Gian Marco Centinaio (foto LaPresse)

Chi è Gian Marco Centinaio, il pretoriano

Marianna Rizzini

Il ministro dell’Agricoltura e del Turismo è un leghista duro delle origini, possibile insider salviniano a Bruxelles

Non importa dove si va, conta solo il percorso, dicono gli harleisti – centauri che, agli occhi dei non centauri, appaiono come fantasmi rumorosi spuntati dal nulla tra le vie di città e paesi quando la stagione si fa mite. E chissà se il diario della motocicletta dell’harleista e ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali e del Turismo Gian Marco Centinaio, quarantasettenne leghista della primissima ora nonché pretoriano di Matteo Salvini, comprende anche, in prospettiva, a un certo punto del percorso, una fermata in quel di Bruxelles, come futuribile commissario sovranista all’Agricultura nella Ue delle polemiche. Il suo nome gira, infatti, nei piani e contropiani fatti nei quartieri generali gialloverdi sebbene ancora senza l’oste (risultato del voto europeo del 26 maggio) e sebbene talvolta in competizione interna leghista con il nome del presidente della Regione Veneto Luca Zaia, già ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali nel governo Berlusconi IV.

  

Harleista convinto, ex vicesindaco e assessore a Pavia, già avversario dei governi Renzi e Gentiloni su ius soli e diritti

Non ha la barba a punta dei fan della moto per antonomasia, Centinaio (uno che chiama la sua Harley “cicciona”), né può aggirarsi con il giubbotto di pelle decorato e gli occhiali da combattimento o il cappellaccio di Peter Fonda e Jack Nicholson nell'“Easy rider” di Dennis Hopper, film culto degli harleisti di ogni ordine e grado (e non solo), e film di cui quest’anno, al Festival del cinema di Cannes, si festeggia il cinquantesimo compleanno. Non si direbbe neanche un harleista, Centinaio, la cui vena avventurosa deve essere sepolta, visto il ruolo, sotto ragionamenti arzigogolati sui chilometri di ulivi “minacciati” dalla xylella – argomento-tormentone del ministro quando va ospite in tv – o su quanto, come e dove avvantaggiare il made in Italy e sui progetti di filiera e sulla qualità dei prodotti autoctoni da sbandierare al mondo. “Ero in Cina qualche settimana fa”, ha dichiarato il ministro durante una visita a Matera, “e il collega cinese mi ha detto che quando autorizza l’importazione di prodotti alimentari italiani è tranquillo, perché ci sono i controlli giusti che permettono ai consumatori di gustare e apprezzare prodotti di altissimo livello”. E pazienza se sui rapporti commerciali Italia-Cina, prima e dopo la firma del Memorandum d’intesa sulla Via della Seta, una parte dell’opposizione e degli osservatori liberali ha alzato il livello di attenzione (e allerta). Perché adesso la priorità salviniana è un’altra: arrivare nella Ue delle polemiche con la grancassa sovranista, e magari insediare tra i cosiddetti “burocrati” uno che si dice leghista “fin dal primo vagito” (così il ministro Centinaio si presenta infatti nelle biografie, e nessuno lo mette in dubbio, non fosse altro che per i tre tatuaggi a tema Lega che lo stesso Centinaio afferma di aver fatto nel corso di quasi trent’anni di militanza).

 

  

Non c’è stato dubbio neanche rispetto al campo interno al partito scelto da Centinaio, già capogruppo della Lega in Senato ed ex vicesindaco e assessore alla Cultura di Pavia (quando era sindaco della città lombarda Alessandro Cattaneo di Forza Italia). Anzi, il campo era stato segnato platealmente a monte del congresso del Carroccio, nel 2017, quando, a proposito della rottura tra Matteo Salvini e Roberto Maroni, Centinaio aveva detto: “La Lega di Salvini vuole stare nel centrodestra, ma non vuole andare al traino di Forza Italia come avveniva ai tempi di Bossi e di Maroni. Vogliamo una Lega attiva e protagonista, non subalterna a nessuno. Se poi Maroni sogna una Lega di governo allora non capisco per quale motivo non debba sostenere Salvini, visto che il suo obiettivo è quello di rafforzare la Lega per renderla sempre più forte e incisiva proprio in una futura prospettiva di governo”.

  

Al governo la Lega poi c’è andata, seppure con gli alleati a Cinque stelle – non proprio, sulla carta, il genere di compagni di strada che il futuro ministro Centinaio avrebbe voluto accanto, a giudicare dai tweet e post con cui lo stesso, negli anni addietro, ha più volte manifestato la sua perplessità, per non dire contrarietà. Nel 2016, come notava il Post, il futuro ministro dell’Agricoltura dava al futuro vicepremier grillino Luigi Di Maio di “furbone” (“prima cerca di capire cosa gli conviene di più”, scriveva, “e poi, tra qualche giorno, ci dirà il #dimaiopensiero, il fenomeno… e i grillini ci cascano”). Fatto sta che il “fenomeno” Di Maio diventava poi la seconda gamba della cordiale intesa gialloverde, con tutto quel che ne è conseguito. Si era capito, intanto, che l’essersi posizionato sul lato Salvini del campo leghista comportava anche, per il Centinaio leghista storico (prima tessera presa a 19 anni) la possibilità di rovesciare gli idoli (“Umberto Bossi è un militante come gli altri e ora dovrebbe stare zitto. Come stavo zitto io e come stava zitto Salvini quando Bossi era leader e parlava”, diceva Centinaio a “L’aria che tira” nel 2016, quando il Senatur si esprimeva sulla linea della Lega in vista delle amministrative, definendo Salvini “soltanto un ragazzo”). E si era capito anche che Centinaio, ex manager al Club Med (da cui la soddisfazione di potersi occupare, come più volte ha detto a colleghi e amici, della sua materia – della serie “finalmente è un uomo di turismo a occuparsi di turismo”), si stava preparando a tempi più bellicosi rispetto ai rapporti con la Ue, lungo la direttrice salviniana del “prima gli italiani” (in tutti i campi), che si tratti di immigrazione o di quote latte (pallino di Salvini, anche a giudicare dalle parole dell’ex fidanzata Elisa Isoardi che, intervistata da Claudio Sabelli Fioretti sul Venerdì, ha confessato di aver visto nascere la storia tra lei e il vicepremier proprio a suon di conversazioni telefoniche sul limite di produzione per allevatore).

  

Militante della Lega dagli anni Novanta, a un certo punto ha buttato giù gli idoli Bossi e Maroni per seguire il futuro vicepremier

E insomma, al cospetto del Commissario uscente all’Agricoltura Ue, l’irlandese Phil Hogan, Centinaio, colui che una parte della Lega vedrebbe bene al posto di Hogan, ha ripetuto il mantra: “Non possiamo chiedere agli agricoltori italiani altri sacrifici, per questo ci stiamo battendo in Europa per evitare i tagli. Ringrazio il Commissario Hogan per la disponibilità al dialogo e l’apertura a garantire risorse economiche adeguate. E, sulla crisi del comparto saccarifero, ho chiesto di attivare il gruppo ad alto livello non solo per monitorare il mercato ma anche per formulare proposte risolutive per la salvaguardia del settore. Abbiamo poi posto particolare attenzione agli investimenti per le infrastrutture irrigue. La nostra agricoltura ha bisogno di acqua per produrre cibo di qualità”. E chissà se Centinaio, nel ruolo di assessore alla Cultura, quando si occupava di far arrivare a Pavia, da ultrà della Lega che non disdegnava, a volte, neppure le posizioni di Mario Borghezio, la mostra sugli Impressionisti, avvalendosi anche dell’aiuto del fidato collaboratore di origine congolese Paul Bakolo, poteva immaginare di potersi trovare un giorno a discettare di “food chain” in Giappone, com’è accaduto qualche giorno fa durante il G20 sull’Agricoltura, a margine delle trattative con l’omologo del Sol Levante sul protocollo del kiwi e sulle modalità di spedizione delle arance.

  

Ed erano tempi, quelli dell’assessorato a Pavia, città in cui il ministro non ha mai smesso di fare base (anche per via del figlio), in cui Centinaio indulgeva in atteggiamenti di tolleranza trasversale verso gli altri partiti, che fossero alleati di centrodestra ora all’opposizione o avversari di sinistra. E certo non capitava spesso che il futuro ministro venisse immortalato al culmine dello sdegno politico, come quando, durante la precedente legislatura, il senatore a Cinque stelle Maurizio Buccarella, a margine della discussione sullo ius soli, registrava un video in cui Centinaio, rivolto al presidente del Senato Piero Grasso, non dava prova di autocontrollo (e anzi se ne usciva con un “infame” e con un “terrone”, parola ricorrente secondo la leggenda metropolitana, pare confermata dal ministro stesso, che narra di un vecchio indirizzo mail usato da Centinaio che suonava suppergiù come un “[email protected]”).

  

 

Ma ieri è ieri e oggi è oggi. E ieri (qualche anno fa) Centinaio andava al Family Day e diceva cose che lo collocavano già sul lato “Dio-patria-famiglia” della faccenda. “Centinaia di migliaia di persone hanno voluto mandare un messaggio chiaro a Renzi, Grillo e alle lobby gay”, diceva Centinaio, acerrimo nemico del ddl Cirinnà: “La famiglia è una sola, quella tradizionale e naturale prevista anche dalla nostra Costituzione”, era il concetto ribadito dal leghista per il quale “non ci sono altri tipi di matrimonio riconoscibili se non quello tra un uomo e una donna”.

  

Era a lui che la Lega chiedeva di lanciare il ponte verso il Movimento 5 stelle prima dei giorni fatidici del maggio di un anno fa

Ed erano tempi, quelli, in cui il futuro ministro Centinaio diceva, del futuro alleato grillino Alessandro Di Battista, come notava Repubblica, che Di Battista nella Lega non avrebbe potuto fare “neanche il candidato al consiglio municipale… da noi non basta essere carini, simpatici e fare il giro dell’Italia in moto” (cosa che, detta da un motociclista harleista tifoso del Parma Calcio che a Pavia veniva chiamato “il guerriero”, assumeva ancora più peso, ovviamente in negativo).

 

Poi però era a Centinaio che la Lega chiedeva di lanciare il ponte verso il M5s prima dei giorni fatidici del maggio di un anno fa, quelli in cui, dopo più di due mesi di stallo postelettorale, si arrivava gradualmente al “contratto di governo”. Intanto però risultava sempre più evidente la posizione non proprio alla “Dibba” di Centinaio (e di Salvini) sui migranti. Più volte, infatti, il ministro ha ripetuto che sull’immigrazione “serve una risposta dall’Europa che fino a oggi è stata totalmente assente” e che “l’Italia è stanca di affrontare da sola un problema enorme… La Francia ha detto che avrebbe chiuso i porti e nessuno ha mosso una critica. Se lo dice Macron va bene, se lo fa Salvini invece no. Vorrei precisare una cosa: nessuno vuole rovesciare le leggi del mare, anzi noi vogliamo solo farle rispettare”. “Dobbiamo impedire che le persone arrivino qui e poi finiscano vittime dei caporali”, diceva Centinaio una volta diventato ministro dell’Agricoltura, ché il cambio della legge sul caporalato promulgata dal governo Renzi era uno dei punti fermi della linea Salvini (attestata, secondo le parole del vicepremier e ministro dell’Interno, su un “invece di semplificare, complica”).

   

Quando parla di xylella, “food chain” e “made in Italy”, e quando parlava male dei futuri alleati a Cinque stelle

Sia come sia, a un anno dall’insediamento, mentre gli occhi della Lega puntano all’Europa considerata “matrigna” (ma da conquistare), Centinaio piantona in elicottero i cieli della Puglia (sempre per via del monitoraggio della situazione xylella), insistendo intanto sulla necessità di potenziare lo “storytelling del ‘made in Italy’” e assecondare “la fame di ristorazione italiana nel mondo”. E quando gli chiedono, come ha fatto “La Freccia”, la rivista delle Ferrovie dello Stato, a margine di un’intervista su treni, turismo e delocalizzazione dei flussi, se al ministero Centinaio ha trovato subito “la stanza dei bottoni”, Centinaio risponde “non subito, sono un po’ nascosti… forse pensavano sarebbe bastato farmi sedere nella stanza dorata che fu del ministro Cavour per placare la mia voglia di fare”. E non si riesce a immaginare che cosa avrebbe detto Camillo Benso conte di Cavour del governo gialloverde, ma questa è un’altra storia. E nella storia c’è anche Centinaio che si reca a Palermo per la visita siciliana del presidente cinese Xi Jinping, e tutto si tiene lungo il percorso esterno e interno all’Europa assediata dai sovranisti.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.