Il ministro della Brexit Dominic Raab e il capo negoziatore europeo Michel Barnier (Foto LaPresse)

L'accordo Brexit della May sminuzza la sovranità del Regno Unito

David Carretta

Il rischio di creare una frontiera virtuale interna alla Gran Bretagna. La rivolta dei Brexiteers conservatori e degli unionisti nord irlandesi 

Bruxelles. Theresa May è pronta a mettere la sovranità e l’integrità territoriale del Regno Unito nelle mani del Parlamento della Vallonia, nel suo tentativo di arrivare a un accordo con l’Unione europea sulla Brexit. “Il primo ministro non accetterà mai un accordo che intrappolerebbe il Regno Unito in un backstop in modo permanente”, è stato costretto a dire il portavoce di Downing Street, di fronte al pericolo di nuova rivolta interna al governo sui piani Brexit di May.

 

Il “backstop” è la soluzione di riserva per evitare il ritorno della frontiera fisica tra Irlanda e Irlanda del nord. Le posizioni tra l’Ue e May si stanno avvicinando: l’Irlanda del nord dovrebbe di fatto rimanere nel mercato interno attraverso un allineamento normativo con il resto dell’Ue, mentre tutto il Regno Unito dovrebbe rimanere nell’unione doganale. Il caponegoziatore dell’Ue, Michel Barnier, sta insistendo sulla necessità di controlli su alcune merci che transitano tra l’Irlanda del nord e il resto del territorio britannico, creando una frontiera virtuale interna al Regno Unito.

 

Il “backstop” dovrebbe rimanere fino a quando non sarà in vigore un accordo di libero scambio che regolerà le relazioni economiche future tra le due sponde della Manica. “La nostra posizione è che questa relazione economica futura debba entrare in funzione entro la fine del dicembre 2021 al massimo”, ha spiegato il portavoce di Downing Street. Peccato che un’intesa “Canada+++” – com’è stato ribattezzato a Bruxelles il futuro accordo di libero scambio tra Regno Unito e Ue – dovrà essere negoziata e poi ratificato dai parlamenti nazionali e in alcuni casi regionali. Se, come accaduto con il Ceta tra Ue-Canada, il Parlamento regionale della Vallonia in Belgio dovesse sollevare qualche obiezione, l’entrata in vigore del “Canada+++” – e dunque l’uscita del Regno Unito dall’unione doganale e dell’Irlanda del nord dal mercato interno – verrebbero ritardate sine die.

 

Un anno e mezzo fa, quando la May fece scattare il conto alla rovescia dell’uscita, in molti a Bruxelles si attendevano uno scontro sul conto della Brexit. Invece, molto più dei 50 miliardi che Londra dovrà pagare per i prossimi 60 anni, è la questione irlandese a mettere in pericolo l’accordo, perché tocca la sovranità e l’integrità del Regno Unito. La permanenza nell’unione doganale impedirebbe a Londra di firmare accordi di libero scambio in giro per il mondo come promesso dai brexiteers per rilanciare l’economia. In una riunione informale del “gabinetto di guerra” sulla Brexit, Jeremy Hunt, David Lidington, Sajid Javid, Michael Gove e Liam Fox hanno contestato la May perché c’è il rischio che il Regno Unito rimanga per sempre intrappolato nell’unione doganale.

 

I controlli sulle merci tra l’Irlanda del nord e l’isola della Gran Bretagna portano di fatto alla partizione del Regno Unito, con due zone economiche distinte, di cui una regolata interamente dall’Ue. La May “sta negoziando un backstop che rende il Regno Unito una colonia permanente dell’Ue”, ha denunciato Boris Johnson, che con Jacob Rees-Mogg sta organizzando la fronda ai Comuni. Nell’immediato, il vero pericolo per la May sono gli unionisti nord-irlandesi del Dup, che con i loro 10 deputati garantiscono la maggioranza.

  

Il Dup ha già minacciato di votare contro la proposta di legge di bilancio del governo. May e il governo “non possono in buona coscienza raccomandare un accordo che imponga una barriera commerciale sulle imprese britanniche che postano merci da una parte all’altra del Regno”, ha avvertito la sua leader Arlene Foster. Tradotto: anche se la May tornerà dal vertice europeo del 17 e 18 ottobre con un accordo storico sulla Brexit, la ribellione contro il “backstop” per l’Irlanda potrebbe ancora portare a un “no deal”.