La polizia reprime i manifestanti in piazza a Mosca (Foto LaPresse)

Quella gonna rossa di Mosca che ricorda il diritto di scelta (e la Costituzione)

Micol Flammini

La malattia di Navalny e “il sostegno delle persone”. Il cambiamento in Russia sarà lento, ma intanto Putin potrebbe aver perso la capitale

Roma. Il quotidiano economico russo Rbc oggi è uscito con un numero in copertina: 1974, il numero degli arresti che la polizia russa ha compiuto durante il fine settimana. Dalle cifre escono braccia e teste, escono mani che si avvinghiano e si aggrappano, sono quelle dei manifestanti che, mentre la polizia li trascinava via dal corteo, cercavano di rimanere aggrappati ai compagni, a volte sconosciuti, ma tutti per le strade di Mosca a chiedere la riammissione dei candidati d’opposizione esclusi dalle liste per le elezioni locali nella capitale. Si voterà l’8 settembre e per notificare l’esclusione dalle liste elettorali degli oppositori, le autorità hanno scelto l’estate, quel periodo dell’anno in cui, come nota anche l’Economist, tutte le città, inclusa Mosca, si svuotano, tra chi va in vacanza e chi si rifugia in dacia. I candidati di opposizione come Dmitri Gudkov, Ilya Yashin, Lyubov Sobol o Ivan Zhdanov, sono stati scartati perché la Commissione per le elezioni ha giudicato false le cinquemila firme che occorrono per candidarsi, di persone defunte o inventate. I candidati hanno cercato di dimostrare che si trattava di elettori veri, fino al momento in cui gli elettori stessi sono scesi in piazza per dire al Cremlino: noi abbiamo firmato e noi esistiamo davvero. Un sabato dopo l’altro, in questa calda estate moscovita.

 

La grandezza delle proteste ha colto le autorità, che pure avevano autorizzato le manifestazioni del 20 luglio scorso, di sorpresa. Nessuno si aspettava una reazione così forte, ventimila persone in strada, dopotutto, non sarebbe la prima volta che le candidature dei leader di opposizione non vengono validate, ma la forte reazione dei moscoviti non era stata prevista né la loro tenacia né la loro rabbia. Mentre sabato il presidente russo, Vladimir Putin, si inabissava con un sottomarino per andare a visitare un relitto risalente alla Seconda guerra mondiale, le persone, come avevano annunciato, tornavano in strada anche senza autorizzazione. Ad attenderle c’era la polizia. Qualcuno tra i manifestanti aveva portato con sé la Costituzione aperta sull’articolo 3: “I cittadini della Federazione russa hanno il diritto di riunirsi pacificamente, senz’armi, di tenere riunioni, comizi e dimostrazioni, cortei e picchetti”; durante gli scontri, qualcuno esibiva la pagina aperta, qualcuno recitava a memoria l’articolo.

 

Quello che è successo a Mosca durante lo scorso fine settimana è stato paragonato alle dimostrazioni del 2012, quando i russi protestavano contro il ballo tra Vladimir Putin e Dmitri Medvedev, lo scambio di cariche da presidente a primo ministro, qualche commentatore allora aveva parlato di “Rivoluzione bianca” e in Russia la parola rivoluzione fa presto ad arrivare alle cronache. Allora non ci fu nessuna rivoluzione, Putin è andato avanti per altri due mandati. Anche ora c’è chi parla di rivoluzione e sarebbe un errore dare il presidente russo per sconfitto, seppur in calo negli ultimi sondaggi il suo gradimento rimane alto, e Mosca non rappresenta di certo tutta la Russia. Ma dalla capitale inizia il cambiamento che per ora è fatto di foto e di racconti. Le autorità non si aspettavano che i moscoviti sarebbero stati così interessati alle elezioni della Duma locale, che ha poteri alquanto limitati, non controlla nemmeno il budget della città.

 

Il cambiamento arriverà con lentezza e forse il 27 luglio potrebbe essere una data più storica di quanto si pensa, potrebbe esser il giorno in cui Putin ha perso la capitale. Mentre il presidente si inabissava, la polizia in tenuta antisommossa si gettava addosso alla folla che tentava di reagire, le persone allontanavano gli ufficiali che si buttavano addosso ai manifestanti disarmati, la protesta di sabato è fatta di immagini, molte dolorose, manifestanti insanguinati, scioperi della fame e poi anche la malattia di Alexei Navalny, portato in ospedale per una sospetta allergia, il suo medico personale ha parlato di avvelenamento e altri invece imputano la causa alle scarse condizioni igieniche delle celle russe. Nalvalny è il primo organizzatore di queste proteste e mercoledì scorso è stato arrestato di nuovo – l’avvocato e blogger anticorruzione entra ed esce da commissariati, tribunali e prigioni – dalla polizia e condannato a un mese di carcere.

 

  

Qualche immagine – come quella di Lyubov Sobol al tramonto, al suo sedicesimo giorno di sciopero della fame, che viene portata via dalla polizia mentre è ammantata da una bandiera russa e grida che i moscoviti si riprenderanno Mosca, come quella dei manifestanti che aspettano la carica della polizia dietro le transenne – forse diventerà iconica. Una su tutte, quella di una gonna rossa, di una ragazza che si getta per strada addosso al suo ragazzo, la polizia lo sta portando via, lui era seduto su un gradino, la polizia gli va addosso, lui cerca di opporre resistenza, la polizia lo butta a terra e lei, che ha visto la scena da lontano, corre per gettarsi sopra di lui per proteggerlo. È un video, l’ultima immagine è quella di una gonna rossa che stringe forte delle gambe. Sabato prossimo ci saranno nuove proteste, questa volta la città di Mosca ha deciso di dare l’autorizzazione e alcuni membri della commissione elettorale hanno invitato a riconoscere i candidati: “Evidentemente godono del sostegno delle persone”.

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