Mark Carney (foto LaPresse)

La Brexit inguaia la Bank of England. Parla Andrea Ferrero (Oxford)

Mariarosaria Marchesano

Tutte le sfide che il futuro governatore dovrà affrontare

Milano. In un’intervista a Bloomberg tv, a margine degli incontri annuali del Fondo monetario internazionale a Washington, il governatore della Bank of England (BoE), Mark Carney, ha detto che risolvere la Brexit potrebbe aiutare a fare uscire il mondo dalle attuali tensioni sul commercio. Una dichiarazione interpretata dalla stampa britannica come di aperto sostegno al “deal” che il premier Boris Johnson sta spingendo affinché venga votato dalla Camera dei Comuni prima del 31 ottobre. Le parole di Carney sono significative anche per il fatto che il suo mandato alla BoE – prorogato per ben due volte nell’incertezza determinata dalla Brexit – terminerà a gennaio e che i giochi per la sua successione stanno entrando nel vivo, anche se mai come adesso la nomina del governatore della BoE si annuncia come una faccenda molto complicata. Carney è convinto dell’importanza di avere una fase di transizione “verso una nuova relazione con l’Unione europea” perché anche da questo dipenderà lo stato di salute dell’economia del Regno Unito e, di conseguenza, le politiche monetarie della Banca centrale, un’istituzione con 325 anni di storia e una tradizione di indipendenza dal potere politico che però appare meno inossidabile rispetto al passato. Il nome del futuro governatore potrebbe essere individuato tra le soluzioni “interne” alla BoE (Andrew Bailey e Ben Broadbent sono tra i più accreditati secondo il Financial Times), oppure tra le candidature “esterne”, come Gerard Lyons, Shriti Vadera, Helena Morissey, tutti manager espressione del mondo della finanza privata, o ancora essere un profilo intermedio come quello di Minouche Shafik, presidente della London School of economics, ma con un passato alla Banca centrale come vicedirettore per il settore bancario e dei mercati. In ogni caso, avrà davanti una sfida senza precedenti.

 

“Il punto è capire che cosa succederà nei prossimi due o tre anni – dice al Foglio Andrea Ferrero, che insegna macroeconomia a Oxford, dopo un passato di economista alla Federal Reserve e oggi consulente della BoE – Secondo la previsione del think thank Uk in a changing Europe, su cui convergono diversi economisti, un’uscita non regolamentata dall’Ue, che nelle ultime ore ha ripreso quota, comporterà un calo del reddito pro capite per gli inglesi del 2,5 per cento, l’equivalente di 800 sterline in meno all’anno. E’ probabile che in un caso come questo l’approccio di politica monetaria andrà verso una riduzione dei tassi d’interesse. Ma anche nell’ipotesi in cui prevalga una Brexit regolamentata non è escluso che si renda necessario intervenire con misure di stimolo per contrastare i contraccolpi sull’economia che almeno nel breve periodo potrebbero esserci”. Ed è proprio questa la sfida più impegnativa che il successore di Carney dovrà affrontare. La legge inglese prevede che il governatore debba scrivere una lettera al ministro del Tesoro se l’inflazione differisce dall’obiettivo (fissato al 2 per cento) per più di un punto percentuale in entrambe le direzioni. “Da un lato, con Brexit, l’inflazione, che oggi è all’1,7 per cento, potrebbe ulteriormente scendere se l’economia entrasse in una recessione dovuta alla riduzione della domanda interna – prosegue Ferrero – Dall’altro, potrebbe aumentare in maniera improvvisa, se la sterlina si dovesse deprezzare in maniera sostanziale con un conseguente aumento dei prezzi alle importazioni”. Insomma, il futuro governatore dovrebbe proprio essere dotato di “superpoteri”: mantenere la calma dei mercati, sopportare le critiche dei politici e rispondere abilmente a un evento economico senza precedenti mentre il Regno Unito esce dall’Unione europea in un contesto di economia mondiale in rallentamento. Secondo, Michael Metcalf, responsabile delle strategie globali del gruppo d’investimenti State Street, dopo il referendum del 2016 l’economia britannica ha funzionato molto meglio del previsto. Con il senno di poi è difficile dire se ciò sia dovuto alla proattività della BoE o se semplicemente l’impatto sulle aspettative degli operatori sia stato mitigato dal fatto che il Regno Unito non ha ancora lasciato l’Unione europea, che rappresenta il suo più grande partner commerciale”. Ma adesso è tutta un’altra storia. “E’ significativo – aggiunge Metcalfe – che questo mese i funzionari della BoE abbiano preso in considerazione contemporaneamente sia un allentamento che un aumento dei tassi di interesse. L’argomento a favore di un allentamento è che l’incertezza della Brexit pesa in particolare sulla spesa per investimenti”.

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