Il nuovo presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen (Foto LaPresse)

Il super mix franco-tedesco: Lagarde & Von der Leyen

Paola Peduzzi

La voglia di outsider si traduce in due facce nuove che non ti aspetti. Cherchez la femme

Milano. Quando il nome di Ursula von der Leyen ha cominciato a circolare ieri, inaspettato, tutti hanno detto: ma chi, la tedesca che ha sette figli? Delle donne al potere restano sempre alcuni dettagli, si sa: e sì, la Von der Leyen è una supermamma, nonché un bravo ministro della Difesa e a un certo punto anche una sfida per Angela Merkel, quando ancora si pensava che la successione della cancelliera sarebbe stata decisa da qualcuno che non fosse la cancelliera stessa. Oggi la Von der Leyen è un’alleata della Merkel e se c’è una cosa che possiamo dire – ripetere, anzi – è che tutto il chiacchiericcio sui fallimenti-della-Merkel era, è, ancora una volta esagerato. Ma quel che conta è che la Von der Leyen è un’outsider ed è di questo che aveva bisogno l’Europa oggi: di uscire dagli schemi e dalla prevedibilità. Emmanuel Macron si è giocato tutto su questa volontà di stravolgere i meccanismi dell’Unione europea: l’abbiamo visto pensieroso, forse affranto o forse semplicemente furibondo, sulla poltrona mentre guardava in alto, in quella foto meravigliosa di lunedì che resterà a testimonianza di questi tre giorni di lanci e rilanci e rincorse e domande: riusciremo a cambiare per davvero?

 

Ce l’ha fatta, Macron, a imporre gli outsider. La Von der Leyen è una conservatrice tedesca liberale – ha votato per il matrimonio gay, sul quale la Merkel aveva dato libertà di voto – e fa parte dell’ala più moderata della Cdu, quella che non vuole rincorrere nessun sovranismo né nazionalismo, anzi se c’è bisogno lo combatte con forza. È già successo: nell’ultimo anno, mentre in Germania cresceva la minaccia estremista anche all’interno dell’esercito, la Von der Leyen ha accusato i militari di “debolezza” – sì: debolezza – nella leadership interna. Per questo e per la riforma che vuole dare un volto nuovo alla forza militare tedesca dove convergono tutti i traumi storici del paese è stata molto criticata: i giornalisti tedeschi dicevano ieri che un politico più impopolare di lei in Germania non c’è. E per di più i socialdemocratici si sono innervositi tantissimo, dicono che ora la grande coalizione a Berlino è in pericolo: sarà, ma se c’è qualcuno di più impopolare della Von der Leyen, in Germania, sono proprio i socialdemocratici.

 

In ogni caso le dinamiche interne di ciascun paese sono andate in secondo piano rispetto a questo Rinascimento europeo: ci volevano le facce nuove, le facce che non ti aspetti. Quando di fianco al nome del ministro della Difesa tedesco è comparso quello di Christine Lagarde alla Banca centrale europea s’è sentita aria di dream team: due donne poi, i sensi di colpa dei maschi dei prossimi cinque anni lavati via in un pomeriggio brussellese, non male.

 

La Lagarde è meno outsider della Von der Leyen, certo: ora è ai vertici del Fondo monetario internazionale e il suo nome era già circolato in passato nella rosa per la sostituzione di Mario Draghi, anche se mai come prima opzione e sempre con un “quasi-impossibile” messo lì di fianco. Che la Germania rinunci alla Bce è già una notizia importante: pareva disposta a sacrificare tutto per quella nomina, e tra i più delusi ci sarà certamente Manfred Weber, che era il predestinato alla Commissione e che invece vede andare al suo posto un altro conservatore tedesco che però non è lui. La Lagarde rappresenta un’altra faccia del progetto liberale e moderato di questa nuova Europa: in questi giorni abbiamo visto lo sguardo che ha rivolto a Ivanka Trump che al G20 tentava di fare conversazione con i colleghi di papà. Uno sguardo glaciale che è sembrato la sintesi di uno stato d’animo comune in Europa: dobbiamo abituarci a stare senza l’America, non soltanto a parole – questo lo facciamo da tempo – ma anche nei fatti. Le superpotenze non si sostituiscono, ma un po’ di autosufficienza l’Europa può darsela. La Lagarde va da sempre fiera della propria autonomia. A Maureen Dowd che la intervistò parecchi anni fa sul New York Times raccontò di quando, a quattro anni, si ritrovò da sola in casa con suo fratello. I genitori erano usciti senza dire nulla. “La prossima volta – disse la piccola Lagarde ai genitori rientrati, con tutte le luci accese del salotto – ditemelo che uscite”. Quell’articolo aveva un titolo che ancora oggi suona come una promessa europeissima: per riportare un po’ di civiltà nelle istituzioni, cherchez la femme.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi