Contro l'aggressione etnica

Cacciare la Turchia della Nato non è fattibile (e non conviene)

Daniele Raineri

Il Patto atlantico non prevede la rimozione di un paese membro e c’è il rischio di sfasciare tutta l’alleanza occidentale. Il via libera all'operazione militare in Siria l’ha dato Trump

Roma. In questi giorni si parla molto della possibilità di espellere la Turchia dalla Nato, dopo l’inizio delle operazioni militari nel nord della Siria contro i curdi delle Forze siriane democratiche che hanno spazzato via lo Stato islamico territoriale da quella regione, in tandem con l’America. Adriano Sofri su questo giornale fa un’appassionata esposizione del perché dovrebbe essere fatto. Ci sono però dei problemi e il primo è senz’altro quello tecnico, nel senso che dal punto di vista legale quella opzione non è prevista. Il Patto Atlantico non permette ai paesi membri di cacciare via un paese membro che non è più desiderato. L’unico modo per l’Alleanza di trovarsi con un paese in meno è se quel paese decide di ritirarsi con un avviso formale: in quel caso la sua fuoriuscita avviene un anno dopo. Se qualcuno vuole cacciare la Turchia dalla Nato ha due possibilità: o cambia il trattato secondo le modalità previste dall’articolo 12 che però richiedono l’unanimità dei paesi membri e comunque ai ventinove membri servirebbe molto tempo, oppure chiede ai paesi membri una sessione speciale per decidere la questione ma anche in questo caso ci vuole l’unanimità e anche tenendone fuori la Turchia è possibile che nel grande gioco delle influenze e dei favori non tutti sarebbero d’accordo. Se questa sessione fosse tenuta oggi, c’è chi potrebbe bloccare l’estromissione dalla Nato.

 

E qui arriva il secondo problema, di natura politica. La Turchia ha agito con il consenso del presidente degli Stati Uniti. L’America è la prima potenza della Nato in ordine di grandezza delle forze armate, la Turchia è la seconda. Se i due eserciti più numerosi della Nato sono d’accordo sulle operazioni militari contro i curdi, allora non si sta parlando della decisione di espellere la Turchia, ma della possibilità di porre fine alla Nato come alleanza atlantica. Trump non chiede di meglio.

 

E qui arriva anche la terza questione. Da anni forze barbare ma allo stesso tempo sofisticate stanno portando avanti un attacco in forme diverse contro le istituzioni che tengono assieme i paesi occidentali, dall’Unione europea alla Nato. Ne abbiamo avuto molti assaggi. Dall’operazione con il gas nervino in una città inglese alla violazione delle mail del Partito democratico e di quello repubblicano negli Stati Uniti (ma soltanto quelle del Partito democratico sono state gettate in pasto al pubblico – chissà come mai) al golpe tentato in Montenegro. Questa settimana abbiamo appreso dell’esistenza di un ramo dell’intelligence della Russia dedicato alla destabilizzazione dell’Europa. Ma non c’è soltanto la Russia, vedi i timori legati al passaggio troppo veloce alla tecnologia 5G perché vuol dire affidarsi alla Cina. Quando vediamo il Regno Unito paralizzato in modo desolante dalla Brexit e quando sentiamo che Donald Trump vuole sfasciare la Nato, viene da chiedersi perché dovremmo consentire a Erdogan – non alla Turchia, che durerà molto di più – ma a Erdogan, che teme molto l’opposizione laica in ascesa, di essere l’uomo che distrugge il Patto. Se la Turchia fosse espulsa oggi dalla Nato cosa cambierebbe per i curdi siriani? Purtroppo, non molto. E sarebbe una buona idea sbarazzarsi della Nato proprio mentre tutte le istituzioni occidentali sono così deboli e sotto pressione? Di nuovo, non molto.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)