Il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco (foto LaPresse)

Visco sferza i partiti dell'Italexit ma non rassicura i mercati

Alberto Brambilla e Marco Cecchini

Il governatore contro le illusioni di Lega e M5s di gonfiare il debito e uscire dall’euro. Difesa della credibilità italiana in Europa

Roma. Con un discorso ad alto impatto politico il governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha difeso la scelta del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di non fare nascere un governo Lega-M5s fortemente euroscettico. Nelle Considerazioni finali alla Relazione annuale della Banca, Visco ha smontato le proposte dei due partiti aggiungendo che “il destino dell’Italia è quello dell’Europa”, come avvertimento agli investitori che contemplano il rischio di un’uscita del paese dal blocco visto che gli stessi partiti anti euro sono favoriti alle prossime elezioni. Lo spread tra Btp e Bund ha toccato martedì il massimo da maggio 2013 a 326 punti. “E’ grave e non vi sono giustificazioni, se non emotive, per ciò che osserviamo sui mercati”, ha detto Visco.

  

Le fibrillazioni sui mercati, però, non sono terminate dato che la crisi istituzionale s’è acuita in serata con il rinvio di un giorno alla formazione di un governo transitorio da parte del premier incaricato, Carlo Cottarelli. L’emotività di cui Visco ha parlato a braccio in conclusione delle Considerazioni è la definizione di una crisi finanziaria alimentata dalle aspettative degli investitori e non dai fondamentali economici, com’era accaduto nel 2010-2011 in Eurozona. Oggi le condizioni sono molto diverse. E l’invito di Visco è a non disperdere il lavoro fatto. “Stiamo laboriosamente venendo fuori da un quarto di secolo di arretramento economico”, dice il governatore che cita la maggiore stabilità finanziaria, la ripresa capace di “autosostenersi” e prosegue con il rafforzamento del sistema bancario (ridotti sia l’esposizione verso il settore pubblico, circa 300 miliardi dal 2015, sia l’ammontare di crediti deteriorati, di quasi un terzo). Il governatore – rieletto per un secondo mandato tra le polemiche in autunno grazie al sostegno del Quirinale – non s’è però fatto scudo del suo ruolo tecnico. Visco ha scelto di schierarsi e ha tracciato le distanze tra l’Italia ragionante e quella sragionante a due giorni dal fallimento del governo Salvini-Di Maio e a poche ore dal conferimento dell’incarico a Carlo Cottarelli in una situazione di grande agitazione dei mercati finanziari. Visco non ha fatto nomi e cognomi, ma ha dato una risposta misurata al programma proposto dall’alleanza Lega-M5s.

 

Smontare il Jobs Act? “Il mercato del lavoro è stato oggetto di profonde innovazioni. Le riforme hanno avuto nel complesso effetti positivi sull’andamento dell’occupazione”. Cancellare la legge Fornero? “Le riforme introdotte in passato rendono gestibile la dinamica della spesa pensionistica. Sarebbe rischioso fare passi indietro”. La flat tax? “I mezzi necessari (per gli investimenti pubblici, ndr) vanno trovati con equilibrio e pazienza tagliando le spese inutili e riconsiderando la struttura complessiva dell’imposizione senza pregiudizi verso l’aumento delle imposte meno distorsive”. Qui il sottinteso è che la flat tax è un’imposta distorsiva. Il reddito di cittadinanza? “Le risorse rese disponibili con il reddito d’inclusione, uno strumento di reddito minimo, consentono di coprire circa il 40 per cento delle famiglie in povertà assoluta. Nel procedere a un suo rafforzamento, o all’adozione di altri provvedimenti, oltre a evitare di scoraggiare la ricerca di un lavoro regolare, bisognerà prestare attenzione alle conseguenze sui conti pubblici”.

 

Dopo un discorso pronunciato senza pause, prima del paragrafo finale Visco beve e prende una pausa. E’ la parte più grave. “E’ a tutti evidente la delicatezza e la straordinarietà del momento che stiamo vivendo. Se è auspicabile che siano definiti con chiarezza e lungimiranza i progetti delle diverse forze politiche, non sarebbe saggio ignorare le compatibilità finanziarie. E non per rigidità a livello europeo o minacce speculative, ma perché le nostre azioni, i nostri programmi forniscono segnali che orientano l’allocazione delle risorse a livello nazionale e globale […] Bisogna avere sempre presente il rischio gravissimo di disperdere in poco tempo e con poche mosse il bene insostituibile della fiducia”. Fiducia “nella forza del nostro paese”, “nel nostro risparmio”, “nel nostro futuro”, “da non disperdere in azioni che non incidono sul potenziale di crescita dell’economia, ma rischiano di ridurlo”. Lo sforzo di farlo “sta in noi”, ha concluso ricordando le parole dell’“illustre predecessore” Carlo Azeglio Ciampi nelle sue Considerazioni poco prima di essere chiamato a Palazzo Chigi nel 1993 dopo la speculazione sulla lira.

 

L’applauso insistito con cui la platea di rappresentanti dell’economia ha segnato la fine della lettura è quasi un riconoscimento di leadership.

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