Giuseppe Conte insieme a Xi Jinping durante la visita del presidente cinese in Italia (foto LaPresse)

Conte fregato sulla Via della Seta

Redazione

Ma non dovevamo firmare altri accordi con la Cina al Forum di Pechino?

Il memorandum d’intesa sulla Via della Seta è un accordo quadro, ma seguiranno numerosi altri accordi commerciali per potenziare il nostro export. Era il mantra ripetuto dal ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio alla vigilia della firma degli accordi durante la visita del presidente cinese Xi Jinping a Roma, il 23 marzo scorso. A poco più di un mese, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è volato ieri a Pechino dove oggi parteciperà all’inaugurazione del secondo Forum sulla Via della Seta. Assieme a lui, tra i leader europei, ci saranno quelli di Austria e Svizzera, e poi, tra gli altri, il presidente russo Vladimir Putin e il presidente filippino Rodrigo Duterte. Per l’Italia il Forum avrebbe dovuto essere il luogo in cui implementare il memorandum, attivare i colloqui per le collaborazioni sul business e potenziare quei 2,5 miliardi di accordi firmati a Roma, in evidente contrasto con l’operato della Francia, che senza firmare accordi politici ha incassato firme per 30 miliardi di euro. Il fatto è che, ancora una volta, l’Italia rischia di piegarsi al gioco propagandistico cinese senza riuscire a ottenere niente in cambio. Come ha scritto mercoledì Milano Finanza, Conte è partito da solo per Pechino, senza l’esercito di imprenditori che sperava. E si fermerà nella capitale cinese soltanto per il fine settimana, giusto in tempo per assistere all’inaugurazione della mostra dei quasi 800 reperti archeologici arrivati illegalmente a Brescia, sequestrati dai carabinieri di Monza e restituiti alla Cina.

 

Quest’anno Xi cercherà di mostrare il lato più internazionalmente presentabile della Via della Seta, uno “sviluppo pacifico” che è seducente per molti paesi e per molte regioni, e “non può essere ignorato dall’America”, ha scritto ieri sull’Atlantic Michael Schuman. Andare sufficientemente preparati a un appuntamento simile è un obbligo, ma finora il governo gialloverde ci ha dimostrato una chiara incapacità di negoziare alla pari con il Dragone. Arance escluse, naturalmente.

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