L'Iran copre un disastro aereo inutile
La scena dell’abbattimento ripulita in 48 ore invece che essere protetta. Il regime ha preso le scatole nere e ha detto che condurrà da solo le indagini
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Roma. In caso di disastro aereo è normale che l’area dove cadono i detriti sia circondata da un cordone di sicurezza per permettere alle squadre di investigatori di fare il loro lavoro. Ieri invece nei campi a sud-ovest di Teheran dove mercoledì prima dell’alba era precipitato il volo PS752 con a bordo 176 persone non c’era alcun cordone di sicurezza, anzi il contrario. L’area è stata ripulita nel giro di quarantott’ore anche con l’aiuto di un bulldozer che ha trascinato via i pezzi di aereo più grandi. In teoria è la scena di un crimine perché giovedì sera il primo ministro canadese Justin Trudeau ha accusato l’Iran di avere abbattuto l’aereo con un missile terra-aria (63 passeggeri erano canadesi) appena due minuti dopo il decollo dall’aeroporto internazionale Imam Khomeini. Trudeau ha detto di essere disposto a credere che si sia trattato di un errore. La notte tra martedì e mercoledì è stata una delle più tese nella storia recente del medio oriente perché l’Iran ha attaccato con una ventina di missili balistici due basi in Iraq che ospitavano soldati americani e si aspettava un possibile bombardamento di rappresaglia da parte dell’America da un minuto all’altro. E’ possibile che una batteria della difesa aerea sia andata in panico e abbia, chissà come, scambiato un grosso aereo passeggeri in lenta ascesa per un bombardiere americano in arrivo sulla capitale – anche se gli esperti dicono che si tratta di una confusione inspiegabile. Questo non toglie che l’area con i resti doveva essere lasciata il più possibile intatta. Invece ieri i giornalisti che arrivavano sul posto incrociavano locali che portavano via tutto quello che potevano, in particolare pezzi di alluminio da rivendere.
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- Daniele Raineri
Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)