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Il sovranismo è egoismo su scala nazionale

Paola Peduzzi

Le alleanze sono difficili, gli accordi pure. Guardate la Brexit, tra Gibilterra e i merluzzi fritti

L’egoismo è contagioso, se io penso soltanto al mio interesse tu penserai al tuo, lui penserà al suo e via così, fino al dettaglio, al particolare, alla rocca di Gibilterra con il suo paradiso fiscale, al numero di merluzzi, aringhe, eglefini e sgombri che vengono pescati nelle acque britanniche da pescherecci europei. Se c’è una cosa che la Brexit ha insegnato all’Europa intera è che la corsa al nazionalismo non è mai solitaria, egoismo chiama egoismo, se tu pensi al tuo “first” io mi occuperò del mio, e il risultato non è un’alleanza tra nazionalisti – come si auguravano i sovranisti di casa nostra rimasti senza punti d’appoggio nella scalata contro il potere brussellese – ma un proliferare di regionalismi, di particolarismi, di interessi piccoli, di pulviscolo, l’annichilimento del progetto collettivo, comunitario.

 

Gli inglesi si sono risvegliati dall’inganno postreferendario con un accordo che detestano: piuttosto che il deal negoziato dalla premier, Theresa May, conviene restare nell’Unione europea, dicono oggi molti brexiteer, e noi sobbalziamo, ma come?, eppure è così: una mezza Brexit è più dannosa di una non Brexit, ma una Brexit intera lo è di più ancora. Perché uscire dall’Ue allora? Perché così ha deciso il popolo, perché così prevede l’articolo 50, perché per troppo tempo la May ha dato ascolto ai falchi che aveva intorno, che fissavano linee rosse con piglio autoritario e ignoravano segnali concreti: bastava che si chiedessero se il merluzzo del “fish&chips” mangiato a pranzo (a volte si usa anche l’haddock, l’eglefino) fosse stato pescato da barche inglesi, per dire.

 

Avrebbero scoperto che soltanto il 5 per cento dei merluzzi consumati dagli inglesi viene pescato dagli inglesi, il resto è importato: gli inglesi pescano tantissime aringhe, tantissimi sgombri e li esportano per la maggior parte (80-90 per cento) in Norvegia e nei Paesi Bassi. Ma i brexiteer queste domande non se le sono poste, né hanno intenzione di fare una cosa così antibritannica, così snaturante, come friggere una aringa e servirla con le patatine, e così i pescatori, europei e britannici, minacciano ogni genere di ritorsione, sono pronti a tutto pur di far deragliare il piano londinese-europeo – e sì che stiamo parlando dello 0,1 del pil europeo, tanto vale l’industria ittica.

 

L’egoismo è contagioso, tu pensi ai tuoi interessi e io penso ai miei, così Pedro Sánchez, premier spagnolo, minaccia il veto sull’accordo della Brexit perché la Spagna vuole diritto di parola sulla questione, non vuole che Gibilterra diventi un’enclave corsara fuori controllo. Dal nazionalismo al cortile di casa il passo è breve, la disintegrazione è facile, ogni interesse diventa diritto. Il veto non si esercita ora, così come i pescatori possono trascorrere un fine settimana tranquillo: domani al vertice europeo, con la sapiente compensazione dei burocrati europei, si dovrebbe trovare un consenso sull’accordo di divorzio e sulla dichiarazione politica relativa alle relazioni future. Ma è su queste relazioni che l’egoismo prevarrà, nei prossimi due o quattro anni, tanto dureranno i negoziati.

 

Sempre ammesso che ci siano, perché c’è poco da agitarsi per Sánchez o per i merluzzi o per l’Irlanda (la Repubblica e quella del nord) o per la Scozia se gli 88 ribelli conservatori conteggiati dai media britannici esistono davvero: loro possono abbattere ogni cosa, in nome di un nazionalismo che è già stato sbugiardato da questo negoziato, che riporta al punto di partenza, la vittoria assoluta dell’egoismo, il no deal. Nella scelta tra un accordo May e nessun accordo, resta da aggrapparsi all’articolo 50, o meglio alla sua revoca. Il 29 marzo scade il termine previsto per il negoziato, ma se l’accordo May dovesse essere bocciato ci vorrà tempo per qualsiasi piano b, che sia il contingency plan per il no deal, che sia una nuova elezione o che sia un nuovo referendum. Poche settimane non sono sufficienti: per prolungare l’articolo 50 ci vuole l’unanimità, cioè zero egoismo, un passo indietro, lontano dal pulviscolo, io non penso solo a me, tu non pensare solo a te, c’è ancora un noi.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi