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L'ultimo tango della Brexit può funzionare?

Paola Peduzzi

Le trattative si stanno ormai esaurendo, i bookmakers danno l’ipotesi di “no deal” al 40-45 per cento. Gli spigoli del compromesso e il mito di una regina suicida

Non vi piacerà affatto negoziare stando fuori dalla stanza in cui ci sono tutti gli altri, aveva detto la cancelliera Angela Merkel alla vigilia del referendum sulla Brexit, nel 2016. Le sue parole furono prese come un’ingerenza esterna inopportuna, come tutto quel che fu detto allora prima del voto: questa è una decisione che riguarda gli inglesi, state fuori voi dalla nostra stanza, ripetevano seccati i sostenitori della Brexit. Ma ora quel che diceva la Merkel è vero, è proprio così: questa sera alla vigilia del Consiglio europeo la premier inglese, Theresa May, ribadirà la sua proposta di accordo ai 27 dell’Unione europea e poi se ne andrà, non è invitata alla cena del negoziato, è fuori dalla stanza in cui ci sono tutti gli altri, sorprendentemente uniti – e no, non c’è nessuno che voglia essere al suo posto.

 

Le trattative si stanno ormai esaurendo, i bookmakers danno l’ipotesi di “no deal” al 40-45 per cento, la storia della Brexit si può riassumere così, in una spaccatura a metà, che non si rimargina ma nemmeno si allarga, o almeno non per ora, perché due anni di colloqui, incontri, confronti, bisticci, occhi gettati all’indietro, non possono passare invano. “Se stiamo uniti – ha detto ieri la May ai suoi ministri – e teniamo il punto, riusciremo a ottenere quel che vogliamo” e tutti si sono buttati su quel “se”: non ci sono state minacce di dimissioni, fanno sapere da Downing Street, anche se lunedì sera i frondisti più falchi avevano mangiato una pizza assieme, e subito l’incontro era sembrato il preludio a un’altra diserzione. Ma l’assenza di fuoriusciti non può essere presa come una vittoria (né come una sicurezza: ci sono sempre i fuggitivi del giorno dopo) perché si sa che la discussione non è più dentro al governo ma nel Parlamento, dove ci sono i nordirlandesi che fanno valere i loro pochissimi, esistenziali seggi minacciando boicottaggi, i conservatori nei soliti tormenti e i laburisti che si ritroveranno con un’arma enorme in mano, salvare o non salvare il piano del governo, cioè guardare al futuro del paese o a quello del loro partito, e trovare una scusa per calmare la base rumoreggiante che chiede un secondo referendum.

 

I rischi sono alti per tutti, non soltanto per la May che ovviamente è e sarà la prima a ricevere il conto – l’idea diffusa nell’opposizione che l’eventuale caduta della May sia garanzia di potere, come dice Jeremy Corbyn chiedendo di poter gestire lui i negoziati, è parecchio fuori fuoco.

 

La Brexit brucia tutto attorno a sé, è da sempre così, perché “poche cose hanno dimostrato la logica del progetto europeo in modo tanto efficace quanto lo spettacolo della retorica vuota degli euroscettici che rimbalza contro il muro dell’unità continentale, e colpisce la faccia di chi non ha mai creduto che il Regno Unito non avesse niente da guadagnanare dalla solidarietà europea”, ha scritto sul Guardian Rafael Behr.

 

Ogni proposta creativa alternativa a quella della May si è rivelata semplicistica, inapplicabile, e anche la sua soluzione rischia il tracollo perché di fatto non garantisce il “take back control” che era alla base dello spirito Brexit. Il compromesso sa di mercato unico e unione doganale, la May lo ha capito da tempo, ora cerca di ottenere scampoli di sovranità nell’ultimo negoziato, mentre molti la invitano a non cedere, a tenere il punto nel modo più rigido possibile, noncuranti del muro: fai come Boudica, le dicono, regina della tribù degli Iceni, che abitavano nei territori dell’Inghilterra orientale nel primo secolo dopo Cristo. Bella e fiera, diceva di lei Tacito, Boudica si ribellò ai romani, organizzò un esercito, combatté per la propria indipendenza, fu sconfitta e per non consegnarsi ai nemici si suicidò. Combatti fino alla morte, dicono alla May tutti quelli che hanno attentato alla sua vita (politica) fino a ora, mentre i loro progetti si schiantano contro il muro europeo, che è solido, solidissimo.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi