George Soros (foto LaPresse)

Cosa ha sbagliato l'Europa

Redazione

Tutto, dice George Soros. Bisogna ripartire dalla partecipazione e da Macron

Non sarebbe potuto succedere di peggio. “Tutto quello che poteva andare storto è andato storto”, ha esordito George Soros, martedì all’ European council on foreign relations. In un discorso intitolato “How to save Europe”, il miliardario di origini ebraico-ungheresi e naturalizzato americano, ha spiegato cosa, nel percorso identitario ed economico comunitario, non ha funzionato. Tre i problemi riscontrati. La crisi migratoria ha portato paura e frammentazione, l’austerità insoddisfazione e rabbia e infine la disgregazione territoriale, in parte conseguenza delle due cause precedenti, è il più dannoso dei problemi che l’Europa abbia dovuto affrontare finora. George Soros è un uomo pragmatico – oggi noto per le sue attività filantropiche, martedì per le controverse speculazioni – che non ha mai smesso di credere nel progetto europeo e parlando della “crisi esistenziale” cerca di tracciare tre vie di fuga dal pantano. Contro la crisi migratoria propone un piano Marshall per l’Africa che consenta all’Europa di proteggere i suoi confini pur mantenendoli aperti ai “migranti legittimi”.

 

Le politiche di austerità hanno portato gravi squilibri all’interno delle nazioni e tra le nazioni, esacerbando anche il conflitto tra Eurozona e i paesi che non hanno ancora adottato l’euro. Al concetto di Europa a più velocità, Soros contrappone l’idea di “un’Europa a più corsie”, che consentirebbe di creare cooperazione. Ma è soprattutto la Brexit, sintomo di una volontà disgregatrice, a preoccupare Soros. Il divorzio sarà un processo lungo. “Richiederà più di cinque anni, un’apparente eternità in politica, specialmente in tempo di rivoluzioni come il presente” e fondamentale per il miliardario è la tempestività delle decisioni britanniche. L’obiettivo da tener presente deve essere il rinnovamento dell’Unione che però non potrà avvenire dall’alto verso il basso, come ai tempi della Comunità dell’acciaio e del carbone, “i tempi sono cambiati”, ma un movimento contrario, dal basso verso l’alto – da non confondersi con il populismo – dovrà imporre alle istituzioni uno sforzo di creatività e veggenza maggiore di quello richiesto alla “piccola banda di visionari guidata da Jean Monnet”. L’alfiere di tutto ciò è uno solo per George Soros: Emmanuel Macron, ben consapevole della necessità di ampliare la partecipazione dei cittadini alle riforme europee.

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