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Un voto per Hong Kong

Giulia Pompili

State con l’Italia o con la Cina? Una risoluzione in Aula e le vere intenzioni del M5s. Parla Quartapelle

Roma. L’avvicinamento del Movimento cinque stelle alle posizioni cinesi ha reso complicato capire la posizione dell’Italia su alcuni temi che riguardano la politica internazionale. Mentre Beppe Grillo incontrava a Roma l’ambasciatore cinese per ben due volte, spiegando il suo interesse con la promozione del pesto genovese in Cina, l’amministrazione speciale di Hong Kong andava al voto e i cittadini smentivano la narrazione di Pechino che vuole i manifestanti divisi sulla questione dell’autonomia. Alle elezioni distrettuali di domenica i partiti pro-democrazia hanno vinto quasi il 90 per cento dei seggi e c’è stato un tracollo dei candidati pro-Pechino. Per sostenere l’autonomia di Hong Kong, il Congresso americano ha approvato l’Hong Kong Human Rights and Democracy Act, che è in attesa di firma da parte del presidente Donald Trump. Quel passaggio parlamentare ha provocato la reazione di Pechino, che ieri ha convocato l’ambasciatore Terry Branstad. Dall’America in giù, tutti i paesi democratici hanno condannato le violenze di questi mesi e rinnovato l’invito a sostenere l’autonomia dell’ex colonia inglese. Tutti tranne uno, l’Italia: il nostro ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha detto che Hong Kong è “un affare interno alla Cina” e che si segue la “politica di non ingerenza”. Una dichiarazione diventata segnale dell’avvicinamento pentastellato a Pechino, soprattutto se paragonato alla “politica di ingerenza” dello stesso Di Maio in Francia con l’appoggio ai gilet gialli. Ieri in conferenza stampa a Strasburgo Philippe Lamberts, copresidente dei Verdi europei – il gruppo in cui vorrebbe confluire il M5s – riferendosi alle posizioni negazioniste del blog di Beppe Grillo sulla repressione in Xinjiang, ha detto che “giustificare gli abusi di un regime come quello cinese è ingiustificabile”, ed è per questo – e per i rapporti “piuttosto strani” tra la Casaleggio Associati e il M5s – che per il momento non accettano il M5s nel loro gruppo.

    

Ma un voto del nostro Parlamento su Hong Kong potrebbe rivelare la vera natura della “non ingerenza” pentastellata. “Abbiamo una risoluzione che arriverà in commissione la prossima settimana”, dice al Foglio Lia Quartapelle, capogruppo del Pd in commissione Esteri della Camera. “È una risoluzione trasversale. Il Parlamento italiano vuole dare un segnale su quanto sta accadendo a Hong Kong. Ci riallineiamo alle risoluzioni europee e chiediamo due cose: da un lato, alle autorità di Hong Kong, di prendere in considerazione la creazione di una commissione indipendente sulle violazioni dei diritti umani da parte della polizia, e dall’altro lato chiediamo le ragioni che hanno portato al divieto di espatrio per Joshua Wong”, il leader del movimento pro-democrazia Demosisto che avrebbe dovuto essere in Italia la scorsa settimana. “Spero che firmi la risoluzione anche il M5s, perché è un testo che riguarda il nostro paese. Per l’Italia è importante sapere come mai una persona invitata da una fondazione privata e che aveva in programma alcuni incontri con parlamentari italiani non sia potuta venire nel nostro paese. D’altro lato, parliamo di un posto che è la finestra finanziaria della Cina nel mondo, se lì non viene rispettata la legge per noi è un problema”. Alcuni giornali però hanno sottolineato come la Cina sia in realtà un punto di contatto tra Pd e M5s: “C’è una sostanziale differenza, anche ideologica – dice Quartapelle –. Una parte dei Cinque stelle sposa la linea di non ingerenza negli affari interni dei paesi stranieri. Per noi con la Cina si dialoga ma partendo dai nostri punti di forza”. Spiega Quartapelle che la postura italiana è “naturalmente” volta verso l’alleanza occidentale.

   

Ma come fa un alleato a fidarsi del M5s, alla luce degli incontri di Grillo all’ambasciata cinese? “Certi colloqui si fanno, anche per spiegare ragioni di dissenso. Non mi scandalizza. Ma non si sa di cosa abbiano parlato, non si capisce come mai a lui sia stato permesso di incontrare l’ambasciatore nonostante delle posizioni precedenti molto anticinesi, come mai c’è stato un cambiamento di opinione da parte di Grillo ma anche da parte della Cina. È stato un colloquio oscuro, per questo la votazione della prossima settimana è importante: ha l’occasione di dimostrare cosa pensa davvero sull’argomento”. Eppure su Hong Kong anche l’Europa ci è andata piuttosto tenera: “Quella di Hong Kong è una vicenda che ha a che fare con le libertà individuali, lo stato di diritto. Non avendo la nostra società certi anticorpi, siamo tutti piuttosto spaventati da stati autoritari che sembrano fortissimi, e sembriamo meno consapevoli dei nostri mezzi”. È ironico, dice Quartapelle: “Noi abbiamo poca forza per difendere Hong Kong perché le nostre democrazie sono in crisi, ma dove ci sono i regimi autoritari i cittadini scelgono per la democrazia. Quell’ideale democratico che fatichiamo a sostenere, anche per questo dovremmo fare un po’ di più, perché quelle persone ci restituiscono in parte un’anima che i nostri sistemi rischiano di perdere”.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.