Klaus Iohannis, presidente uscente della Romania (foto LaPresse)

Lo spirito di Sibiu

Micol Flammini

Le elezioni in Romania hanno un protagonista: Klaus Iohannis, presidente nato nel posto giusto

Roma. Durante le elezioni presidenziali di domenica in Romania, il favorito è lui: Klaus Iohannis, presidente uscente e forse anche entrante, europeista e liberale. Durante il suo mandato ha cercato più volte di rimettere sulla strada giusta la Romania che continuamente, con il governo socialdemocratico coinvolto in numerosi scandali, tentava di allontanarsi dal percorso europeo. Iohannis ha cercato di porsi come la voce ragionevole con cui dialogare per i partner europei, ha reso la presidenza un contropotere per bilanciare e raddrizzare tutto quello che combinava il governo. La storia sembra quasi avere un sapore italiano, un presidente garante, un governo alla rinfusa e il difficile dialogo con Bruxelles, ma alla fine del suo primo mandato da presidente Klaus Iohannis sta uscendo vincitore e l’ultima vittoria l’ha ottenuta proprio questa settimana con la fiducia data dal Parlamento a Ludvic Orban, il nuovo primo ministro romeno del Partito nazionale liberale, grazie al quale Bucarest ha potuto nominare un nuovo commissario europeo. Rovana Plumb, proposta dal governo socialdemocraticodel Psd sfiduciato il mese scorso, era caduta nella lotta fratricida all’interno del Parlamento europeo assieme alla francese Sylvie Goulard e all’ungherese László Trócsányi e la Romania, rimasta senza esecutivo, era rimasta anche senza nomi da proporre a Ursula von der Leyen, presidente eletta della Commissione. Se la scommessa di Iohannis, proporre un liberale come nuovo primo ministro, non fosse risultata vincente (ha vinto per una manciata di voti), Bucarest rischiava di costringere la nuova Europa a ritardare ancora una volta il suo debutto. Ma Iohannis la scommessa l’ha vinta e ha ottenuto anche la promessa da Orban di portare il paese a elezioni anticipate, c’è bisogno di nuove istituzioni e di un indirizzo politico chiaro. In questi anni la Romania è stata nelle mani di due uomini che si detestano: Iohannis e Liviu Dragnea, leader del Psd, mai diventato primo ministro per problemi giudiziari, ma ideatore del processo di deuropeizzazione di Bucarest, iniziato con la lotta contro la Dna, l’organo anticorruzione voluto dall’Ue come garanzia da parte della Romania dell’impegno a risolvere i problemi legati a una politica poco trasparente. Il paese è diventato paese membro nel 2007 e la Dna, Direzione nazionale anticorruzione, ha lavorato con solerzia. Ancora di più con l’arrivo nel 2013 di Laura Koduta Kövesi, diventata presto il bersaglio del governo socialdemocratico romeno che ha ottenuto il suo licenziamento. Oggi la Kövesi, che era stata inserita da Politico in una lista tra i nomi delle persone che più hanno contribuito alla causa europea, è a capo della procura Ue. Iohannis aveva cercato di proteggere il magistrato aprendo uno scontro diretto con il governo.

 

La Romania quest’anno ha anche assunto la presidenza del semestre europeo, ruolo per cui in Unione europea c’era molto scetticismo. Nessuno credeva che Bucarest fosse in grado, la Finlandia aveva anche proposto di fare scambio, ritardare il mandato, “non siete pronti”, dicevano gli altri paesi. La Romania è rimasta convinta, ferma sulla sua decisione di non rinunciare a questa possibilità, il semestre si presentava epocale, avrebbe dovuto gestire l’inizio del 2019 con le sue elezioni europee e l’assalto dei sovranisti, la Brexit del 30 marzo, che poi è stata rimandata al 31 ottobre, ma questo non potevano saperlo. C’erano scelte cruciali da prendere e una nazione debole non sembrava la soluzione migliore, ma se le istituzioni europee sono state indulgenti è stato per lui, Klaus Iohannis, unico garante del volto affidabile della nazione.

 

Queste presidenziali sono sotto tono, la campagna elettorale è quasi muta e il capo dello stato uscente, che poi dovrà affrontare il ballottaggio previsto per il 24 novembre, è avvantaggiato da questo silenzio. A sfidarlo ci sono l’ex premier sfiduciata Viorica Dancila dei socialdemocratici e Dan Barna, vicino alle idee di Iohannis, anche lui un moderato, ma poco carismatico. I romeni hanno voglia di un cambiamento e il rischio per Iohannis, che ha una lunga carriera alle spalle, è che piaccia più a Bruxelles che a Bucarest, ma per ora i suoi rivali sono deboli. E’ stato anche sindaco di Sibiu, la città che ha ospitato l’ultimo vertice sul futuro dell’Europa poco prima delle europee e dove un gruppo di cittadini aveva iniziato una protesta quotidiana e silenziosa contro la corruzione del governo socialdemocratico, sono scesi in strada ogni giorno a mezzogiorno per mesi. Nel fare le congratulazioni a Ludvic Orban per l’inizio del suo mandato, il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, gli aveva augurato di essere ispirato dallo “spirito di Sibiu”, forza motrice della politica romena europeista, e Sibiu è anche la città natale del presidente Iohannis.

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