Come si prepara il menu della pace coreana?

Giulia Pompili

Alla Casa della pace preparativi come ai matrimoni. Il tavolo è ovale e c’è un mango antigiapponese

Come si prepara un menu della pace? Il cibo in Asia è sempre un gran casino, perché ogni pietanza è carica di significati simbolici. Per esempio, alla prima visita alla Casa Bianca del presidente sudcoreano Moon Jae-in, lo scorso anno, il cerimoniale fece servire alla cena di stato con l’omologo americano Donald Trump il bibimbap, un piatto sudcoreano popolarissimo e spesso usato nella diplomazia da tavola. Quando Trump ricambiò la visita in Corea del sud, Moon gli fece servire il famoso gamberetto delle Dokdo: quelle stesse isole che il Giappone chiama Takeshima e che secondo Tokyo sono impropriamente sotto il controllo militare sudcoreano. Ora immaginate di dovervi sedere a tavola con l’uomo che fino allo scorso anno ha minacciato di nuclearizzare il Pacifico: che cosa gli servite? Visto che il nemico del tuo nemico è comunque tuo amico, Seul non ha perso occasione per far agitare i giapponesi: insieme con il rosti, le patate alla maniera svizzera, il paese dove Kim Jong-un ha studiato da giovane (effetto madeleine) e il pesce di Busan, città che ha dato i natali a Moon Jae-in, sul dessert – una mousse di mango – ci sarà l’immagine di una Corea unita disegnata in blu, dove si vedono chiaramente anche le isole Dokdo.

 

Oltre al menu, ieri funzionari sudcoreani e nordcoreani si sono visti a Panmunjeom, di nuovo, per fare le prove generali del summit tra Moon e Kim Jong-un di domani – come se fosse un matrimonio. Il direttore della comunicazione di Seul, Kwun Hyuk-ki, ha detto che le parti ora sanno minuto per minuto cosa succederà venerdì mattina, e che “grandissima attenzione è stata data alla posizione delle telecamere e alle luci”, “per far sì che il mondo possa godere di questo primo storico meeting”. Secondo le indiscrezioni, i due leader si stringeranno la mano proprio sulla linea gialla che divide la Corea del sud e la Corea del nord. Poi Moon Jae-in si volterà, affiancherà Kim Jong-un, uno accanto all’altro attraverseranno la Casa della libertà, in territorio sudcoreano, e poi entreranno nella Casa della pace, il cui ingresso si trova a centotrenta metri dalla linea di confine. Ieri sono state diffuse le immagini della sala del summit, addobbata per l’occasione: il tavolo, con quattordici sedie, sette per lato, è ovale e non rettangolare, per “rappresentare la distanza che si accorcia” tra le parti. La moquette blu (come l’immagine della Corea unita) e un quadro del monte Geumgangsan dell’artista sudcoreano Shin Jang-sik (una montagna in territorio nordcoreano che si vede anche dal Sud)  completano lo sfondo. Venerdì, alle 3 del mattino per noi, su quel confine ci sarà la stretta di mano più fotografata della storia dell’Asia orientale.

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  • Giulia Pompili
  • È nata il 4 luglio. Giornalista del Foglio da più di un decennio, scrive soprattutto di Asia orientale, di Giappone e Coree, di Cina e dei suoi rapporti con il resto del mondo, ma anche di sicurezza, Difesa e politica internazionale. È autrice della newsletter settimanale Katane, la prima in italiano sull’area dell’Indo-Pacifico, e ha scritto tre libri: "Sotto lo stesso cielo. Giappone, Taiwan e Corea, i rivali di Pechino che stanno facendo grande l'Asia", “Al cuore dell’Italia. Come Russia e Cina stanno cercando di conquistare il paese” con Valerio Valentini (entrambi per Mondadori), e “Belli da morire. Il lato oscuro del K-pop” (Rizzoli Lizard). È terzo dan di kendo.