sono i supercattivi. Il regime venezuelano, il Baath, Hezbollah e il quartetto di Visegrád sono invece i nuovi modelli

A un certo punto, pochi anni fa, l’opinione pubblica italiana si è innamorata in massa di soggetti internazionali molto improbabili. I chavisti in Venezuela. Il partito Baath in Siria. I predicatori dell’Eurasia alla corte di Putin come Aleksandr Dugin. Era uno strano sentimento che non si poteva spiegare soltanto con i resti di ideologie pregresse, di destra o di sinistra. Il nazionalsocialismo di Bashar el Assad non è la Cuba di Castro. E’ roba di fascismo arabo che si sente da lontano. E il narcosocialismo confusionario del Venezuela non poteva avere molto appeal a destra. E invece quando la politica interna italiana ha virato verso il populismo è scoppiata anche la mania per quello strano assortimento internazionale che contiene un po’ di tutto, dal quartetto di Visegrád a Hezbollah in Libano, dai separatisti filorussi nel Donbass al generale iraniano Qassem Suleimani (che poi è stato terminato da un altro populista, Donald Trump) fino alle stanze del governo di Caracas. Era un mondo rovesciato, dove la Nato faceva la parte del supercattivo mentre paesi dove i dissidenti sono fatti sparire dalla polizia segreta erano considerati come modelli virtuosi. L’Unione europea? Male, malissimo, fonte di ogni sciagura, un’eurodittatura da spazzare via. Il Venezuela di Maduro dove si soffre la fame? Un grande paese, “non crederete mica alla favoletta della dittatura”, come disse una senatrice dei Cinque stelle. Al punto che l’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio arrivò a indicarlo come potenziale intermediario di pace per la Libia. E così i governi normali erano i cattivi e i governi anomali – per usare un eufemismo – erano i buoni. In questa visione la vicina Germania di Angela Merkel – che oggi ci sta salvando dal disastro pandemia – era una minaccia. La Russia lontana di Putin invece reggeva con saggezza l’ordine cosmico e indicava la retta via.

 

Questo amore esotico andava fortissimo sui social media. Giravano meme sul fatto che nella Russia di Putin e nella Siria di Assad gli ospedali pubblici funzionano benissimo senza che ci fossero debiti verso il Fondo monetario internazionale – ma in fondo al cuore anche i fan più sfegatati conservavano qualche riluttanza, perché in pochi si sono trasferiti a Mosca o Damasco. Quando arrivò la notizia dell’uccisione di Giulio Regeni in molti cominciarono ad accusare il Regno Unito pur di non dare la colpa al rais egiziano Al Sisi, che in quanto uomo forte affascina i fanatici italiani di questo blocco ideologico. I consiglieri della Lega del Comune di Torino uscirono dall’aula per non votare una mozione simbolica che impegnava alla ricerca della verità. Sisi, spiegarono, è il potente che fa da baluardo in Africa, senza di lui il continente diverrebbe islamico (e gli italiani al Cairo possono sparire?).

 

Nel calderone internazionale c’erano differenze fra i populisti. Per esempio i grillini stanno con la Cina, i leghisti stanno con Trump. I grillini stanno con il generale libico Haftar (che ha appena perso), i leghisti stanno con Tripoli. La destra nazi sta con i libanesi di Hezbollah, la Lega no. Ma non sono differenze di ideali, è che ci sono poli di interesse diversi. Salvini guarda molto a Trump, i Cinque stelle al presidente cinese “Ping”.

 

Viene da chiedersi com’è nato tutto questo amore e come ha fatto questo blocco ideologico bizzarro ad avere così tanto successo. Non c’è nulla di provato. Ma di fronte ai sospetti relativi alla tranche da sessanta milioni di euro che Savoini, l’uomo della Lega, negoziava all’Hotel Metropol di Mosca con i russi e i tre milioni e mezzo di euro che il venezuelano Maduro avrebbe mandato nel 2010 a Gianroberto Casaleggio per aiutare i Cinque stelle (definiti “di sinistra rivoluzionaria e anticapitalista”: che abbaglio) e altri accordi di cui siamo all’oscuro viene quasi da sperare che la Conversione sia avvenuta per convenienza e non in modo spontaneo.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)