Breve storia degli italiani in Cina, Stefano Beltrame, Luiss University Press

Da Galeazzo Ciano a Enrico Mattei, l'Italia è sempre stata la preferita in Cina

Giulia Pompili

Altro che via della seta: è la storia a unire i due paesi. Lo racconta un libro di Stefano Beltrame, ex console a Shanghai ed ex consigliere diplomatico di Matteo Salvini al ministero dell’Interno

Roma. Erano altri tempi, la diplomazia non era affidata ai tweet, le reti si costruivano attraverso viaggi e tavoli negoziali, ogni visita di stato aveva un reale significato politico, ogni cena di gala poteva spostare, modificare, rafforzare l’alleanza tra paesi. C’era il business, certo, ma c’era anche e soprattutto la politica, le alleanze strategiche e il desiderio di scambiare non solo merci ma anche cultura e progresso. E se la “millenaria eredità culturale e politica” unisce in qualche modo l’Italia e l’America, per citare il presidente americano Donald Trump, anche le relazioni tra Italia e Cina vengono da molto lontano.

 

Le due figure più citate quando si parla di rapporti italocinesi sono quelle di Marco Polo, l’esploratore veneziano che attraversò le Vie della Seta – ma il cui viaggio in Cina, nella seconda metà del 1200, secondo alcuni storici fu un falso condito da molte testimonianze dell’epoca – e Matteo Ricci, che invece guidò davvero i gesuiti in Cina sul finire del 1500 e lì restò per quasi trent’anni, morendo a Pechino e compiendo il primo passo dell’evangelizzazione cinese (ed è a Matteo Ricci che bisogna guardare per spiegare l’ossessione del primo Papa gesuita, Bergoglio, per la risoluzione della “questione cinese”). Ma la verità è che oltre Marco Polo e Matteo Ricci, per capire i legami tra Italia e Cina bisogna tornare agli anni Trenta del Novecento.

 

A raccontare questa storia ancora poco conosciuta è un libro appena uscito per la Luiss University Press, “Breve storia degli italiani in Cina” (286 pp., 24 euro), scritto da Stefano Beltrame, ex console a Shanghai ed ex consigliere diplomatico di Matteo Salvini al ministero dell’Interno. Durante il fascismo “le relazioni economiche e politiche sono state intense come mai in precedenza. Vennero inviati dei consiglieri italiani in qualità di esperti della Società delle Nazioni, e anche un’importante missione militare aeronautica e navale”, scrive Beltrame, e importanti “personalità politiche cinesi […] vennero in visita in Italia e furono ricevute con tutti gli onori da Benito Mussolini. Si parlò di cooperazione industriale e di sostegno ai programmi di Chiang Kai-shek per modernizzare e rinnovare la nazione”. Il punto di svolta nei rapporti tra i paesi arriva con la nomina “da parte italiana di un ambasciatore di elevato profilo politico nella persona di Galeazzo Ciano, genero di Mussolini e futuro ministro della Propaganda e degli Esteri”. Ciano arriva a Shanghai nel 1930, “fresco di matrimonio con Edda Mussolini”. Sono una coppia popolare, fanno vita mondana nella Parigi d’oriente – lui nei bordelli, e lei si lascia sedurre da Zhang Xueliang, signore della guerra della Manciuria.

 

Le cose si complicano quando il Giappone attacca la Cina, e il regime fascista rinsalda i rapporti con Tokyo. E’ l’inizio di un periodo complicato, perché l’Italia è legata anche a Chiang Kai-shek, che nel frattempo si è spostato a Taiwan. I rapporti con Pechino si raffreddano perfino di più con la nascita della Repubblica popolare cinese: il senatore del Pci Velio Spano, corrispondente dalla Cina per l’Unità, è l’unico italiano in piazza Tienanmen il 1° ottobre del 1949. Negli anni Cinquanta il Partito comunista italiano è troppo filosovietico, e i cinesi non si fidano. E infatti a riagganciare Pechino a metà degli anni Cinquanta non sono i comunisi ma i socialisti e i cattolici. E poi i capitani d’impresa con una visione: Enrico Mattei con l’Eni, che dopo l’autorizzazione del governo italiano vola a Pechino nel 1958 e apre di nuovo al business con la Cina.

 

Beltrame ha scritto un bignami di storia cinese moderna letta dal punto di vista di un italiano, e ha intrecciato quella storia con la vita degli italiani che più hanno cambiato i rapporti tra il nostro paese e Pechino. E’ un documento importante per chi voglia capire meglio quanto i legami tra Italia e Cina vadano oltre le periodiche sortite mediatiche: come più volte si è scritto su queste colonne, il memorandum sulla Via della Seta, firmato a Roma il 23 marzo scorso, è stato la conseguenza di un’accelerazione superficiale delle negoziazioni con Pechino, promosso da un governo e da alcuni suoi esponenti che avevano un disperato bisogno di accreditamento all’estero. Ma la credibilità, soprattutto in politica estera, si conquista mostrando sicurezza, con una visione chiara, coerente e convergente. E soprattutto conoscendo la storia. E’ strano che Stefano Beltrame, che mentre completava questo libro era al Viminale, non abbia avuto l’istinto di consigliare meglio.

  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.