Emmanuel Macron e Angela Merkel (foto LaPresse)

La regia di Macron in sintonia con Merkel dà i nomi all'Ue

David Carretta e Micol Flammini

Von der Leyen nuovo presidente della Commissione Ue, Michel alla guida del Consiglio, Lagarde alla Bce. E in aiuto dell'Italia arriva Tusk

Bruxelles. Al di là dei nomi, dei volti e dei colori, il vincitore è il presidente francese Emmanuel Macron che è riuscito a imporre la sua strategia, a ridisegnare questa nuova legislatura europea così come la immaginava. Più o meno. E a differenza di quel che amano dire tutti in Europa – noi italiani in questo siamo i campioni – Macron ha ballato assieme alla cancelliera Angela Merkel, con qualche screzio ma con un allineamento sostanziale. Il risultato è che la democrazia europea è diventata simile alle democrazie nazionali, ha dovuto adattarsi al ruolo complesso del sistema multipartitico che ha faticato a trovare un pacchetto di nomine che mettesse d’accordo la nuova maggioranza costituita da quattro famiglie europee: popolari, socialisti, liberali e Verdi. Il nome del candidato decisivo, Ursula von der Leyen, attuale ministro della Difesa tedesco, lo ha proposto Emmanuel Macron, deciso a trovare un compromesso, ma a dimostrare che quel sistema, quello dello Spitzenkandidat che lui aveva già dichiarato morto, fosse morto davvero. Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario internazionale, è il nome proposto alla Bce per prendere il posto di Mario Draghi. Joseph Borrell, ministro degli Affari europei spagnolo, socialista ed ex presidente del Parlamento europeo, è stato indicato come Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza e a sostituire al Consiglio europeo Donald Tusk, che assieme a Macron è stato lo stratega, paziente e testardo, di questo pacchetto di nomine, è stato scelto Charles Michel, liberale belga. Per Frans Timmermans e Margrethe Vestager, Tusk ha proposto la vicepresidenza della Commissione e poi ha chiesto che anche all’Italia, che in queste trattative ha avuto un ruolo marginale e di ostruzionismo, vada una vicepresidenza della Commissione. L’Italia è soddisfatta di questo assetto perché l’obiettivo era boicottare la presidenza del socialista Timmermans, e ora vuole un commissario: punta alla Concorrenza. I socialisti, amareggiati, hanno candidato un italiano – David Sassoli – alla presidenza del Parlamento europeo.

 

Ora l’incognita più grande è rappresentata proprio dall’Aula di Strasburgo dove deve passare la candidatura della Von der Leyen: i socialisti (ovviamente) e i Verdi hanno già sollevato qualche dubbio sulla scelta. Von der Leyen dovrà convincere, dimostrare che è lei la persona giusta per prendere il posto di Jean-Claude Juncker, rispetto al quale rappresenta una figura più decisa, più forte, una federalista convinta e meno conciliante del lussemburghese. Per Lagarde, Borrell e Michel, invece, basterà il Consiglio. Emmanuel Macron ha modificato gli assetti, ristabilito i ruoli di forza, è entrato in questa Ue facendo rumore sin dall’inizio e il suo decisionismo ha determinato la ritirata, quasi in punta di piedi, del Partito popolare europeo. Lo Spitzenkandidat è imploso, Manfred Weber poco prima che le nomine venissero comunicate aveva espresso la decisione, sofferta ma ormai scontata, del ritiro della sua candidatura. Come ad ammettere, anche lui, che sì, alla fine lo Spitzenkandidat è morto, come volevano i liberali. E a proposito dei liberali: sono riusciti a entrare al Consiglio con un personaggio come Charles Michel coinvolto sin dall’inizio nei negoziati di questa nuova Unione europea. Anche la Spagna, che avrebbe potuto sperare in qualcosa di più, avrà il suo rappresentate tra le cariche più importanti. L’Italia non ne esce al meglio, al di là delle speranze di Tusk. Il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa ha assicurato che “avremo uno dei portafogli più strategici” e che c’è un “accordo di massima”: nell’attesa di trovare “la figura più idonea”, ha già fatto sapere che sarà della Lega. Allineandosi con i paesi dell’est, il governo italiano è riuscito a boicottare il piano socialista ma non certo a infilarsi nel ballo franco-tedesco. Se avrà qualche buona notizia l’Italia dovrà ringraziare il più europeista di tutti, Donald Tusk.