Germania, Emmanuel Macron in visita a Berlino (foto LaPresse)

Nel cantiere Macron-Merkel ci vuole più mercato unico

David Carretta

Francia e Germania preparano dossier ambiziosi per il vertice di dicembre. Ma il pilastro principale è un po’ fragile

Bruxelles. Se domenica riusciranno a liberarsi della Brexit, nel vertice dei capi di stato e di governo del 13 e 14 dicembre Emmanuel Macron e Angela Merkel potranno finalmente dedicarsi alla ristrutturazione dell’Unione europea. I leader avranno sul tavolo il completamento dell’Eurozona, il bilancio pluriennale 2021-2027 e il pacchetto su migrazioni e asilo che comprende la riforma di Dublino. Il presidente francese e la cancelliera tedesca potrebbero aggiungere al menù l’ipotesi di un esercito dell’Ue, dopo che la Merkel ha sposato l’idea di Macron nel discorso all’Europarlamento il 13 novembre. Ma nella foga di ricostruire l’Europa, i due non devono dimenticare le fondamenta: il mercato unico, che con le sue quattro libertà fondamentali (libera circolazione di persone, merci, servizi e capitali) è alla base dell’Ue, rimane un’opera incompiuta. La Commissione di Jean-Claude Juncker ieri ha pubblicato un rapporto che mostra quanto gli stati membri siano sempre più restii ad abbattere le frontiere tra loro. Peggio: Francia e Germania logorano il costrutto con politiche velatamente neoprotezioniste, con il rischio di creare una nuova frattura interna al campo del patriottismo europeista.

  

Il rapporto della Commissione parte da una considerazione: il mercato unico ha contribuito significativamente alla prosperità e alla competitività. I benefici ammontano al 8,5 per cento del pil di tutta l’Ue. Gli scambi intraeuropei di merci e servizi è cresciuto dal 27 per cento del pil nel 2004 al 33 per cento nel 2017. I consumatori hanno più scelta, prezzi più bassi e migliore protezione. In dieci anni il numero di persone che vivono o lavorano in un altro stato membro è più che raddoppiato arrivando a quota 17 milioni. A livello globale è grazie al mercato unico se l’Ue riesce a dettare gli standard ai suoi partner commerciali – e lo dimostra la Brexit con Theresa May pronta ad accettare parte della legislazione europea pur di non perdere accesso al mercato dell’Ue. Ma gli stati membri sono sempre più restii ad andare avanti sulla strada delle liberalizzazioni e dell’integrazione. Dall’inizio del suo mandato, la Commissione Juncker ha presentato 67 proposte legate al corretto funzionamento del mercato unico in settori come digitalizzazione, nuove tecnologie, energia, mercato dei capitali. Ma 44 di queste proposte sono in stallo per le divergenze tra i governi. La Commissione denuncia anche la mancanza di volontà degli stati membri di applicare fino in fondo le regole del mercato interno e la tendenza a erigere nuove barriere.

    

La commissaria all’Industria, Elzbieta Bienkowska, ieri ha denunciato la tendenza di tutti gli stati membri a opporsi “a proposte che in futuro saranno estremamente benefiche per l’economia europea nel suo complesso, ma che nel breve periodo sono problematiche per loro”. Ma per il loro peso politico, e con la complicità della stessa Commissione, Francia e Germania hanno dato più colpi di altri, magari nascondendosi dietro allo slogan “l’Europa che protegge” di Macron. Parigi e Berlino “ripetono spesso” che occorre “eliminare tutte le barriere che ancora abbiamo nel mercato unico”, spiega al Foglio l’eurodeputata liberale ceca, Martina Dlabajova, che si iscrive tra i patrioti europeisti. “Ma i paesi dell’Europa dell’est vivono tutti i giorni un’esperienza praticamente contraria. Tra gli esempi più recenti ci sono la revisione della direttiva sui lavoratori distaccati e il pacchetto mobilità per il trasporto internazionale e altre misure che sanno di puro protezionismo”, dice Dlabajova: il paradosso è che “sono i nuovi stati membri a difendere il mercato unico come principio base dell’Ue contro i paesi fondatori” del mercato unico. Con l’uscita del Regno Unito, anche l’Olanda sta cercando di organizzare la resistenza pro mercato unico con il lancio della Lega anseatica, un’alleanza informale di paesi liberali dal Benelux al Baltico. Se vuole salvare l’Ue dall’assalto nazionalista, che viene sempre condotto con l’arma del protezionismo più estremo, Macron dovrebbe fare attenzione a non far saltare il pilastro liberale del mercato unico.