Santiago Abascal, leader di Vox (foto LaPresse)

Infarto andaluso

Eugenio Cau

Sembra che la crisi europea del populismo sia arrivata anche in Spagna. Con alcune differenze

Roma. Susana Díaz, governatrice uscente della regione spagnola dell’Andalusia, ha commesso lo stesso errore che quasi tutti i governanti europei hanno compiuto negli ultimi anni: ha dato ascolto ai sondaggisti, che davano il suo Psoe, il Partito socialista al governo locale, in una salda posizione di comando che le avrebbe consentito di scegliersi quale alleato di coalizione portare con sé al rinnovo della legislatura regionale; ha sottovalutato la rabbia che montava; si è convinta che gli andalusi, che votano socialista da quarant’anni, non l’avrebbero tradita proprio adesso e che senz’altro non avrebbe tradito lei, che da anni è considerata la vera dominatrice del socialismo iberico. Grave errore.

 

 

Domenica, come succede un po’ in tutta Europa ormai da anni, gli elettori dell’Andalusia hanno punito i partiti tradizionali, e più di tutti il partito di governo, quello della Díaz. Hanno premiato l’unica formazione che ancora sa di nuovo, Ciudadanos – ormai Podemos non può più ambire a essere un partito di rottura e rinnovamento – e ha incanalato parte del voto di frustrazione in un partito di estrema destra, nazionalista e anti immigrazione, con forti tendenze neofasciste: si chiama Vox, che con poco più del 10 per cento dei consensi è passato da 0 a 12 seggi nel Parlamento locale andaluso. E’ la prima volta in Spagna dai tempi della caduta di Franco che una formazione di destra estrema elegge suoi rappresentanti in un’assemblea legislativa della democrazia. I socialisti sono comunque il primo partito politico andaluso, con il 27,95 per cento delle preferenze e 33 seggi (erano 47 nel Parlamento precedente); il Partito popolare, la tradizionale formazione conservatrice spagnola, ha ottenuto il 20,75 per cento e 26 seggi (erano 33); Ciudadanos ha ottenuto il 18,27 e 21 seggi (erano 9); Adelante Andalucía, la versione locale di Podemos, ha ottenuto il 16,18 per cento e 17 seggi (erano 20, contando anche la sinistra radicale). Questi risultati frammentari fanno di Vox un partito chiave per formare la maggioranza di 55 seggi: i socialisti non hanno ormai quasi nessuna possibilità di tornare al potere, a meno di un’improbabile alleanza a tre con Ciudadanos e Podemos insieme, oppure con Ciudadanos e i popolari. Così la coalizione più probabile sarà formata da popolari, Ciudadanos e Vox, con quest’ultimo in appoggio esterno. Da sinistra si levano voci di boicottaggio dell’estrema destra in difesa della democrazia, ma sia il candidato governatore del Pp, Juan Manuel Moreno, sia quello di Ciudadanos, Juan Marín, hanno già detto che non disdegnano a priori il sostegno degli estremisti.

 

Le somiglianze con la crisi politica europea sono notevoli, anche quando si analizzano alcune delle cause del dissesto politico andaluso: sfiducia degli elettori nei confronti dei partiti (che si è tradotta in una delle affluenze più basse della storia) e desiderio di rinnovamento della classe politica. Soprattutto, per la Spagna, essere diventato il paese mediterraneo con più sbarchi negli ultimi mesi ha significato un cambiamento di paradigma importante nell’opinione pubblica, che è passata da un’attitudine relativamente aperta a un allarme sociale diffuso, che è stato amplificato sia dai media sia dalle forze politiche – da ultimo lo stesso Pedro Sánchez, presidente socialista del governo, che è passato dall’accoglienza al respingimento quando ha percepito il cambiamento della temperie politica. Per alcuni versi, l’“eccezione spagnola” che descriveva un paese praticamente immune al populismo, specie di destra, rischia di svanire. D’altro canto il caso spagnolo rimane peculiare. La sfiducia nei confronti dei partiti è stata provocata da casi di corruzione molto locali (che hanno coinvolto anche il Psoe andaluso), e non può essere ridotto il ruolo della crisi della Catalogna di un anno fa, che ha risvegliato in tutta la Spagna un chiaro sentimento di nazionalismo, ha spaccato il paese e ha trasformato il tema delle autonomie regionali in un argomento caldo che i populisti di destra hanno cavalcato facilmente.

 

A Madrid le elezioni andaluse sono viste con preoccupazione. Pedro Sánchez sperava di fare come Díaz e di anticipare le elezioni, ma adesso tutti i piani sono saltati. I socialisti nazionali vogliono spingere la governatrice a dimettersi, ma hanno da pensare anzitutto a come tenere in piedi il loro governo di minoranza: Podemos, penalizzato dalle elezioni andaluse, ha capito che il ruolo di partner instituzionale non gli si addice, mentre le forze di destra, Ciudadanos compreso, punteranno sulle promesse massimaliste che hanno funzionato domenica. Sánchez voleva aprire un grande laboratorio di sinistra, ma la politica spagnola si sta spostando a destra.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.